Elias Sanbar : Gaza ‘remake’ della Nakba, ma i palestinesi hanno imparato la lezione

Ad AsiaNews l’ex ambasciatore della Palestina all’Onu traccia un parallelo fra la guerra nella Striscia e l’esodo del 1948. Oggi i palestinesi “hanno imparato la lezione” e sanno che in caso di partenza “non ci sarà ritorno”. Israele sfrutta uno “status speciale” per colpire nell’impunità, ma “tutto questo non funziona”. La doppiezza Usa che condanna i raid contro civili ma fornisce armi. 

Beirut (AsiaNews) – Un tempo ambasciatore della Palestina all’Unesco, il 76enne storico, poeta e saggista palestinese Elias Sanbar ha pubblicato all’interno di una nuova collezione intitolata “Tract”, per le edizioni Gallimard, un approfondimento intitolato “L’ultima guerra?”. Nell’approfondimento egli sostiene che l’odierna guerra lanciata dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a Gaza ha come vero obiettivo quello di portare a compimento la “Nakba” [l’esodo del popolo palestinese del 1948] iniziata sotto David Ben Gurion.  

Raggiunto al telefono da AsiaNews, Elias Sanbar sottolinea come “sulla guerra attualmente in corso e su quello che sta succedendo [nella Striscia] si sono scritti molti libri”. Di contro, aggiunge, vi sono ben pochi approfondimenti che vogliano spiegare “cosa essa davvero rappresenta”. “Quello che sta accadendo a Gaza – prosegue – è un remake del 1948, ma stavolta non funziona. Nel 1948, molti palestinesi hanno lasciato le loro case, tenendo le chiavi in tasca, convinti che presto se ne sarebbero re-impossessati di nuovo. Alcuni dormivano addirittura sotto le stelle, pensando che fosse questione di giorni. I campi sono arrivati dopo. Ma i palestinesi hanno imparato la lezione. Ora sanno che se se ne vanno non ci sarà ritorno, che sarà l’esodo definitivo del popolo palestinese”. 

Nella sua analisi, il diplomatico sottolinea che l’espulsione del popolo palestinese nel 1947-48 è avvenuta in due fasi: in un primo momento, tra l’adozione del piano di spartizione della Palestina da parte dell’Onu (il 29 novembre 1947) e la proclamazione dello Stato di Israele (14 maggio 1948); in secondo luogo, dopo la proclamazione, quando gli eserciti di Libano, Siria, Iraq, Transgiordania ed Egitto hanno varcato i confini della Palestina mandataria.

“Ma prima di quella data – aggiunge – e il trasferimento” di centinaia di migliaia di palestinesi “era già un fatto compiuto, e l’espulsione di quelli che seguirono ha completato il disastro, la Nakba”. La guerra attuale, spiega, “è la seconda che mette davvero faccia a faccia i due popoli, i palestinesi e gli israeliani. Le guerre precedenti, quelle del 1967 e del 1973, erano guerre combattute per procura. La negazione della nostra esistenza, che pensavamo potesse essere superata attraverso negoziati basati sulla condivisione, ci viene ora sbattuta in faccia, provocata dalla follia di una politica che intende completare la Nakba del 1948”.

“Ansioso di anticipare le critiche che una tale ammissione provocherebbe – scrive Sanbar – il gabinetto di guerra [israeliano] sta aspettando che il destino finale, la distruzione della Palestina, sia una realtà”. E, prosegue,  che “un fatto compiuto e irreversibile renda obsolete le condanne etiche e morali” provocate da questo conflitto. Egli prosegue sottolineando che “a causa delle sofferenze in Europa che hanno portato alla sua creazione, Israele sta abilmente giocando ad uno status speciale, un diritto alla comprensione, indipendentemente dalle sue azioni. Questa – accusa – è una delle forme che assume l’impunità”. 

Non funziona!

“Ma tutto questo non funziona” continua Sanbar al telefono ad AsiaNews. “Gli israeliani pensavano di concludere [la guerra] in quindici giorni. Hanno abituato gli arabi alla guerra lampo. Ora siamo all’undicesimo mese. Il loro attacco incessante contro gli abitanti di Gaza, le loro rappresaglie quotidiane contro i civili, sono un segno della loro impotenza”. Nella Striscia, accusa, “viene commesso un crimine di guerra ogni ora”. 

“Dove stiamo andando? Stiamo andando verso un disastro regionale” prosegue Sanbar, che ha detto addio alla soluzione dei due Stati e richiama l’attenzione dell’opinione pubblica sulla “sindrome di Sansone” di cui soffrirebbe l’attuale governo. A questo proposito, l’ex diplomatico richiama lo storico israeliano Yuval Noah Harari: “Israele – sottolinea – sta affrontando una sconfitta storica, il frutto amaro di anni di politiche disastrose. Se ora il Paese privilegia la vendetta rispetto ai propri interessi, metterà se stesso e l’intera regione in serio pericolo”.

La sconfitta dello Stato ebraico è anche il risultato, analizza Sanbar, di un vero e proprio cancro che sta minando gran parte della società israeliana. Secondo l’ex funzionario Unesco “è stato accertato che il governo israeliano era informato dei preparativi di Hamas, ma che li ha ignorati, addirittura disprezzati, pensando che i ‘vagabondi di Gaza’ fossero incapaci” di una simile operazione. “Questo è ciò che è accaduto durante la guerra dell’ottobre 1973” spiega il diplomatico. Con tutto il mondo a guardare, l’esercito egiziano si è esercitato ad attraversare il Canale di Suez su un modello in scala. Ma Golda Meir, allora primo ministro, non credeva che i militari del Cairo fossero in grado di agire. E per questo è stata costretta a dimettersi.

“Il disprezzo è un cancro dei colonizzatori; è un razzismo radicato” afferma Elias Sanbar. Infine, egli non manca di criticare il “chiacchiericcio globale” e le condanne verbali dei massacri che avvengono a Gaza, senza che nessuno dei Paesi che li condannano abbia pensato di ritirare il proprio ambasciatore. Per non parlare, conclude, “della doppiezza statunitense con le sue ripetute richieste di cessate il fuoco accompagnate da incessanti voli aerei con rifornimenti di armi”.

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Fonte : Asia