Fusione nucleare: è possibile usare l’energia nucleare delle stelle, qui sulla Terra?

Con le crescenti preoccupazioni legate al cambiamento climatico e alle sfide geopolitiche, l’utilizzo delle fonti di energia tradizionali, come gas e petrolio, tenderà a diminuire. E, sebbene le energie rinnovabili, come solare ed eolica, offrano soluzioni promettenti, la loro capacità di soddisfare completamente la domanda globale di energia rimane comunque limitata. Cosa accadrebbe, allora, se potessimo sfruttare una risorsa energetica quasi illimitata e completamente pulita? È questo l’obiettivo della ricerca sulla fusione nucleare, una tecnologia all’avanguardia che cerca di replicare i processi subatomici che avvengono nel cuore delle stelle, come il Sole.

In questa ultima puntata della stagione di GrandeGiove, il podcast di Wired che tratta di innovazione, scienza e tecnologia, abbiamo parlato con Francesco Sciortino, fisico laureato a Londra e con un dottorato al Mit di Boston, nonché ad di Proxima Fusion. La sua startup, spin out dal Max Planck di Monaco di Baviera, è impegnata nello sviluppo di centrali a fusione basate sul concetto di stellarator, un dispositivo molto promettente che usa campi magnetici per tenere il plasma caldo al suo interno, così da controllare una reazione di fusione nucleare.

Le centrali a fusione, se realizzate con successo, promettono di rivoluzionare la produzione e il consumo di energia, offrendo una risposta significativa ai problemi di sostenibilità e cambiamento climatico, spiega Sciortino. Sono una game changer rispetto alle attuali centrali a fissione, anche in termini di sicurezza e riduzione della radioattività. Ma quali sono le migliori tecnologie che abbiamo a disposizione al giorno d’oggi? E quanto tempo manca per vedere la prima centrale a fusione operativa?

Secondo Sciortino “tra le tecnologie più promettenti per realizzare la fusione nucleare controllata c’è lo stellarator, su cui si concentra il lavoro di Proxima Fusion”. Negli anni Sessanta, questi dispositivi erano molto utilizzati per la ricerca sulla fusione nucleare, tuttavia, dai primi anni Settanta, sono stati superati dai tokamak che hanno mostrato risultati migliori. I tokamak sono un altro tipo di reattore a fusione che utilizza un campo magnetico toroidale, simile a un anello, per contenere e comprimere il plasma. A partire dagli anni Novanta, però, i dispositivi ad anello hanno mostrato problemi come instabilità del plasma, erosione delle pareti interne e costi elevati, e perciò è rinato l’interesse per gli stellarator. Sciortino descrive quest’ultimo metodo come “la forma più elegante di confinamento di plasma, ossia materia ionizzata calda, nello stesso stato della materia presente nelle stelle“.

Fonte : Wired