Pensioni, così torneremo alla legge Fornero

Alla fine torneremo alla legge Fornero? Questa è la domanda che si stanno ponendo in molti in attesa che il governo lasci trapelare qualche informazione sulle pensioni in vista della manovra 2025.

La famosa riforma delle pensioni annunciata in campagna elettorale sembra essere saltata per problemi di coperture, ciò significa che con molta probabilità dovremmo accontentarci ancora una volta di qualche ritocchino, anche perché se così non fosse si tornerebbe davvero alla legge Fornero. Ma andiamo per ordine e vediamo le ipotesi in campo.

Sotto la lente le uscite anticipate

Il governo è alle corde sulle pensioni. Entro la fine dell’anno dovrà decidere se rinnovare le misure in scadenza per l’uscita anticipata dal lavoro – Quota 103, Ape sociale e Opzione donna – oppure se varare nuove misure, altrimenti si torna alla legge Fornero con 67 anni di età e 20 di contributi versati.

Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha più volte ribadito che il sistema pensionistico deve essere riformato ma non ci sono i fondi sufficienti per farlo. E così mentre la Lega e Fratelli d’Italia spingono per Quota 41 light l’esecutivo punta a disincentivare le uscite anticipate e a valorizzare chi decide di restare a lavoro dopo una certa età anagrafica, per far sì che i lavoratori che versano i contributi siano più dei pensionati che incassano l’assegno. Perché con la denatalità e con le politiche scellerate degli anni passati (vedi le baby pensioni) stiamo arrivando proprio a questo. E così il sistema pensionistico rischia il collasso.

Pensioni 2025: le ipotesi allo studio

Di fronte a questo scenario non c’è molto da fare se non aumentare l’età pensionabile, ma trattandosi di una misura impopolare difficilmente si arriverà a questo.

Per l’uscita anticipata dal lavoro in molti scommettono sulla fine di Quota 103 – 62 anni di età e 41 di contributi versati – anche perché ha riscosso meno successo di quanto previsto. Al suo posto potrebbe arrivare Quota 41 light, il cavallo di battaglia della Lega che prevede la possibilità di uscita con 41 anni di versamenti a prescindere dall’età. Ma vincolata al contributivo, il che vorrebbe dire un taglio dell’assegno tra il 15% e il 30%.

Una misura giudicata troppo costosa, visto che siamo sui 500 milioni di euro, proprio per questo spunta ‘Quota 41 mirata’, destinata a una platea limitata come ad esempio a chi ha almeno 12 mesi di contribuzione prima del compimento del 19esimo anno di età. Si era parlato anche di Quota 104 – 63 anni di età e 41 di contribuzione – ma sembra avere davvero poche chance.

In bilico Ape sociale e Opzione Donna mentre iniziano a circolare voci su una possibile rimodulazione delle finestre di uscita e su un possibile blocco dell’indicizzazione dell’assegno pensionistico all’inflazione per contenere le spese, ma bisognerà attendere il varo della manovra per sapere quali di queste ipotesi si trasformeranno in realtà.

Fonte : Today