Roberto Vannacci e il murales deturpato di Paola Egonu
Fosse una barzelletta, non farebbe ridere. Ma partiamo dall’inizio: secondo Roberto Vannacci il deturpamento dell’opera di Laika, cioè la cancellazione del viso di Paola Egonu dal murales e lo sbiancamento di tutto il suo corpo, sarebbe colpa di “chi fa interpretare il ruolo di Giulietta da un’attrice nera”.
In pratica sarebbe colpa di chi non è razzista, l’esistenza dei razzisti. Come dire che è colpa di chi muore di fame, se il pesce al ristorante non è fresco. Io ve l’avevo detto: fosse stata una barzelletta, non avrebbe fatto ridere.
Vannacci, ma seriamente?
Il parlamentare europeo in quota Lega confonde la soluzione con la colpa, il colpevole con il denunciante. Il razzismo con l’antirazzismo. Poi ci aggiunge il piglio da militare, l’atteggiamento di colui che in Somalia faceva il bagno con gli squali, e infine l’uomo che non deve chiedere mai si getta nella mischia a gamba tesa, con il suo bagaglietto di pregiudizi in tasca, incurante se qualcuno si farà male.
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“Lo sfregio all’opera d’arte su Paola Egonu è colpa di chi vuole modificare le fiabe!” ha tuonato oggi il generale sospeso sul Corriere della Sera.
Vannacci, provo a spiegartela facile: se metti una scacchiera sotto un piccione e questo ci fa i suoi bisogni sopra, non è colpa del piccione. Vannacci, il piccione è come il razzista, la fa dove gli dai la possibilità, ma sei tu che gli hai aperto la via e poi gliel’hai illuminata con le tue parole. Non è colpa di chi ha denunciato il razzismo nelle tue parole su Paola Egonu, se poi qualcuno se l’è presa con l’immagine di Paola Egonu.
Il razzista è come il piccione, non ragiona, se gli indichi l’obiettivo lui lo sfregia senza neanche pensarci. Ma il piccione, almeno, ha la scusante di avere il cervello appunto come un piccione. Ma il razzista come ha il cervello?
“La colpa degli atti di razzismo è di chi fa interpretare la regina d’Inghilterra a un’attrice nera!” ha bofonchiato il solito generale.
A parte che davvero non si comprende come per qualcuno possa essere così importante il colore della pelle per giunta di un personaggio di fantasia, io mi chiedo: ma cosa ci sarebbe di così bello, da difendere con le unghie e con i denti, in una tradizione monocolore della rappresentazione della società? Perché Pocahontas dovrebbe essere bianca? Ce ne dovrebbe fregare davvero qualcosa se Cappuccetto Rosso fosse rappresentata con gli occhi a mandorla? Spoiler: Cappuccetto Rosso non è mai esistita. Non è una rappresentazione storica, e comunque la favola l’hanno scritta due fratelli tedeschi.
Torniamo alle dichiarazioni di Roberto Vannacci. Voglio dirlo chiaramente: i murales non si cancellano da soli, ci vuole qualcuno per farlo. Come ci vuole sempre qualcuno che i cori razzisti in curva li intoni, altrimenti non esisterebbero. Ed è facilmente presumibile che gli atti razzisti siano compiuti da chi quelle idee cantate le ha introiettate, o da coloro che ne ricevono i voti.
“Non ci sono neg*i italiani” è in fondo il fratello meno codardo di “Prima gli italiani”, ma la matrice è comune e non riguarda gli antirazzisti.
Vannacci, sono le persone che intonano quei cori e quegli slogan i colpevoli. Persone a cui voi – una dichiarazione dopo l’altra, un libro dopo l’altro – avete dato la possibilità di non vergognarsi più, di uscire fuori, di sentirsi rappresentati, finanche di rivendicare d’essere fascisti. Non so se l’intenzione tua fosse davvero quella, però incolpare chi ha visto il problema prima di te, chi te lo ha indicato, chi ti aveva invitato a scusarti con chi dalle tue parole si era sentita offesa, oggi lascia la bocca amara. Avrei preferito avere torto, ma non è così.
Facciamo un passo indietro, qui mi rivolgo a tutti: se la questione fosse Roberto Vannacci in sé, potremmo anche soprassedere. Voglio dire: chi se ne importa?
Il problema non è lui in senso stretto, ma le sue parole. Che finga o che ci creda (io propendo per la seconda), i suoi concetti stanno scardinando un senso di civiltà già precario nel nostro Paese. Lo picconano dal basso, con costanza.
La stessa questione che riguarda il colore della pelle si ritrova nelle dichiarazioni di Vannaci – pari pari – riguardo all’orientamento sessuale e all’identità di genere. Come uno specchio, le sue parole sulle “favole e i racconti, le nostre tradizioni”, le ha usate per combattere chi cerca di essere se stesso e se stessa. Per questo è importante notare il parallelismo.
Le sue parole in questo campo, nell’ultimo anno, hanno infatti tirato fuori il pensiero latente (ma non troppo) di una parte predominante della nostra società, e stanno diventando sentimento comune, talvolta leggi. Le sue parole, ad esempio, anche con il pieno sostegno di chi oggi finge di opporsi a lui – come Maurizio Gasparri – hanno modificato il comportamento di quei pochissimi ospedali pubblici italiani che prescrivevano i bloccanti della pubertà, in accordo con le linee guida internazionali dei Paesi più avanzati in tema di diritti. Le sue parole non volano nel vento, hanno effetti.
Le parole di Roberto Vannacci, sempre sul tema dell’identità di genere, dell’orientamento e in generale delle relazioni, hanno poi trovato riscontro nella nuova educazione civica del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, quando pochi giorni fa ha deciso di scrivere le nuove linee guida dell’Educazione Civica nelle scuole pendendo dalle labbra dell’ideologia ProVita, e così bocciando la possibilità di inserire l’educazione all’effettività nelle scuole.
Ancora: i concetti espressi da Roberto Vannacci stanno portando alcune scuole pubbliche a rivedere la possibilità di quella che comunemente viene chiamata “carriera alias” all’interno dei loro istituti scolastici.
Per questo, anche oggi, mi trovo a scrivere sulle parole di Roberto Vannacci, perché quelle parole non sono senza conseguenze, e la modificazione della realtà che ne segue non è senza dolore. Ogni volta c’è qualcuno che ne paga le conseguenze, e non è mai chi ha sparso il pregiudizio.
Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all’estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è “Siate ribelli. Praticate gentilezza“. Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
Fonte : Fanpage