Nell’agosto del 2014, Amazon comprava Twitch per 970 milioni di dollari, una mossa azzardata ma interessante per assicurarsi la piattaforma che in quegli anni stava diventando il punto di raccolta di una forma di intrattenimento inedita (lo streaming) e competere nel campo dei social media assieme a YouTube e Instagram.
Nel corso di questi anni Amazon ha fatto alcune mosse significative per integrare Twitch all’interno del proprio ecosistema, come l’abbonamento gratuito per gli utenti Prime al canale di uno dei loro creator preferiti e i videogiochi in regalo tramite Prime Gaming. Inoltre, Twitch resta la piattaforma di elezione per chiunque voglia fare streaming in occidente, nonostante la concorrenza di YouTube e altri spazi che hanno provato a contestarne il primato.
Nonostante i molti cambiamenti e vari strumenti offerti, Twitch è rimasto uno spazio in cui Amazon perde soldi e fatica a trovare un modo per farne. Nel frattempo, ha progressivamente ridotto sempre di più la forza lavoro, licenziando 400 persone nel 2023 e mettendone in conto altre 500 nei prossimi mesi. Si prospetta anche la chiusura del servizio di Corea del Sud, che sfrutta maggiormente una piattaforma locale. Inoltre, un po’ come è accaduto anche per altre piattaforme, ha stretto piano piano i cordoni della borsa, riducendo le percentuali che gli streamer ricevono dagli abbonamenti, aumentando i prezzi degli stessi abbonamenti, aggiungendo sempre più pubblicità e diminuendo sempre di più il valore di quello che si può fare gratis con Prime.
Va detto che tutto questo è da inserire in un quadro più ampio, quello in cui tutte le piattaforme che per anni hanno cercato di attirare utenza con algoritmi favorevoli e soldi a pioggia hanno iniziato a cambiare le carte in tavola. Ecco perché molti creator hanno iniziato ad aprire Patreon per sopperire alla mancanza di guadagni. Ma che Twitch sia un costo e non una risorsa per Amazon lo ha ammesso lo stesso amministratore delegato, Dan Clancy, mentre commentava i licenziamenti: l’azienda non è in grado di generare utili, forse anche per un approccio troppo ottimistico adottato negli ultimi anni sulle sue prospettive di crescita.
D’altronde, mantenere Twitch efficiente e operativo non è cosa da poco: l’infrastruttura per lo streaming ha i suoi costi e bisogna investire costantemente per offrire ai creator una situazione economica che li faccia rimanere, così da portare pubblico. Inoltre Twitch è una piattaforma (anzi, un social media) molto particolare: il contenuto che veicola non è rapido, non è snack, non è un reel e, per quanto ci siano le storie, non sono certo lo strumento principale, non c’è il cosiddetto doom scrolling (cos’è?), al massimo un po’ di zapping, il pubblico è più piccolo rispetto ad altri spazi, però molto più attento e fidelizzato e quindi anche di maggiore qualità per i brand, che sfruttano ancora molto Twitch per le proprie campagne pubblicitarie. Spesso questo è difficile da comunicare, così come è difficile comunicare la qualità quando vai sulla homepage e può capitarti come primo contenuto un tizio che gioca a Call of Duty bestemmiando. E a volte questo può rendere la situazione meno appetibile per degli investitori.
Nonostante il picco di popolarità durante la pandemia, Twitch sembra avere perso lo smalto di un tempo e fatica tantissimo in un fattore cruciale per un social network: la capacità di farti trovare da un pubblico potenziale. Chiunque abbia fatto streaming su Twitch sa che ce la si può fare solo tramite una combinazione di gioco di squadra con streamer più grandi che lanciano il nuovo canale o grazie al successo che si riesce a ottenere su altri spazi. Per il 2024, Clancy ha promesso molti strumenti per correggere questa situazione: vedremo nel lungo termine se avranno effetto. Anche perché questo è il motivo per cui molti utenti preferiscono fare streaming direttamente su TikTok o Instagram, soprattutto se non devono creare contenuti strettamente legati al gaming.
Questo non vuole dire che Twitch non sia uno spazio in cui non si può avere successo: ci sono personaggi italiani e stranieri che macinano migliaia di spettatori e riescono a racimolare cifre importanti tramite gli abbonamenti. Tutt’ora è lo spazio principale per chiunque voglia cercare di farcela nel complesso ma redditizio business dello streaming. Secondo Twitch, il nuovo programma Plus ha triplicato i guadagni dei creator coinvolti e le opportunità di sponsorizzazione saranno “sempre più grandi”. Anche se una grossa fetta di questi soldi resta un affare tra gli streamer e le aziende, che pagano i primi per mostrare live prodotti o videogiochi senza che Amazon incassi niente.
Per quanto riguarda il pubblico, c’è stata una inevitabile contrazione dopo gli anni della pandemia: oggi il numero di spettatori contemporanei è di circa 2,4 milioni di persone rispetto ai 2,7 del 2021, e lo stesso vale per gli streamer, scesi dai 9 milioni del 2021 ai 7 del 2023, e le ore annuali di visualizzazione, ma il distacco con le altre piattaforme è tale per cui, per quanto sia un business in perdita e per quanto la concorrenza di TikTok e altre forme di intrattenimento sia forte, è molto probabile che Amazon non abbia fretta di rendere Twitch è una storia di successo come il Washington Post.
Non sappiamo se il rapporto tra Amazon e Twitch continuerà per i prossimi dieci anni, ufficialmente il supporto alla piattaforma c’è, ma l’impressione è che l’azienda di Seattle, pur avendo intuito le potenzialità del mezzo, non abbia ancora capito bene cosa farne o come comunicarlo al meglio. Di sicuro però è probabile che preferisca tenerlo per sé, piuttosto che dare a terzi il controllo della piattaforma di streaming più vista al mondo. Anche perché questa forma di intrattenimento è destinata a restare.
Fonte : Repubblica