Ideata a scopo di denuncia, è un’app di citizen science per tracciare la presenza di questa specie aliena invasiva che mangia grandi quantità di zooplancton e larve e uova di pesci, impoverendo le acque della Laguna di Marano e di Grado. Segnalandone la presenza si aiutano i ricercatori a monitorarne la distribuzione spaziale e temporale, e capire come limitarne la proliferazione.
A caccia di zanzare
Chi non si trova al mare, non è costretto a restare con le mani in mano. Anzi, il mondo della citizen science gli regala l’opportunità di dimenticare il fastidio per le zanzare con Mosquito Alert. Questa app invita tutti a segnalare quando, quanto e dove ci pungono, di che tipo sono e se si riproducono nei paraggi. Sotto tiro ci sono 5 specie di zanzare (tigre, febbre gialla, giapponese, coreana, comune): aiutando i ricercatori a sorvegliarle, si potranno prevenire meglio le malattie trasmesse, ottimizzando gli interventi di disinfestazione, e comprendere come migrano, anche a causa del crisi climatica.
Nato oltre 10 anni fa in Spagna, oggi Mosquito Alert e la sua community di oltre 50 entomologi esperti internazionali ricevono segnalazioni in 17 lingue. In Italia è arrivata grazie a un team composto da Università La Sapienza di Roma, Museo di Scienze di Trento, Istituto Superiore di Sanità, Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie e Università di Bologna. Scaricando l’app si può anche esplorare la mappa interattiva a cui si sta contribuendo. Per gioco, per curiosità, ma anche per farsi un’idea di quante zanzare si possono trovare in giro per il mondo. Una informazione utile per scegliere la meta dell’estate 2025.
La citizen science è comunque science
Oltre che della proliferazione di zanzare, si può parlare anche di quella della stessa citizen science, secondo Andrea Sforzi, presidente della neonata associazione nazionale dedicata a questo tipo di attività. Con l’occhio da biologo della fauna selvatica quale è, Sforzi guarda con soddisfazione al boom degli ultimi anni, ma segnala la necessità di “definizioni precise che chiariscano confini e caratteristiche, ambito per ambito, a seconda di dati, protocolli e contesti specifici”. Per la biodiversità, in particolare, è imprescindibile il coinvolgimento diretto e volontario di scienziati e ricercatori, oltre che di cittadini. “Sono gli unici che possono validare i dati inviati – spiega Sforzi- e potrebbero cogliere l’occasione di imparare a semplificare i propri protocolli, per favorire la partecipazione”. Al centro di ogni attività deve poi sempre esserci la generazione di nuove conoscenze basate su evidenze scientifiche: “divertirsi osservando la natura è importante, ma non basta per poter parlare di citizen science“.
Per poter parlare di bioblitz, ci sono criteri ancora più “severi”: cittadini ed esperti di tante diverse discipline devono lavorare assieme alla registrazione del maggior numero possibile di specie presenti in una specifica area. Ininterrottamente, per almeno 24 ore. Per esperienza anche personale, Sforzi assicura: “ci vogliono mesi e mesi, se si vuole organizzare un bioblitz autentico”.
Fonte : Wired