Awa, 24 anni, la sorella minore di Moussa Sangare, l’assassino di Sharon Verzeni, insieme a sua madre Kadiatou, 53 anni, per ben tre volte avevano denunciato il fratello alle autorità, temendo che quei pugni e quelle minacce di morte gridate dentro le mura domestiche potessero sfociare in qualcosa di più grave. “Abbiamo fatto tutte le dovute segnalazioni – ha detto Awa in un’intervista al quotidiano locale L’eco di Bergamo – ma nessuno è intervenuto”.
“Sapevamo che non stava bene, ma non pensavamo arrivasse a questo”
Studentessa di Ingegneria gestionale al terzo anno a Dalmine, la giovane ha raccontato il dramma di queste ore: “Quando ci hanno detto che era stato lui a uccidere quella povera ragazza – ha detto – siamo rimaste choccate. Sapevamo che lui non stava bene, ma mai avremmo potuto pensare che potesse arrivare a questo. Mamma sta malissimo, stiamo male. Non doveva finire così, assolutamente no. Il nostro pensiero va a quella povera ragazza, a Sharon e alla sua famiglia. Siamo davvero addolorate”.
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Awa ha poi ripercorso i tentativi di far ricoverare il fratello in un centro di recupero, andati a vuoto. “Io e mia madre, come si legge nel verbale del novembre 2023, ci siamo interessate al fine di condurlo in una struttura di recupero, che ha sempre rifiutato. I controlli ci sono stati, ma alla casa, per questioni di agibilità dopo la nostra denuncia per l’incendio del luglio di un anno fa. Per mio fratello, invece, nessuno si è mosso. Abbiamo fatto di tutto per liberarlo dalla dipendenza, per affidarlo a chi potesse aiutarlo, ma lui ha sempre rifiutato. A noi, dopo aver verbalizzato le denunce, hanno dato i volantini dei centri antiviolenza, mentre per un eventuale ricovero in qualche centro per fare uscire Moussa dalla dipendenza ci hanno risposto che doveva essere lui a presentarsi in modo volontario”.
La minaccia tra le mura domestiche
E poi il rapporto morboso con i coltelli, che si era palesato anche tra le mura domestiche. “Era il 20 aprile – ha continuato la sorella dell’omicida – quando mi ha raggiunto alle spalle mentre stavo ascoltando la musica in sala e mi ha minacciato con un coltello. Io non mi ero accorta di niente, ma mia mamma cercava di farmi capire (lei da quando ha avuto l’ictus non riesce più a parlare) che ero in pericolo. Allora io mi sono girata e Moussa si è fermato. Se ne è andato, ridendo”.
Fonte : Today