Intelligenza artificiale e startup. Per la maggioranza di governo sono questi i due banchi di prova in tema di innovazione e tecnologia dei prossimi mesi. Da un lato c’è la conversione del disegno di legge del governo sull’intelligenza artificiale. Un provvedimento bandiera per l’esecutivo guidato dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e del suo partito, Fratelli d’Italia, che ha messo il cappello alla voce AI. Dall’altro ci sono gli interventi a sostegno delle imprese innovative. Su cui il ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit), guidato da Adolfo Urso, ha preso un impegno con le startup, dopo l’intervento infilato dentro il decreto legge Concorrenza di fine luglio, accolto freddamente dal settore. Perché una delle norme di fatto rischia di tagliare fuori il 70% delle startup dal registro nazionale, funzionale all’ottenimento di sussidi e sgravi dedicati.
L’AI secondo Fratelli d’Italia
Partiamo dal ddl intelligenza artificiale. Adottato a fine aprile in Consiglio dei ministri, è tutto farina del sacco di Fratelli d’Italia. Il provvedimento prevede una serie di aggravanti per alcuni reati nel caso si faccia ricorso all’AI, introduce un bollino per identificare i deepfake e i contenuti generati artificialmente, approfondisce la tutela del diritto d’autore. Poi prevede interventi nel mondo del lavoro e riconosce il libero accesso ai dati per scopi di ricerca, anche in ambito in sanitario. Assegna fino a un miliardo di risorse per investimenti in progetti di AI. E infine stabilisce chi si occuperà di sovrintendere il settore: all’Agenzia per l’Italia digitale (Agid) il compito di introdurre l’AI nella pubblica amministrazione, di scrivere linee guida e fissare i sistemi di certificazione, all’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn) ispezioni e multe per chi sgarra.
Fratelli d’Italia vuole blindare il testo. Approdato in Senato a inizio luglio, sui banchi dell’ottava commissione (che si occupa di innovazione digitale), il testo è stato oggetto di un rapido giro di audizioni. Prima Bruno Frattasi e Mario Nobile, rispettivamente direttore generale dell’Acn e numero uno dell”Agid, i due enti messi a sorvegliare l’AI in Italia. Poi un passaggio con Fieg e Fnsi, le federazioni degli editori dei giornali e dei giornalisti, visto che nel disegno di legge è stato travasato anche il lavoro della commissione di Palazzo Chigi dedicata a intelligenza artificiale ed editoria. Presieduta da una delle voci del settore che si dice che la presidente ascolti con più attenzione, quella francescano padre Paolo Benanti, a sostituire il costituzionalista Giuliano Amato.
Il ritorno del Garante della privacy
Infine, il 24 luglio, è intervenuto Pasquale Stanzione, presidente del collegio dell’Autorità garante per la protezione dei dati. Che ha richiamato il Parlamento a intervenire sul testo per armonizzarlo meglio con il Gdpr, il regolamento europeo sulla protezione dei dati, e con l’AI Act, il novello pacchetto comunitario sull’intelligenza artificiale. E pochi giorni dopo, il 2 agosto, ha inviato un parere al governo in cui evidenzia alcuni correttivi. Primo: manca l’indicazione dell’ente che può autorizzare sistemi di identificazione biometrica in tempo reale, come previsto dall’AI Act. Il Garante della privacy si candida. È una materia che conosce, essendo già intervenuto spesso per bloccare progetti di riconoscimento facciale che rischiavano di violare le regole di riservatezza.
Coinvolgere il Garante, una autorità indipendente, sarebbe una mossa per ribilanciare l’architettura di controllo sull’AI, che Fratelli d’Italia ha messo sulle spalle di agenzie governative. Come la Spagna. A livello europeo non c’è una linea univoca: l’AI Act lascia margini di interpretazione. E nella versione del ddl AI, il governo ha scritto che “restano ferme le competenze, i compiti, i poteri e l’indipendenza dell’Autorità per la protezione dei dati personali”, per giustificare la mancata investitura. Un’ovvietà: è chiaro che il Garante mantiene i suoi poteri.
Fonte : Wired