Giocano con errori e imperfezioni dell’intelligenza artificiale, li cercano e li amplificano, finché “l’inaspettato” non li lascia senza parole. Si sentono registi, scrittori e un po’ anche programmatori, oltre che fotografi. Sperimentano da soli e in gruppo, alcuni sognano di cambiare la visione collettiva, aprendo crepe che lascino entrare la diversità e difetti. Sono gli esponenti della nuova disciplina artistica in cui si crea dialogando con AI e immagini.
La competition Text-to-art (promossa dalla startup di realtà complementare Metaphora) che li ha visti protagonisti è stata per Wired l’occasione per entrare nella loro bottega. Niente pennelli e tavolozze, solo una lieve nostalgia del tipico odore di pittura, subito scomparsa nel veder pixel comporsi e ricomporsi sugli schermi. Prompt dopo prompt.
Gli strumenti del mestiere
Quelli molto specifici riguardo alcuni dettagli ed estremamente vaghi su altri aspetti, sono i preferiti di Alessia Zucca: “Lasciano all’AI la possibilità di sorprendermi e di andare in una determinata direzione, mai casuale, ma spesso imprevedibile” spiega. La sua opera è salita sul podio, assieme a quella di Vanessa Biffi, su Instagram Koebane. Lei i prompt ama usarli “per confondere la macchina – racconta – e rompere alcuni schemi tecnici, per poi elaborare volutamente qualche errore o qualcosa di molto inaspettato”.
Di esempi ce ne sarebbero molti altri: “Lo scrivere istruzioni per modelli AI sta diventando una vera e propria competenza creativa, perché permette il dialogo tra artista e macchina – spiega Nico Angelone – ma è solo il punto di partenza”. Secondo questo artista, unico maschio sul podio, “l’abilità risiede nell’interpretare, selezionare e raffinare i risultati, mediando algoritmo e visione creativa”.
Anche la scelta del software, è creazione. Se ne possono sperimentare tanti, confrontandone le diverse caratteristiche, come fa Koebane, o si può puntare su quelli open source, ampiamente personalizzabili, per avere un maggiore controllo su ogni passaggio, come Zucca. Gli stessi parametri di generazione di ciascuno, come iterazioni e “temperatura” creativa, aprono un ventaglio di inimmaginabili possibilità. Nel regolarli, si ha una sensazione “simile a quella del mescolare colori su una tavolozza digitale. Solo attraverso continue iterazioni e affinamenti si ottengono risultati qualitativamente distinti”, spiega Angelone.
Fonte : Wired