Darktrace, la società di cybersicurezza fondata dall’imprenditore britannico Mike Lynch, uno dei sei dispersi nell’affondamento dello yacht Bayesian a Porticello, vicino Palermo, ha consolidato nel tempo stretti legami con i servizi segreti di Israele, Regno Unito e Stati Uniti.
Storia di Darktrace
Nata nel 2013 a Cambridge da matematici ed esperti di cyber defense di Invoke Capital, un’altra società di proprietà di Mike Lynch, l’azienda inglese si è rapidamente affermata a livello globale come leader nell’intelligenza artificiale applicata alla sicurezza informatica. È stata quotata alla Borsa di Londra nell’aprile 2021 con un valore di mercato di circa 2,5 miliardi di sterline (2,9 miliardi di euro al cambio attuale). Lo scorso 26 aprile è stata l’azienda è stata acquistata dal fondo statunitense Thoma Bravo per 5,32 miliardi di dollari. Le trattative, iniziate nel 2022, avevano incontrato difficoltà, ma alla fine Thoma Bravo che ha visto nell’operazione un’opportunità per rafforzare la sua presenza nel settore della cybersecurity, l’ha spuntata.
Secondo molti il successo di Darktrace sarebbe dovuto in gran parte alla sua tecnologia all’avanguardia basata su un sistema di “self-learning” AI, che consente di avere una visione completa dell’infrastruttura di un’azienda e di proteggerla autonomamente dalle minacce informatiche avanzate. Nella scorsa estate, Darktrace aveva presentato sul mercato Heal, uno strumento che sfrutta l’intelligenza artificiale per facilitare la fase di “incident response“, ovvero la capacità di rilevare e gestire gli attacchi informatici al fine di minimizzare danni, tempi di ripristino e costi totali.
Il lavoro con l’intelligence
La società collabora, inoltre, con apparati federali del governo degli Stati Uniti. Giusto lo scorso 1 marzo, l’azienda aveva annunciato la nascita di Darktrace Federal, una nuova divisione al servizio del Dipartimento della difesa degli Stati Uniti per rafforzare le loro capacità di protezione dagli attacchi informatici. Darktrace Federal impiega esperti di sicurezza ed ex membri della comunità di intelligence statunitense che hanno guidato operazioni informatiche presso la Cia e fornito assistenza alla National security agency (Nsa) e al Pentagono. Tuttavia, i rapporti tra le aziende legate a Lynch e gli Stati Uniti non sono stati sempre idilliaci. Nel 2024, infatti, Lynch è stato assolto dalle accuse di frode, in cui era stato accusato di aver gonfiato il valore di Autonomy, un’altra azienda informatica da lui fondata e venduta al colosso statunitense Hp per 11 miliardi nel 2011. L’anno successivo alla vendita la stessa Hp aveva dovuto indicare una svalutazione di circa 8,8 miliardi di Autonomy a causa di errori e rappresentazioni non veritiere della situazione economica e finanziaria della società che aveva appena comperato.
Un articolo del Guardian del 2003 descriveva l’azienda come “impegnata in attività di intelligence segreta” e “tra le poche organizzazioni commerciali del Regno Unito che trarrebbero profitto dalla guerra in Iraq“. La tecnologia sviluppata dall’azienda comprendeva “sistemi avanzati di intercettazione informatica”, ovvero per analizzare dati da fonti quali telefonate ed email. Autonomy si era aggiudicata anche gare d’appalto di alto profilo da parte di agenzie governative del Regno Unito e degli Stati Uniti, tra cui un contratto per la fornitura di infrastrutture all’Dipartimento della sicurezza interna degli Stati Uniti d’America per servizi di intelligence come parte della guerra al terrorismo dopo l’11 settembre.
La morte dell’altro co-fondatore
Ad alimentare ombre e complotti sulla vicenda della scomparsa di Lynch nell’affondamento della barca a vela a largo di Palermo è giunta quasi in contemporanea la notizia della morte del più stretto socio in affari di Lynch, Stephen Chamberlain, co-fondatore insieme al magnate inglese sia di Darktrace che di Autonomy. Come riportato dalla polizia della contea britannica del Cambridgeshire, Chamberlain sarebbe morto per le ferite riportate dopo essere stato investito da un’auto sabato 17 agosto.
Fonte : Wired