Il ritorno degli Oasis è un film già visto, ma è giusto così

Poi può essere tutto. Può essere che Liam Gallagher voglia mettere un minimo da parte la nostalgia per gli anni novanta che gli ha permesso di accreditarsi come ultimo baluardo del britpop, vincendo il confronto a distanza con il fratello Noel, che invece ha cercato di tirarsene fuori in tutti i modi. Senza rinnegare niente, ma consapevole che, come canta in Once, non a caso il suo pezzo solista più riuscito, le cose, in un certo modo, succedono una volta sola. Quindi andiamo oltre. Può essere che esca un nuovo disco – lo streaming lo chiede, ne ha bisogno – e che sia proprio Noel, con le varie sperimentazioni funk e cosmic pop degli ultimi tempi, a vincerla. Altro che cori, melodie ariose e curve lente. Altro che Supersonic e Don’t look back in anger.

Può essere, insomma, che la reunion più attesa degli ultimi anni, questa degli Oasis, guardi al presente. Non che sia una prerogativa delle band che si rimettono insieme, anzi. Ma nel caso di un evento di portata così epocale – non solo per numeri, con concerti che per ora paia smuovano 60 milioni di sterline, ma per immaginario, con tre generazioni coinvolte fino ai piedi nel culto, nel mondo – è lecito, forse, aspettarsi di più. Invece no: sarà il trionfo del passato, davvero, all’ennesima potenza; cantare Wonderwall in uno stadio pieno come fosse il 1996, lassù Liam con il parka, il tamburello e le mani dietro la schiena, e di fianco Noel malinconico, la chitarra e magari la Union Jack disegnata sopra. E non ci sarà niente di male. Cioè: non c’è niente di più coerente.

Un mito unico

D’altronde i pezzi degli Oasis hanno sempre vinto giocando sulla sicurezza più che sullo stupore, e il mito dei fratelli Gallagher è, a suo modo, un’eccezione. Per carità, le canzoni ci sono, figlie di uno stato di grazia raro nella storia e di un’ascesa a tratti inspiegabile. Eppure, ecco, sono poche: stanno quasi tutte nei primi due dischi, Definitely maybe (1994) e (What’s the story) morning glory? (1995); dal terzo, Be here now (1997), avrebbero perso lucidità e contatto con la realtà, con pochi guizzi e tanti sbadigli. Per carità, c’era abbastanza materiale per vivere di rendita, ma contando che si tratta di grandi pezzi, sì, ma di nuovo senza chissà quale voglia di futuro – l’ispirazione erano i Beatles, e non a caso nel Regno Unito, vuoi per senso di appartenenza, sono un fenomeno gigante, da milioni di copie vendute – e che nel giro di mesi hanno segnato un’epoca, certo, ma non la storia della musica, be’, non è pochino per un culto così grande? Come siamo arrivati a trasformare un passaggio tanto breve in una chimera, quella della reunion, tanto enorme?

E qui entra in ballo la seconda parte. Liam e Noel sono stati, forse, le ultime grandi rockstar della musica, intesi come personaggi. Da subito hanno veicolato una serie di valori, principalmente legati all’eccesso, attraverso il loro stile di vita, prima che con la musica. Litigi e minacce di scioglimento erano all’ordine del giorno, finché uno scorno più grave degli altri li portò, a sorpresa, a chiudere all’improvviso il 28 agosto 2009. A quel punto sono stati loro, anche inconsciamente, a giocarci su: frecciatine, colpi bassi, ammiccamenti che facevano sembrare il ritorno ora vicinissimo, ora del tutto assurdo. Ciò ha fatto sì che la gente non solo non dimenticasse le canzoni, ma che anzi le nuove generazioni le scoprissero e maturassero il desiderio di volere, in qualche modo, chiudere il cerchio, come se si stesse assistendo a una serie tv, gonfiando a dismisura le attese – c’è stata molta più attenzione sugli Oasis in questi anni di assenza, per dire, che a ridosso dello sciogliemento.

Proprio qui, proprio ora

Chiaro, ne hanno sofferto i Gallagher per primi. Il fantasma del passato li ha tormentati, con Liam che non ha perso un’occasione per celebrare i trascorsi – anche per rivendicare la centralità del suo ruolo da frontman e i meriti, visto che comunque l’autore di quasi tutti i pezzi era il fratello – e Noel che invece ha sperimentato tutt’altri suoni. Due risposte opposte, insomma, allo stesso problema.

Poi probabilmente si è arrivati al punto di ebollizione, tutto insieme. Sul piano personale, per quanto riguarda il rapporto tra fratelli – anche se non è detto che i due abbiano fatto davvero pace, magari sono solo tornati a parlarsi in nome dei soldi e della gloria – e per quanto riguarda il rapporto stesso con il passato, visto che riunire il gruppo è una sostanziale sconfitta per quanto predicato da Noel e una vittoria per le idee di Liam. È più il gesto simbolico, visto che da soli non avevano mai smesso di cantare quei pezzi, che altro.

E poi c’è il pubblico: il momento è maturo, chi c’era già è diventato sufficientemente nostalgico, i millennial che li avevano appena annusati hanno un’età e un potere d’acquisto che gli permette di spendere, la generazione zeta va colta prima che sia tardi. Lo faranno con quello che la gente chiede, perché la chiave del successo di questa reunion è proprio dare al pubblico esattamente ciò che ha sempre voluto, e che vuole. Così se anche finisse in un’altra litigata, altri 15 anni di silenzio, be’, tornerebbe tutto quanto.

Fonte : Today