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Perché l’Arabia Saudita non sta spendendo tanti soldi nel mercato estivo 2024 come accaduto un anno fa? È tutto parte di un piano preciso.
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Perché l’Arabia Saudita non sta spendendo montagne di soldi nel mercato estivo 2024? È una domanda che in tanti si stanno ponendo da diverse settimane perché rispetto all’estate dello scorso anno tutto sembra abbastanza bloccato e nessun club ha tirato fuori nemmeno la metà di quanto accaduto dodici mesi fa. Cosa è successo? Nulla di particolare, perché fa tutto parte di un piano.
L’Arabia Saudita ha aperto la sua sessione di mercato il 18 luglio e si chiuderà il 2 settembre, qualche ora dopo rispetto a quelle di molti tornei europei, ma non ci saranno le spese folli viste in passato.
In vista della stagione 2023-2024 i quattro club controllati dal Public Investment Fund (PIF), ovvero l’Al-Ittihad di Karim Benzema, l’Al-Nassr di Cristiano Ronaldo, gli attuali campioni dell’Al-Hilal e l’Al-Ahli di Riyad Mahrez; hanno speso oltre 819 milioni di euro complessivamente ma chi tiene i cordoni della borsa quest’anno sta tenendo gli occhi più vigili.
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Perché l’Arabia Saudita non spende tanti soldi nel mercato 2024
Un portavoce della lega a The Athletic qualche settimana fa ha dichiarato: “Nel complesso, il budget per quest’anno sarà più grande rispetto allo scorso anno, poiché include l’adempimento di tutti i contratti in essere dalla stagione 2023-24 e i nuovi arrivi. Tutti i trasferimenti saranno strategici per colmare le lacune e migliorare la qualità complessiva”.
La Saudi Pro League (SPL) ha annunciato tre “priorità chiave” per la nuova stagione, che inizierà il mese prossimo, e sono stati fatti degli incontri con tutti i 18 club per discutere di obiettivi: la base da cui partire è migliorare la trasparenza e l’efficienza ma tra i consigli dati non rientrava quello di spendere soldi inutilmente ma un impegno verso un approccio strategico nella politica dei trasferimenti.
Il 25% dei calciatori del torneo sono stranieri e molti sono stati ingaggiati con contratti di due o tre anni, ma per molti non è stato facile adeguarsi alla vita in Arabia Saudita (Jordan Henderson, ad esempio, ha interrotto il suo contratto con l’Al Ettifaq ed è andato all’Ajax dopo soli sei mesi): la lega vuole evitare esodi ‘di ritorno’ e vuole sostenere i club affinché garantiscano quanto pattuito ai giocatori, fornendo tutte le risorse necessarie.
Una priorità in questa sessione di calciomercato è stata quella di puntare su calciatori giovani o comunque su trasferimenti meno roboanti ma fatti per “assicurarsi dei talenti” o “colmare le lacune tecniche dei club”: l’idea per questi mesi era quella di non accumulare grandi nomi che potrebbero non adattarsi alle squadra ma andare a plasmare ‘quasi da zero’ dei calciatori.
La sostenibilità è l’ultimo tassello che è stato stabilito in questa serie di incontri: i giocatori vengono ingaggiati per esigenze tecniche ma devono essere valutati nella maniera corretta. I cambiamenti strutturali nella lega sono accompagnati da mutevoli condizioni finanziarie. La nazione saudita sta diversificando la propria produzione, abbandonando quella di petrolio, che per decenni è stata la sua fonte di sostentamento, e lavorando al suo piano ‘Vision 2030′ con una serie di grandi progetti.
Un esempio è “Neom”, un progetto da 1,1 trilioni di sterline distribuito su 10.200 miglia quadrate, che include una controversa smart city lunga 110 miglia (177 km) chiamata “The Line” e ha l’obiettivo di ospitare nove milioni di persone. L’anno scorso Neom ha rilevato l’attuale squadra di seconda divisione Al Suqoor e l’ha rinominata Neom Sports Club, inoltre c’è il progetto “Diriyah Gate” del PIF che gestisce l’Al-Diriyah.
La SPL vuole iniziare a generare entrate piuttosto che essere semplicemente uno spreco di risorse finanziarie: altri sport, in particolare la boxe e il tennis, vengono utilizzati per promuovere la narrazione di un’Arabia Saudita più aperta e socialmente tollerante.
‘Vision 2030′ e il piano dell’Arabia Saudita per far crescere il calcio
La divisione commerciale della Saudi Pro League vuole accrescere la propria visibilità sia a livello locale che internazionale cercando partner strategici per migliorare l’esperienza dei tifosi e, al contempo, costruire una lega operativamente solida e redditizia per gli azionisti.
Un’altra operazione che vorrebbero provare a fare è quella di offrire agli atleti con redditi elevati che vengono a giocare nella SPL l’opportunità di acquistare quote di partecipazione alle squadre quando si ritireranno, come è accaduto di recente con David Beckham in MLS che da giocatore è diventato comproprietario di un franchising di espansione con l’Inter Miami.
Dopo che i primi quattro club sono stati privatizzati, altri sei sono ora in palio nella seconda fase dell’operazione: Al Kholood, Al Okhdood e Al Orobah della SPL, Al Zulfi nella seconda divisione, Al Ansar nella terza e Al Nahda nella quarta. Si tratta di un tentativo, sostenuto dallo Stato, di accelerare la crescita dell’industria sportiva saudita.
L’Arabia Saudita vuole mettersi in mostra prima di ospitare la Coppa del Mondo del 2034 proprio come ha fatto il Qatar due anni fa, nonostante le domande sul rispetto dei diritti umani e tante altre situazioni sono rimaste in sospeso o disattese dai vertici del calcio mondiale.
Un altro passaggio fondamentale sarà far aumentare il numero tifosi: la presenza media nella SPL la scorsa stagione è stata di poco più di 8.000 persone, sostenuta soprattutto dalle quattro squadre più grandi che hanno visto oscillare le presenze dai 17.000 a 24.000 spettatori.
La Saudi Pro League non spenderà soldi come fatto l’anno scorso, a meno di cambiamenti di rotta decisi dai vertici della lega per quest’ultima parte della sessione, perché c’è un piano che tutti vogliono rispettare per la crescita del movimento in vista del 2030.
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Fonte : Fanpage