Poca IA e tantissime persone: 5 cose da sapere sugli effetti speciali di Gli Anelli del Potere

C’è Sauron che è tutt’altro che sconfitto e sta anzi cercando di portare avanti il suo piano diabolico per la creazione degli anelli con cui soggiogare la Terra di Mezzo, gli elfi che si preparano a combatterlo, Galadriel che prova a resistere alle tentazioni del male e Gandalf (ammesso che sia lui e non Saruman) che sta ancora cercando il suo posto nel mondo. Due anni dopo, è di nuovo arrivato il momento di Gli Anelli del Potere, la cui seconda stagione è attesa in streaming su Amazon Prime Video a partire dal prossimo 29 agosto.

La prima, trasmessa dal 2 settembre 2022, è stata vista da oltre 100 milioni di persone in tutto il mondo (25 milioni solo nel giorno dell’uscita), totalizzando oltre 32 miliardi di minuti di streaming e secondo Nielsen fu il contenuto più visto fra tutte le piattaforme nel weekend di debutto. Ha anche un altro record, perché è il serial più costoso di sempre: nel 2017, Amazon spese circa 250 milioni di dollari solo per comprare i diritti, che vanno ad aggiungersi agli oltre 450 di budget per la prima stagione. Cioè più o meno 60 milioni di dollari per ogni episodio. E la stagione 2 non sembra da meno: “Siamo a livelli di un blockbuster di Hollywood”, ci ha confermato Jason Smith, il responsabile degli effetti speciali, quando lo abbiamo incontrato dopo avere visto le prime 3 puntate.

youtube: l’ultimo trailer di Gli Anelli del Potere

Poca IA e tante persone al lavoro

Una cifra precisa è impossibile saperla e neppure il dettaglio di quanto sia costato il lavoro del suo team, ma in produzioni di questa portata gli effetti speciali possono coprire anche il 20-30% del totale: “Quello che posso dire è che abbiamo lavorato perché ogni dollaro fosse speso bene e si traducesse in qualcosa di visibile e significativo per lo spettatore”, ci ha spiegato Smith, che è stato nel cast di Avengers, Revenant, Transformers e parecchio altro. Hanno lavorato in tanti: “Il mio team era davvero enorme, sicuramente più di 1000 persone e in certi momenti vicino a quota 1500. Chi guarda non si rende forse conto di quanto lavoro ci sia dietro agli effetti speciali, ma per fare le cose per bene servono tante persone e non solo macchine e computer. Se i produttori o le registe (Charlotte Brandstorm, Louise Hooper e Sanaa Hamri, ndr) chiedevano qualcosa di particolarmente difficile, mi tranquillizzava poter contare su un esercito di 1500 talenti”. Di cui fra l’altro facevano parte anche dipendenti di Weta Digital, la compagnia che lavorò sulla trilogia del Signore degli Anelli diretta da Peter Jackson, e la celeberrima Industrial Light & Magic.

Sorprendentemente ridotto, invece, è stato l’utilizzo dall’intelligenza artificiale, che ormai sta prendendo sempre più piede pure nel cinema: “L’abbiamo usata soprattutto per la cura dei dettagli, per le rifiniture, per dare maggiore pulizia a una scena, magari cambiando o regolando meglio l’illuminazione – ci ha chiarito Smith – In questi casi l’IA è molto utile, così come lo è nelle fasi di postproduzione e montaggio, nella cosiddetta segmentazione e in generale per velocizzare tutto”. L’importante è che “resti uno strumento e sia usato con attenzione: le potenzialità sono enormi, ma non possiamo escludere utilizzi scorretti e non possiamo sapere quanto sarà progredita questa tecnologia fra 10 o 20 anni”. L’importante è che “l’anima del lavoro resti umana”, che è una cosa con cui è d’accordo pure Tina Jones, la responsabile degli arredi di scena: “Penso che dobbiamo imparare a lavorarci e a usarla bene, senza essere contrari a prescindere o averne paura. Credo che 150 anni fa le persone fossero spaventate anche dalle auto. Sembravano magia. Qui è più o meno lo stesso”. Lei e il suo team, parecchio più piccolo di quello di Smith (circa 40 persone) hanno usato l’IA soprattutto nel processo creativo: “Ci sono stati casi in cui magari avevamo in testa l’idea per un oggetto che però non potevamo realizzare fisicamente e l’IA ci ha aiutati a dare forma e concretezza ai pensieri, così da renderci conto se davvero una cosa poteva funzionare”, ci ha raccontato Jones, che in passato è stata premiata con un Emmy per la stagione 2 del Trono di Spade.

Anelli, tavoli, ragni e alberi parlanti

Il team di Jones è fra l’altro responsabile della creazione e dell’effettiva realizzazione degli anelli del potere che danno il titolo alla serie e intorno ai quali ruota tanta parte della mitologia immaginata da Tolkien, che in questa stagione 2 si possono finalmente vedere per bene, iniziando dai 3 indossati dai re degli elfi: “Sapevamo che sarebbero stati inquadrati molto e da vicino e volevamo che fossero belli e realistici – ci ha spiegato Jones – Abbiamo iniziato realizzando alcuni modelli in scala con una stampante 3D, basandoci sui disegni che avevamo fatto, poi abbiamo trovato le pietre semipreziose che potevano andare bene e quando siamo stati soddisfatti del risultato ci siamo rivolti ad alcuni gioiellieri che li hanno costruiti per noi”, come più o meno si fa per i veri gioielli. Anelli a parte, sono soprattutto due le cose di cui Jones va più orgogliosa: “I finimenti dei cavalli dei predoni che danno la caccia ai Pelopiedi nel deserto, e le loro stesse maschere, e l’enorme tavolo che si vede nella sala delle mappe a Lindon, che abbiamo costruito noi”.

Le cose preferite di Smith, invece, sono “le creature, senza dubbio le creature: questa stagione 2 ha un tono decisamente più cupo e spaventoso, e le creature ci hanno permesso di comunicarlo in modo efficace”. Nella serie dovrebbe tornare il ragno Shelob, un mostro che i fan di Tolkien conoscono bene, e compaiono per la prima volta gli Ent, gli alberi senzienti tanto amati dallo scrittore: “Forse sono la mia cosa preferita fra tutte quelle che abbiamo fatto – ci ha confessato Smith – Sono così veri, così reali, con i loro volti ricreati sui tronchi, le fessure a rappresentare gli occhi e la bocca. Penso che siano un’ottima dimostrazione di quello che siamo stati in grado di fare”. E di quello che saranno in grado di fare nelle prossime 3 stagioni della serie, su cui sono già iniziati i lavori.

Gli Anelli del Potere non è Il Trono di Spade

Le vicende raccontate nel serial di Amazon si svolgono migliaia di anni prima di quello che avviene nello Hobbit e nel Signore degli Anelli, le due opere più note di Tolkien: sono ambientate durante la cosiddetta Seconda Era della Terra di Mezzo, il mondo immaginato dall’autore britannico. Sappiamo già come va a finire (Sauron diventa sempre più potente, forgia gli anelli, compreso quello “per domarli e nel buio incatenarli”, affronta l’alleanza fra umani ed elfi e viene sconfitto) ma è interessante capire come si arriva a quel finale. Questo è quello che fa la serie, che è una sorta di ponte narrativo ed enorme prequel della saga.

Lo scopo della produzione, mai nascosto (anche perché fu l’indicazione data da Jeff Bezos, grande appassionato di fantasy), era quello di creare qualcosa che rivaleggiasse con Il Trono di Spade. Cosa che però Gli Anelli del Potere non è ancora riuscita a fare: su IMDb, il serial di HBO ha un voto di 9.2 su 10, mentre quello di Amazon si ferma a 6.9. È successo soprattutto per due motivi, uno sensato e uno no. La serie è molto ben fatta, bella, curata e visivamente spettacolare, però è oggettivamente un po’ noiosa, ed è così perché le opere di Tolkien cui è ispirata non sono le sue opere migliori (pure il suo editore rifiutò di pubbicarle): Il Silmarillion, Storia della Terra di Mezzo e i vari Racconti Perduti, sono libri difficili, lenti, faticosi e non molto appassionanti. Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, cioè il ciclo di libri di George Martin da cui è tratta la serie del Trono di Spade, sono l’esatto opposto, fra intrighi, violenza, sesso e in generale un ritmo molto, molto più serrato. Questa cosa non deve sorprendere: fra le varie opere passano 60-70 anni, ed è ovvio che quelle di Martin siano più facili per i lettori e gli spettatori di oggi.

Il secondo motivo è che nell’autunno del 2022 la serie è stata ingiustificatamente oggetto di review bombing (cos’è?) da un nutrito gruppo di leoni da tastiera capeggiati da Elon Musk, che lamentavano la presenza di personaggi dalla carnagione scura e di troppi personaggi femminili forti e con ruoli primari: come si vede analizzando nel dettaglio i voti su IMDb, c’è un immotivato 20% di 1 e 2 che ha senza dubbio tagliato le gambe alla valutazione complessiva. Con Galadriel (interpretata dalla bravissima Morfydd Clark) che quest’anno ha un peso se possibile ancora più determinante, probabilmente Musk tornerà di nuovo alla carica. Forse però dovrebbe prima rileggersi Il Signore degli Anelli, magari concentrandosi sul personaggio di Arwen. Così, giusto per non parlare a vanvera.

@capoema

Fonte : Repubblica