Oro, la corsa è ripartita ma per quanto durerà?

È il bene rifugio per eccellenza, simbolo della ricchezza delle famiglie e delle nazioni. Dell’influenza dell’oro non ce ne si libera facilmente, soprattutto quando lo scenario internazionale è carico di tensioni e l’inflazione morde il potere d’acquisto delle famiglie. Chi può, privati e fondi di investimento, mette al sicuro i propri risparmi, scommettendo sul metallo che non delude mai (o quasi). Nel corso dell’estate (i più attenti se ne saranno accorti) l’oro ha toccato il suo nuovo massimo storico, volando a ben oltre i 2.500 dollari l’oncia se comprato al momento. Per rendere l’idea delle dimensioni, un anno fa l’oro veniva pagato cash 1.900 dollari: il rialzo è stato del 32%.

La nuova corsa all’oro non è destinata a fermarsi presto, ma per capire l’andamento del più prezioso tra i metalli bisogna fare attenzione alle scelte di politica monetaria che le banche centrali prenderanno da settembre fino a fine anno. “Il principale rischio di ribasso per l’oro sarebbe se la Federal Reserve e le altre principali banche centrali rinviassero i loro cicli di riduzione dei tassi. Ma ciò appare improbabile, dato il più ampio calo delle prospettive di inflazione”, spiega Peter Kinsella, Global Head of Forex Strategy di Union Bancaire Privée (Ubp) in una nota dedicata al rally dell’oro. “Nel complesso – mette in chiaro l’analista – manteniamo una posizione strutturalmente rialzista per i prossimi mesi e anni”.

Il ruolo delle banche centrali

E non solo, perché il vero rischio è che le prospettive di rialzo debbano essere aggiornate, portando ancor più su l’asticella del target price. “Potremmo rivedere al rialzo le nostre aspettative a seconda dell’entità dei tagli dei tassi delle banche centrali a settembre”, dettaglia Kinsella.

Il menù è fitto. Si inizia il 4 settembre con la banca centrale del Canada e si chiuderà il 26 la Svizzera. I piatti forti arriveranno il 12 con la Banca centrale europea (Bce) e il 18 con la Federal Reserve. “È probabile che la Bce procederà a un taglio dei tassi di 25 punti base, giustificato dai recenti dati sulla crescita e sull’inflazione nell’Eurozona. Non prevediamo che la Bce effettui un taglio dei tassi più ampio del previsto e, come sempre, cercherà di dare l’impressione di mantenere una posizione relativamente da falco”, nota Kinsella. Diverso per la Fed che potrebbe infuocare gli entusiasmi del mercato: “È probabile che procederà con un taglio dei tassi di almeno 25 punti base, ma c’è la possibilità che opti per un taglio di 50 punti”.

Fonte : Wired