Mentre l’attenzione sul vaiolo delle scimmie (Mpox) resta alta a livello globale, un nuovo studio italiano offre nuove evidenze che potrebbero aiutare i medici a individuare i pazienti a rischio di sviluppare forme gravi della malattia. I ricercatori del gruppo Mpox-Icona hanno osservato che una carica virale elevata nelle vie respiratorie superiori, nelle prime fasi dell’infezione, potrebbe essere un segnale predittivo di gravità. I risultati dello studio, pubblicati sulle pagine della rivista specializzata eBioMedicine, potrebbero affinare le strategie mediche nelle fasi iniziali dell’infezione, migliorando l’identificazione dei casi gravi.
Lo studio nel dettaglio
Il lavoro “dimostra che più è elevata la quantità di virus nell’organismo e maggiore è la probabilità di avere forme gravi” ha spiegato l’infettivologo Matteo Bassetti su X. Questo risultato deriva dall’analisi delle cartelle cliniche di 541 pazienti adulti (di cui 4 donne), con età media di 38 anni, con diagnosi confermata di Mpox tra maggio 2022 e settembre 2023. Il team di ricerca, composto da esperti di numerosi centri italiani, ha condotto un’ampia analisi multicentrica, studiando il decorso clinico dei pazienti in 15 diverse strutture ospedaliere del Paese. Nello specifico, gli studiosi hanno valutato i predittori della durata di Mpox, analizzato la cinetica dei marcatori infiammatori e descritto il rilevamento del Dna del virus Mpxv nei fluidi corporei dopo la guarigione clinica.
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I risultati
Analizzando la “differenza significativa” tra la carica virale nei pazienti con infezione lieve e quelli con forma grave (il 39,7% del campione), i ricercatori hanno osservato che il rischio di sviluppare una malattia grave diminuiva “di circa il 5% per ogni aumento di Ct”, valore che più è elevato e più indica una bassa carica virale. Altri aspetti osservati sono che “la razza caucasica e la presentazione con febbre, mal di gola, linfoadenopatia e lesioni perianali potrebbero” anch’essi “predire la grave evoluzione della malattia”.
Il team di ricerca ha inoltre rilevato che “il virus mpox non ha mostrato alcuna tendenza a causare danni specifici agli organi”. Infine, lo studio ha mostrato “la diffusione virale in diversi siti anatomici dopo la guarigione clinica, sebbene non sia stato possibile trarre interpretazioni definitive dell’infettività”.
L’associazione diretta tra i valori Ct delle vie respiratorie superiori e la gravità dell’Mpox “suggerisce il suo potenziale utilizzo come strumento di laboratorio, insieme a noti fattori clinici predittivi, per la gestione precoce dei casi e per identificare le persone a rischio di grave malattia”, hanno concluso gli autori. “Ciò potrebbe facilitare l’inizio tempestivo del trattamento antivirale o l’indicazione per l’ospedalizzazione, in particolare tra le persone più vulnerabili, come quelle con infezione da Hiv avanzata. Infine, gli sforzi di ricerca e la continua sorveglianza internazionale sono fondamentali per migliorare le attuali strategie di contenimento e le future risposte alle epidemie tra i membri delle popolazioni chiave”.
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Fonte : Sky Tg24