“Lavoriamo nei campi e neanche un ciao”: cosa c’è dietro le foto virali su Facebook

Su Facebook spopolano sempre più le “foto emozionali”, spesso prodotte con l’Intelligenza artificiale, postate per stimolare commenti e condivisioni. Perché stanno aumentando giorno dopo giorno? Partiamo da una premessa. Che in Italia (e non solo in Italia) l’ignoranza e la bassa scolarizzazione siano talvolta utilizzate da qualche furbo per far soldi o per raccogliere voti è cosa assodata, basti pensare che Wanna Marchi, nella serie televisiva a lei dedicata, affermò candidamente che “I coglio** vanno inc*ulat*”, giustificando le televendite truffa di prodotti come lo “Scioglipancia”.

Il social dei “boomer” dove si diffondono le fake news

Il fenomeno si è accentuato con la diffusione dei social network, piattaforme che sin dagli albori sono state utilizzate per veicolare messaggi spesso fuorvianti e addirittura fake news, diventando, in molti casi, dei “bar dello sport” virtuali quasi senza filtri, dove palesi idiozie vengono spacciate per verità. Il social più esposto alla diffusione di informazioni false o artefatte, che spesso diventano virali, è senza dubbio Facebook. La principale piattaforma di Meta è infatti quella con gli iscritti dall’età media più alta: sono quelli che nel gergo vengono chiamati “boomer” e che spesso non hanno gli strumenti per accorgersi che un contenuto contiene informazioni palesemente false. Non è solo una questione di una mancanza di cultura generale (che in certe fasce della popolazione è comunque su livelli preoccupanti), ma spesso un’incapacità di utilizzare gli strumenti tecnologici da parte di generazioni che faticano a comprenderne rischi e potenzialità.

Le fake news sul Covid-19 e la penalizzazione dei post che parlano di temi sociali e politica

La società di Mark Zuckerberg, che negli anni passati ha sottovalutato il problema, è dovuta correre ai ripari su richiesta dei governi, soprattutto quando sulle sue piattaforme, durante la pandemia, si diffondevano pericolose fake news sul Covid-19 e sui vaccini. È lì che sono state prese delle iniziative volte a limitare la disinformazione, coinvolgendo fact checker indipendenti e rimuovendo i contenuti considerati pericolosi per la salute pubblica. La pratica è stata poi estesa ad altri argomenti sensibili come il terrorismo e le guerre, passando per la limitazione dei contenuti di natura sociale e politica, ormai sempre meno visibili. Il traffico, tramite i famigerati algoritmi, è stato quindi virato su contenuti all’apparenza più “frivoli”, che però sono diventati presto strumento utilizzato per guadagnare denaro e attirare consensi da parte di gruppi legati a partiti politici in maniera subdola.

Un guadagno facile grazie al “bonus prestazioni”

Chi produce i post, in molti casi, guadagna tramite una nuova funzione che Facebook ha inserito da poco e riservata ad alcune pagine “selezionate” con non si sa quale criterio: il “bonus prestazioni”. In pratica Meta paga i post che ricevono più reazioni e condivisioni coinvolgendo più utenti. Alcune società di comunicazione, per sfruttare al meglio questa funzione, hanno creato delle pagine a tema “come eravamo”, postando foto di “atmosfere del passato”, con persone e oggetti degli anni ’60, ’70, ’80 e ’90, accompagnate da testi abilmente scritti per stimolare le reazioni nostalgche di un pubblico anziano. Il problema è che molti di quei post contengono informazioni false e fuorvianti e in molti casi sono prodotti con il doppio scopo di esaltare il passato e le generazioni del passato per attaccare tutto ciò che è modernità. In pratica la frase sottesa è “il passato era meglio del presente e noi che vivevamo a quei tempi siamo migliori dei giovani di oggi”. E ancora: “meglio le auto del passato che le auto elettriche”: chissà a quali partiti politici fanno comodo degli spot così.

Blog: Cosa nascondono i ridicoli post Facebook su “come eravamo” 

Ad rendere ancora più evidente (e preoccupante) questa piega del social network, la diffusione dell’intelligenza artificiale, che consente agli utenti più esperti di creare delle foto artefatte che agli occhi di molti utenti (anche qui il fattore età conta molto) possono sembrare autentiche. In queste settimane questo tipo di contenuti stanno letteralmente spopolando. I soggetti sono più o meno sempre gli stessi: un bambino che mostra un disegno perfetto accompagnato da una frase tipo “È il mio primo disegno, non siate severi con me…”, oppure delle persone che lavorano nei campi accompagnate da una frase tipo “Nemmeno un ciao solo perché lavoriamo nei campi”. Tutti personaggi immaginari, prodotti da applicazioni che creano finte fotografie e video con persone inesistenti. 

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Ci sono poi altri contenuti, in qualche modi più “spinti”, che vanno da persone con gravi disabilità (senza braccia o senza gambe) che chiedono gli auguri per il loro compleanno ai video a sfondo religioso, come quello di una donna che sente due colpi alla porta (toc, toc…) e dopo averla aperta si ritrova la Madonna che le svolazza sul pianerottolo circondata di luci colorate o quello in cui Gesù Cristo piange provocando un’inondazione. I secondi vengono spesso considerati contenuti di “satira” o “intrattenimento” (fanno molto ridere), ma non mancano i commenti seri di convinti devoti che condividono il post scrivendo “amen”.

Insomma, c’è chi guadagna soldi e consensi sfruttando questo tipo di contenuti o producendone di simili. Ad esempio sui profili social del vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, durante la campagna elettorale per le ultime elezioni europee sono spesso comparse delle card impaginate utilizzando foto prodotte con l’intelligenza artificiale. Nulla di nuovo, ma fa impressione la modalità e la spregiudicatezza con cui vengono utilizzati questi strumenti. E al contempo fa impressione il lassismo di Meta, che forse dovrebbe vigilare anche su questo tipo di contenuti, che alla lunga possono diventare dannosi.

Fonte : Today