Perché quota 41, la pensione anticipata proposta dalla Lega, non sta in piedi

La Lega ha nuovamente avanzato la proposta di introdurre una misura previdenziale, denominata Quota 41, che consentirebbe di andare in pensione anticipata indipendentemente dall’età, a fronte di almeno 41 anni di contributi versati. Secondo la Lega, Quota 41, già discussa ai tempi del Conte I, potrebbe sostituire l’attuale Quota 103, che prevede il pensionamento anticipato con 41-42 anni di contributi e un’età minima di 62 anni, ma che ha suscitato scarsissime adesione dopo la stretta dell’anno scorso. Nella proposta della Lega, con la nuova forma pensionistica, il calcolo dell’assegno verrebbe fatto interamente con il sistema contributivo, a prescindere dall’anzianità del lavoratore.

Attualmente, per andare in pensione a qualsiasi età sono necessari almeno 42 anni e 10 mesi di contributi, 41 anni e 10 mesi per le donne. Esiste però una Quota 41 attualmente in vigore intesa come forma di pensione anticipata riservata solamente ad alcune categorie di lavoratori svantaggiati come caregiver, invalidi civili, dipendenti che svolgano attività lavorative usuranti e lavoratori notturni. La proposta della Lega mira a estendere questa misura a tutti i lavoratori, il che comporterebbe una revisione della riforma Fornero del 2011, su cui si basa ancora il nostro sistema pensionistico.

Le difficoltà

L’ostacolo principale all’introduzione di Quota 41 è rappresentato dai costi elevatissimi che comporterebbe. Alcune stime dell’Inps indicano che consentire a tutti di accedere al pensionamento con soli 41 anni di contributi costerebbe circa 12 miliardi di euro in più ogni anno a regime. Una spesa aggiuntiva di tale portata risulta del tutto insostenibile per i conti pubblici italiani, in un contesto in cui la spesa pensionistica assorbe già il 16,7% del Pil nazionale, pari a circa 300 miliardi di euro.

Tra l’altro, l’Unione europea chiede all’Italia di ridurre questo onere, non di aumentarlo ulteriormente. Una possibile soluzione potrebbe essere ricalcolare l’assegno pensionistico utilizzando esclusivamente il sistema contributivo, anche per la parte che attualmente segue il sistema retributivo. Questo significa che la pensione sarebbe calcolata solo in base ai contributi effettivamente versati, senza considerare l’ultimo stipendio o la retribuzione media degli ultimi anni di lavoro, portando ad una penalizzazione tra il 15% e il 30% sull’importo dell’assegno. In questo modo, il costo di Quota 41 scenderebbe a circa 1 miliardo di euro, rendendo la misura più sostenibile.

Fonte : Wired