La massiccia operazione militare di Israele in Cisgiordania, iniziata mercoledì 28 agosto, è la più importante compiuta nell’area dal 2002, durante la Seconda Intifada. Centinaia di soldati, poliziotti e veicoli stanno setacciando varie città della West Bank: Jenin, Tulkarem, Nablus e Tubas, un territorio che secondo l’Onu e l’intera comunità internazionale spetta ai palestinesi ma che ancora oggi è in gran parte sotto il controllo di Israele. Tra i combattenti palestinesi uccisi c’è Muhammad Jabber, un comandante del Jihad Islamico, il secondo gruppo armato più grande dopo Hamas. Le ambulanze vengono fermate e ispezionate dall’esercito israeliano, le forniture di acqua ed energia elettrica sono bloccate.
In un post sui social, il ministro degli Esteri Israeliano, Israel Katz, ha dichiarato che l’operazione ha l’obiettivo di “contrastare la rete terroristica islamico-iraniana” che è stata creata in Cisgiordania, suggerendo che per il bene dell’operazione dev’essere preso in considerazione anche un trasferimento “temporaneo” della popolazione palestinese. Aggettivo che, visti i precedenti storici, ha fatto inorridire diversi osservatori internazionali. Molti media anglosassoni (come il Guardian o il New York Times) hanno messo la parola “antiterrorismo” tra virgolette, oppure parlando della ventina di palestinesi già uccisi come di “presunti terroristi“. In una fase drammatica di escalation in Medio Oriente e, secondo alcuni studiosi, di continuazione della nakba, anche dettagli apparentemente insignificanti possono essere politicamente connotati.
Quasi tutta l’azione delle forze israeliane si è concentrata comunque in un raid contro il campo profughi nei pressi di Tulkarem, una città da 64mila abitanti nel nord della Cisgiordania, che è stato bombardato e cinto in assedio, causando la morte di almeno di cinque palestinesi, accusate dall’Israel Defense Force (Idf) di essere terroristi.
La situazione in Cisgiordania
La Cisgiordania, dove già prima della crisi era difficile spostarsi senza il benestare dell’esercito israeliano, è in questo momento trasformata in una serie di isole, dalle quali è impossibile entrare o uscire prima che finisca la perquisizione della abitazioni. Le ambulanze vengono fermate e ispezionate dall’Idf, che ha anche bloccato le forniture di acque ed energia elettrica su un territorio molto vasto. Contro i bulldozer israeliani si lanciano spesso profughi minorenni, mentre la popolazione dei palestinesi incarcerati senza processo in Cisgiordania ha raggiunto le diverse migliaia.
La giornalista e studiosa Paola Caridi, fondatrice e presidente dell’associazione di giornalisti indipendenti Lettera22 e autrice del saggio Hamas – dalla resistenza al regime, è impegnata in questi giorni a discutere della situazione dei palestinesi in Cisgiordania, e delle implicazioni politiche e sociali a lungo termine dell’operazione israeliana, della necessità di trovare le parole giuste per parlare di quello che sta accadendo, senza ipocrisie.
Fonte : Wired