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“La cittadinanza è un diritto, serve lo Ius Soli. Lo sport può aprire la strada, perché spesso vale più l’emozione di un’immagine, come quelle che ci sono arrivate dalle ragazze dell’Italvolley, di mille altre cose: dobbiamo trasformare quell’emozione in azione politica”: sono le parole di Mauro Berruto, ex allenatore della nazionale maschile di pallavolo, oggi deputato del Pd e responsabile per lo Sport del partito.
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Con le Olimpiadi, dove tanti degli atleti che indossavano la maglia azzurra della nazionale sono italiani di seconda generazione, si è riaperto il dibattito sullo Ius Soli. E c’è chi spinge per rivedere la legge sulla cittadinanza. Tra questi c’è anche Mauro Berruto, responsabile per lo Sport nel Partito democratico e deputato: alle spalle ha una lunga carriera da allenatore nella pallavolo ed è stato commissario tecnico della nazionale maschile anche nel 2012, quando ha vinto il bronzo alle Olimpiadi di Londra. È firmatario, insieme alla deputata dem Ouidad Bakkali – di origine marocchina, già assessora e consigliera comunale a Ravenna, oggi presidente dell’intergruppo parlamentare che si occupa di diritto alla cittadinanza – di una mozione che punta proprio a riaprire il dibattito sullo Ius Soli: “La mozione è già depositata, doveva arrivare in Aula già a luglio, ma poi è slittata a causa della continua decretazione di urgenza, usata in modalità seriale. Comunque io e la collega l’avevamo presentata appositamente in questo periodo, perché sapevamo che i giochi olimpici avrebbero acceso il faro su questo tema“, afferma in un’intervista con Fanpage.it.
Quello che abbiamo visto alle Olimpiadi è lo specchio di una società che non è più la stessa del 1992, l’anno della legge sulla cittadinanza ancora in vigore. “Lo sport è in grado di mettere in luce la bellezza di un modello di società che esiste già, dimostrandoci che funziona – dice il deputato – E la mozione ha l’obiettivo di aprire un tavolo che possa rivedere una legge, quella del 1992, che appartiene a diversi mondi fa. È una legge scritta tre anni dopo la caduta del muro di Berlino, per capirci. È clamoroso che siamo ancora qui a discutere di questo tema“.
Perché serve lo Ius Soli, spiegato da Berruto
Non solo una mozione: Berruto è anche firmatario di una proposta di legge che apre alla possibilità di concedere la cittadinanza a ragazzi e ragazze nati in Italia da genitori stranieri, che praticano sport. Ma ci tiene a mettere in chiaro una cosa: che la cittadinanza è un diritto, non un merito. Questa proposta di legge non è che un primo passo: “Il punto di partenza per noi si chiama Ius Soli, perché chi è nato in Italia è italiano, punto. Questo è una premessa importante, prima di parlare della proposta di legge a mia prima firma su quello che potremmo chiamare lo ‘Ius Soli sportivo’. Perché nessuno di noi pensa che un talento possa essere un acceleratore nell’accesso a un diritto. Non è che se sei più veloce degli altri, allora ci deve essere una strada privilegiata per accedere a un diritto, non è questo il senso della proposta di legge. Un diritto è un diritto. Però lo sport a volte può essere un varco, un indicatore di una strada“.
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Un ragionamento che è necessario fare, se si guarda alla composizione attuale del Parlamento e agli equilibri politici: aprire un dibattito serio e costruttivo su questo tema non sarà semplice, con la maggioranza di centrodestra che da tempo si oppone al principio secondo cui la nazionalità non dovrebbe essere basata sullo Ius Sanguinis – come è attualmente – ma sul fatto di essere nati e cresciuti in Italia. Appena si è ricominciato a parlare di Ius Soli, infatti, a poche ore dalla chiusura dei giochi di Parigi, la Lega ha pubblicato una nota in cui ribadiva la sua contrarietà a qualsiasi modifica della legge sulla cittadinanza, affermando che questa vada “benissimo così” e che non ci sia alcun bisogno né dello Ius Soli, né di altre “scorciatoie“. Una frecciata – esplicitata anche dall’aver scelto di mettere la foto di Antonio Tajani nel post social – diretta anche a Forza Italia, che nella contrarietà allo Ius Soli ha comunque aperto a una revisione della legge del 1992.
“Bisogna smetterla con questo approccio ideologico fondato sul consenso che può generare in due mesi. Chi è onesto lo sa che questo è un tema non più differibile. Riguarda il futuro del Paese“, replica Berruto. Insomma, l’obiettivo della proposta di legge – così come della mozione – è quello di riaprire un dibattito che si prospetta difficile: ad ogni modo, secondo il deputato dem, è necessario iniziare a fare un primo passo per la revisione della normativa: “Sappiamo che partiamo da posizioni diverse. Ma ci sono un milione di ragazzi che sono in un limbo. Il 75% di loro è nato in Italia, siamo ormai arrivati alla terza generazione“, aggiunge Berruto.
Oltre allo Ius Soli esiste un’altra fattispecie normativa, che ad esempio in Spagna è normata: il ‘doppio Ius Soli‘, cioè la concessione della cittadinanza ai figli nati in Italia da genitori a loro volta nati nel nostro Paese, ma ancora privi di cittadinanza italiana: “C’è chi dice che con lo Ius Soli arriverebbero flotte di migranti, solo per far nascere qui i figli e poi magari andarsene. Ma la verità è che al momento ci sono ragazzi nati in Italia da genitori a loro volta nati e cresciuti qui: parliamo di almeno vent’anni di residenza nel nostro Paese“, sottolinea Berruto.
Cosa c’è scritto nella proposta di legge sullo ‘Ius Soli sportivo
La sua proposta di legge sul cosiddetto ‘Ius Soli sportivo’ tiene conto anche di questo. Il deputato spiega: “La proposta di legge fondamentalmente si riferisce a ragazzi di ‘elevato interesse sportivo’, definito da una commissione apposita del Coni, che possono accedere all’iter per ottenere il passaporto in una serie di casi. Il primo è un incrocio con lo Ius Scholae: si può chiedere la cittadinanza dopo aver completato un ciclo di studi di cinque anni nella nostra scuola. Il secondo caso è appunto quello del doppio Ius Soli, cioè con almeno un genitore nato a sua volta in Italia, ma ancora privo di cittadinanza. Infine il terzo caso è quello per cui almeno un genitore (di figlio sempre nato in Italia) è regolare sul territorio da almeno più di un anno“.
Il fatto che queste casistiche siano riferite a chi pratica sport – nella consapevolezza, è importante ribadirlo, che la cittadinanza è un diritto e non un merito – non è solo un primo passo, su cui è probabile una convergenza più ampia di forze politiche, ma anche una necessità pratica, per chi vorrebbe una carriera in questo settore: “Per coloro che devono aspettare i 18 anni per richiedere il passaporto c’è un problema proprio tecnico, nel senso che l’età di massima prestazione di diversi sport è molto bassa – dice Berruto – Se fino a 18 anni un atleta non può competere in manifestazioni europee o mondiali, rischia davvero di perdere un tempo che poi non torna più. Il paradosso che viviamo oggi è che in parte già esiste una specie di ‘Ius Soli sportivo’: i ragazzi che non hanno la cittadinanza possono infatti comunque iscriversi alle federazioni e partecipare ai campionati nazionali. Puoi diventare campione italiano, ma non puoi rappresentare la nazionale italiana fino a oltre il diciottesimo compleanno, quando puoi richiedere la cittadinanza“.
L’oro dell’Italvolley e le polemiche razziste
Il deputato poi aggiunge: “Però ci tengo a ripeterlo: non può essere il talento lo strumento di accesso a un diritto. Ma rivendichiamo che lo sport possa aprire una strada e rivendicare un percorso. Come ha già fatto in passato. Perché spesso vale più l’emozione di un’immagine, come quelle che ci sono arrivate dalle ragazze dell’Italvolley, di mille altre cose: dobbiamo trasformare quell’emozione in azione politica. È un dovere farlo“.
Una parte delle polemiche più indegne che ha accompagnato queste Olimpiadi si è concentrata proprio sulla nazionale femminile di pallavolo, vincitrice della medaglia d’oro. In particolare su due delle campionesse, Paola Egonu e Myriam Sylla, entrambe nate e cresciute in Italia da genitori di origine rispettivamente nigeriana e ivoriana. Non sono le uniche due componenti della squadra ad avere i genitori di origine straniera, ma sono le uniche due di cui questo aspetto è stato sottolineato da alcuni: “Chiamiamolo come vogliamo, ma il tema è quello del colore della pelle – dice Berruto – Lo dico con enorme rispetto e una profondissima amicizia e stima con Julio Velasco (l’allenatore della nazionale femminile) che è l’uomo per il quale ho fatto la mia carriera da allenatore: se vogliamo parlare di integrazione per quella squadra, è a lui che dobbiamo pensare. È arrivato dall’Argentina e ha ottenuto la cittadinanza da adulto, ma nessuno ha mai nemmeno pensato di fare le polemiche“.
Berruto durante le Olimpiadi di Londra 2012.
Lo sport ci ha mostrato una realtà che è già in essere. Ora devono arrivare la leggi, nonostante c’è chi ancora freni: “Se c’è una funzione sociale che lo sport può svolgere è quella di anticipare dei temi su cui poi la realtà si allinea – afferma ancora Berruto – Io lo dico ossessivamente: basta aprire la porta di una palestra di qualsiasi disciplina per vedere ragazze e ragazzi che hanno colore della pelle diverso, provenienza geografica diversa, religione diversa, disponibilità economica diversa… ma di tutte queste differenze non interessa nulla a nessuno, perché giocano tutti per la stessa squadra. Hanno tutti lo stesso obiettivo, di passarsi la palla per fare un goal, una schiacciata o un canestro. Questa è la realtà già davanti ai nostri occhi, ma c’è chi vuole tenerli chiusi“.
Il deputato poi conclude: “Davanti a quelle ragazze, che cantano l’inno con trasporto, è difficile tenerli chiusi. Io mi sento molto più rappresentato da quelle ragazze e in loro vedo molto più l’appartenenza a una comunità e la voglia di giocare per la propria bandiera, per il proprio Paese, che dal conclamato patriottismo di una certa destra di governo“.
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Fonte : Fanpage