L’affiorare abbondante della mucillagine ha “colorato” di bianco il mare Adriatico. E da qualche giorno le immagini di questo fenomeno stanno facendo il giro del mondo, rubando il palco al granchio blu nel rendere celebre le coste romagnole e venete.
Per dare i giusti meriti, le evidenti macchie verdi sono dovute al fitoplancton, che contribuisce alla sua formazione, la mucillagine le “decora” con aloni biancastri: il risultato lo si vede anche da satellite. Ci sono le prove: il 7 agosto quelli di Sentinel-2 (missione del programma Copernicus gestito da Agenzia spaziale europea e Commissione europea) hanno immortalato il generoso proliferare di queste sostanze nell’area settentrionale dell’Adriatico, davanti a Rimini. E poi hanno affidato gli scatti a X per farne parlare. E così è stato.
La “ricetta” della mucillagine
Chi l’ha vista da vicino, anche senza toccarla, ne ha probabilmente notato la natura gelatinosa. In effetti la mucillagine è composta per circa il 97% da acqua, il resto è una miscela composita di zuccheri complessi (polisaccaridi) e proteine. Queste ultime sono presenti in minima quantità ma svolgono l’essenziale compito di tenere insieme una serie di sostanze organiche, principalmente i microrganismi e i detriti che “nuotano” nelle acque marine.
Nel caso del mar Adriatico, dietro all’accumulo di questo genere di filamenti e fiocchi gelatinosi c’è la Gonyaulax fragilis. Questa microalga, assieme alle altre alghe che compongono il fitoplancton, e anche a cianobatteri e batteri, produce polisaccaridi e fornisce un ingrediente prezioso per la loro proliferazione.
Seppur sgradevole alla vista, la mucillagine non porta alcun danno al genere umano. Non diretto, per lo meno, perché non crea problemi di salute, ma può impattare sulla pesca e sul turismo. Quando è tanta, può rubare ossigeno a molluschi e pesci che nuotano nello stesso mare, oltre a sporcare le reti. Quando è visibile anche da satellite e viene vista in tutto il mondo, può fare cattiva pubblicità al nostro mare, deviando verso altre mete il flussi estivi di aspiranti bagnanti.
“Basso”, dolce e inquinato
Prima di distribuire le colpe per la “comparsa” della mucillagine nell’Adriatico, è necessaria una premessa. La sua formazione è un processo totalmente naturale e i suoi sgradevoli e pallidi filamenti ci sono da sempre nelle acque salate. Non solo in quelle dell’Adriatico.
Questo mare, però, impone al fenomeno delle condizioni di contorno che ne fanno esplodere il potenziale impatto sull’ecosistema. C’è un fattore morfologico di ridotta profondità che favorisce più che altrove l’affiorare degli scarti delle alghe a cui si deve la mucillagine. Ecco perché nell’Adriatico si vede dallo spazio e negli altri mari resta invisibile.
Anche la bassa salinità tipica dell’acqua di questa zona aiuta il proliferare di fitoplancton e mucillagine, e in questo caso non è un fattore solo “fisiologico”. Le intense e sempre più frequenti piogge registrate nel Nord Italia, causa crisi climatica, contribuiscono fortemente a diluire e addolcire le acque che bagnano le coste marine vicino al Delta del Po. Qui, a potenziare la crescita di mucillagine, ci si mettono anche i fertilizzanti usati nei campi della Pianura padana e portati verso il mare dal fiume Po.
In questo caso si parla di “eutrofizzazione”, per indicare la sovrabbondanza di alcune sostanze nutrienti, in particolare l’azoto e il fosforo. E oltre all’agricoltura, nell’Adriatico a causarla è anche l’allevamento. Gli stessi elementi sono infatti abbondantemente presenti anche nelle deiezioni degli animali.
Fonte : Wired