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Scienziati del SETI hanno avviato una nuova ricerca per rilevare i segnali della tecnologia aliena nello spazio. Per la prima volta la caccia non riguarda la Via Lattea, ma è stata estesa ad altre galassie. “Se non cerchiamo non troveremo mai nulla”
Gli scienziati hanno avviato una nuova e affascinante ricerca per individuare civiltà aliene nello spazio. Più nello specifico, si stanno concentrando sul dare la caccia alle cosiddette “tecnofirme”, i segnali della tecnologia che ipotetiche forme di vita avanzate – molto più dell’essere umano – potrebbero utilizzare per alimentare megastrutture e ottenere energia. Un dettaglio pionieristico di questa ricerca risiede nel fatto che, per la prima volta, tali segnali vengono ricercati al di fuori della nostra galassia, la Via Lattea, nella quale sono stati condotti esperimenti analoghi. Ad oggi sono sempre andati a vuoto, ma ciò non significa che non si deve continuare a provare. Anche i primi dati relativi all’analisi extragalattica sono stati infruttuosi, tuttavia i ricercatori continueranno a scandagliare lo spazio profondo nella speranza di identificare un segnale promettente.
A condurre il nuovo studio sono stati scienziati statunitensi del famoso SETI Institute di Mountain View e del Berkeley SETI Research Center dell’Università della California, in collaborazione con un collega dell’International Centre for Radio Astronomy Research dell’Università Curtin (Australia). Il SETI, acronimo di Search for Extra-Terrestrial Intelligence (ricerca di vita intelligente), è un importante istituto alla cui crescita ha contribuito il lavoro di astronomi e astrofisici di fama internazionale, come i suoi fondatori Frank Drake e Carl Sagan. Per andare a caccia di queste possibili tecnofirme delle civiltà aliene, legate ad esempio alla manipolazione di interi sistemi stellari, i ricercatori si stanno avvalendo del Murchison Widefield Array (MWA), un radiotelescopio basato su array di antenne radio a bassa frequenza sito nel Murchison Radio-astronomy Observatory (MRO), nell’Australia Occidentale. Il dispositivo opera in un intervallo di frequenza compreso tra 70 e 300 Mhz; per la caccia agli alieni intelligenti i ricercatori Chenoa Tremblay e Steven Tingay si sono focalizzati su quelle al di sotto dei 100 Mhz.
La ricerca si basa sul presupposto che queste ipotetiche superciviltà potrebbero essere in grado di comunicare tra una galassia e l’altra; per farlo dovrebbero disporre di una tecnologia avanzatissima capace di sfruttare l’energia del proprio sole o quello delle stelle della galassia in cui si trovano. Il Murchison Widefield Array è un dispositivo adatto a rilevare questi potenziali segnali, nel raggio di un esteso campo visivo. I ricercatori lo hanno indirizzato verso una porzione di cielo dove sono presenti poco meno di 3.000 galassie, delle quali abbiamo informazioni precise solo in parte. Ad esempio, conosciamo la distanza soltanto di 1.300 di esse. Nonostante ciò, rappresentano un bersaglio eccellente per provare a intercettare le tecnofirme. “Questo lavoro rappresenta un significativo passo avanti nei nostri sforzi per rilevare segnali da civiltà extraterrestri avanzate. L’ampio campo visivo e la gamma di bassa frequenza dell’MWA lo rendono uno strumento ideale per questo tipo di ricerca e i limiti che abbiamo impostato guideranno gli studi futuri”, ha affermato in un comunicato stampa il professor Tremblay.
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Ad oggi, purtroppo, non sono emersi segnali utili, ma i ricercatori sono fiduciosi del progetto messo in piedi e continueranno ad andare a caccia di ET. Del resto uno studio dell’Università di Nottingham (Regno Unito), basato sulla famosa equazione di Drake, ha determinato che solo nella nostra galassia si troverebbero ben 36 di queste forme di vita avanzate. Un altro scienziato ha calcolato che gli alieni si troverebbero già entro 65 anni luce dalla Terra, una distanza enorme in termini umani ma relativamente piccola in quelli astronomici (la Galassia di Andromeda, ad esempio, si trova a 2 milioni di anni luce da noi). Secondo altri studiosi gli alieni intelligenti non ci avrebbero ancora trovato o contattato perché il nostro Sistema solare non sarebbe così interessante ai loro occhi, mentre altri ritengono che la tettonica delle placche della Terra possa essere un elemento dissuasivo per la loro ricerca. Uno studioso con molta fantasia, infine, ritiene addirittura che gli alieni siano già tra noi e che ci studino con i droni. Ciò che è certo è che le ricerche del SETI sono tra le più affascinanti in assoluto e avere la conferma che non siamo soli nell’Universo avrebbe un impatto enorme sull’umanità.
Per ora la caccia è andata a vuoto, ma gli autori del nuovo studio non si perdono d’animo nonostante le difficoltà dell’impresa. “Questo lavoro richiede molto tempo e molte risorse di calcolo. Tuttavia, se non guardiamo, non troveremo nulla. Il prof. Tingay e io abbiamo già pubblicato quattro lavori simili che guardavano verso il centro della Via Lattea, verso la Nebulosa di Orione e verso Vela, concentrandosi sulle fonti di potenziale emissione all’interno della nostra galassia”, ha dichiarato a IFLScience il dottor Tremblay. Questa è stata la nostra prima ricerca verso galassie esterne. Prendendo ciò che abbiamo imparato attraverso questo processo, vorremmo continuare questo lavoro in futuro”, ha chiosato lo scienziato. I dettagli della ricerca “An Extragalactic Widefield Search for Technosignatures with the Murchison Widefield Array” sono disponibili su ArXiv e presto saranno pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica specializzata Astrophysical Journal.
Fonte : Fanpage