di sr. Shanty Joseph *
La testimonianza di una religiosa indiana delle Missionarie dell’Immacolata dal Paese dell’Oceania che tra una settimana accoglierà il Papa. La vita sulle isole più remote, la mano di Dio nelle prove e nei pericoli, la sfida di portare davvero il Vangelo dentro le culture tradizionali, il bisogno di nuovi missionari. “Vivere qui mi ha riempito di immensa gioia: la gente semplice mi ha ispirato, mostrandomi la bellezza dell’umiltà e la gioia della vita quotidiana.”.
Port Moresby (AsiaNews) – Nel lungo viaggio apostolico che papa Francesco si appresta tra pochi giorni a cominciare, per la prima volta nel suo pontificato farà tappa anche in Oceania, visitando dal 6 al 9 settembre la Papua Nuova Guinea, con le sue 600 isole sparse nel Pacifico a ridosso dall’Indonesia e a un braccio di mare dall’Australia. Che cosa vuol dire oggi vivere essere missionari nel mezzo dell’Oceano? Lo racconta in questa testimonianza ad AsiaNews sr. Shanty Jospeh, religiosa indiana delle Missionarie dell’Immacolata, che da quindici anni vive il suo servizio apostolico in questo Paese.
Durante tutta la mia vita la missione è sempre stata qualcosa da valorizzare e custodire. Fin dal momento in cui ho iniziato la mia formazione come religiosa, il desiderio di intraprendere questo cammino è stato profondo e persistente. Il sogno è diventato realtà quando ho messo piede in Papua Nuova Guinea nel dicembre 2009. Quando sono atterrata in questo Paese, con le sue diverse culture, il suo ricco patrimonio, le sue aspre montagne, la sua vegetazione lussureggiante e le sue spiagge incontaminate, mi è sembrato un ritorno a casa, che mi ha ricordato la mia città natale in India.
Le suore Missionarie dell’Immacolata hanno stabilito la loro presenza in Papua Nuova Guinea nel 1988, iniziando a Watuluma, una piccola località sull’isola di Goodenough, nella provincia di Milne Bay, dove la missione è gestita dai sacerdoti del Pime. Da allora, la nostra missione si è espansa in cinque diocesi, crescendo in modo significativo con la benedizione di Dio. Molte vocazioni locali sono fiorite e le nostre giovani sorelle stanno ora servendo nelle missioni all’estero.
Riflettendo sulla mia vita, mi sento come se avessi sperimentato una rinascita, immersa in una cultura diversa, ma con radici profonde al suo interno. Spesso mi chiedo da dove venga la forza di essere missionaria, ma credo fermamente che quando diciamo “Sì” a Dio, Lui fa miracoli. È stata la chiamata del Signore a condurmi in questo paradiso terrestre.
Oggi risiedo a Port Moresby, ma i miei quindici anni in questa terra sono stati segnati da un mosaico di esperienze diverse, sia esaltanti sia impegnative. La mia missione è iniziata a Watuluma, dove ho insegnato in una scuola secondaria gestita dalle nostre suore. Questa zona remota, priva di beni di prima necessità, comunicazioni, strade e trasporti, era accessibile solo via mare. Nel college vivevano studenti provenienti da isole lontane ed era un privilegio condividere il loro entusiasmo giovanile, le loro gioie e le loro fatiche. Il calore e l’amore della gente mi hanno aiutato ad adattarmi alla loro cultura e oggi mi considero papuana nello stile di vita, anche se indiana di nascita.
La vita sull’isola era semplice e affascinante, ma non priva di sfide. Per raggiungere la città più vicina era necessario un viaggio in barca di due giorni attraverso il mare agitato. Ho affrontato i pericoli del mare e degli assalti dei pirati, ma in ogni momento ho sperimentato la mano invisibile di Dio che mi guidava. Comunicare è stata un’altra prova significativa all’inizio: desideravo sentire le voci dei miei cari a casa, soprattutto nei momenti di incertezza, ma confidavo in Dio, sapevo che mi avrebbe dato la forza di andare avanti.
Uno degli aspetti più sorprendenti di questa cultura è il forte senso di condivisione, sostenuto dal sistema Wantok, che favorisce un legame profondo tra quanti condividono la stessa lingua.
Dopo otto anni sono stata trasferita a Kerema (Araimiri), un luogo con un accesso limitato all’istruzione e alle necessità di base, dove i Salesiani gestiscono una missione. Insegnare in questa zona remota mi ha permesso di stabilire un legame profondo con la gente senza pretese, libera dal trambusto della vita moderna. Ho apprezzato molto il tempo trascorso con gli studenti, gli insegnanti e la comunità, dove ogni giorno è stata una lezione di umiltà, pazienza e perseveranza. Gli studenti qui sono creativi, solidali e desiderosi di imparare, con il sogno di un futuro più luminoso. In questa terra bisogna aspettarsi l’inaspettato, ma con la fede in Dio ho trovato la forza di affrontare ogni nuovo giorno.
In un Paese dove l’87% della popolazione vive in aree rurali con strutture minime, la sopravvivenza quotidiana è una vera prova. Le strutture sanitarie sono gravemente carenti, il che porta ad alti tassi di mortalità tra le madri e i neonati durante il parto, e molte aree non hanno alcun accesso alle cliniche. Spesso le persone devono camminare per ore per raggiungere la clinica più vicina per le medicine, alcuni crollano durante il tragitto a causa della fatica. Nelle aree remote mancano le reti di comunicazione e le strade: gli studenti a volte camminano anche per una settimana solo per raggiungere le loro scuole.
In missione mi sono sentita come una bambina che impara a sgambettare, a osservare, ad adattarsi a nuove usanze e culture. Apprezzare la bontà della cultura locale mi ha permesso di abbracciare la gente e questo posto con amore. La vita di missione mi ha insegnato a essere un tuttofare: insegnante, pastore, tecnico, cuoco, spazzino, mentore, consigliere… Mi ha anche insegnato la pazienza, poiché la natura imprevedibile della vita qui richiede una costante preparazione a tutto, che si tratti di un attacco di malviventi, di un volo cancellato, di un blocco stradale o di minacce da parte dei pirati del mare. Queste sfide mi hanno reso più forte, rafforzando la mia fede nella mano invisibile di Dio nella mia vita.
Sebbene il campo di missione sia vasto, qui gli operai sono pochi. Nonostante il cristianesimo sia diffuso in Papua Nuova Guinea, abbiamo bisogno di più missionari per diffondere l’amore di Gesù. Molti missionari provenienti dall’India e da tutto il mondo prestano servizio in zone remote e difficili del Paese, spinti dalle speranze e dai sogni delle persone che servono. In una società in cui prevalgono forti credenze culturali tradizionali, i missionari devono affrontare la sfida di rafforzare la fede cristiana della gente, soprattutto in tempi di malattia e calamità. Prepariamo i fedeli ai sacramenti, visitiamo le famiglie e le carceri per catechizzare, formiamo alla fede i bambini, i giovani e le madri, insegnando l’educazione religiosa nelle scuole. I missionari spesso accettano la sfida di raggiungere i luoghi più remoti, camminando per chilometri per stare con la gente. La nostra speranza per il futuro è di raggiungere anche le periferie più estreme, portando i valori di Cristo a chi ne ha bisogno, ma abbiamo bisogno di molti più missionari per adempiere a questa missione.
La missione in Papua Nuova Guinea mi ha riempito di immensa gioia e mi ha insegnato a prendere la vita come viene, abbracciando la pazienza in mezzo alle sfide. La gente semplice di qui mi ha ispirato, mostrandomi la bellezza dell’umiltà e la gioia della vita quotidiana. Durante la mia missione, ho sperimentato la provvidenza di Dio che mi ha protetto da tutti i pericoli e mi ha guidato attraverso ogni tempesta.
Uno dei punti di forza di questo Paese sono i suoi giovani, che rappresentano oltre il 60% della popolazione. Con il sostegno del governo della Papua Nuova Guinea, molti vengono mandati all’estero in India e in altri Paesi per ricevere un’istruzione superiore. Spero e prego che dalla Papua Nuova Guinea emergano più vocazioni, che più bambini abbiano accesso all’istruzione e che il Paese progredisca con il buon governo e l’evangelizzazione.
Le parole del salmo 91 hanno avuto un impatto profondo sulla mia vita: “Egli comanderà ai suoi angeli di proteggerti in tutte le sue vie” (Sal 91,11). Ho sperimentato questa protezione più volte sul campo della mia missione.
Sono profondamente grata per l’opportunità di servire qui e credo fermamente che Dio non ci metta mai alla prova oltre le nostre capacità. Con speranza, fiducia e perseveranza incrollabili, possiamo superare qualsiasi sfida. Non smettete mai di sperare, di avere fiducia e di provare.
* religiosa delle Missionarie dell’Immacolata a Port Moresby (Papua Nuova Guinea)
(ha collaborato Nirmala Carvalho)
Fonte : Asia