L’Ucraina ha distrutto l’ultima stazione che pompava gas russo verso l’Europa

Utilizzando blindati americani Stryker e Bradley e tutto il più avanzato background missilistico e militare occidentale, l’offensiva ucraina nella regione di Kursk è penetrata come una lama nel burro nelle retrovie della frontiera, superando almeno due linee difensive russe. Le forze armate di Kiev nel corso della incursione nella regione russa di Kursk avevano preso il controllo della stazione di misurazione del gas di Sudzha da cui passava il 50% di tutte le esportazioni di gas russo verso l’Unione Europea ed era l’unico gasdotto ancora operativo che rifornisce Austria e Ungheria. Ora, secondo nuove immagini satellitari scattate tra il 9 e l’11 agosto, gli edifici amministrativi della stazione di pompaggio risultano molto danneggiati.

Gazprom – che fornisce ancora 39,3 milioni di metri cubi al giorno di gas all’Europa attraverso l’Ucraina – ha reso noto che ad oggi non risultano variazioni nei volumi di trasporto rispetto alla media di agosto. Tuttavia l’escalation di tensioni tra Russia e Ucraina dopo l’incursione di Kiev nella regione di russa di Kursk hanno già avuto ripercussioni sui prezzi del gas naturale e liquefatto, che sono aumentati notevolmente.

gas line

Le forniture di gas russo attraversano l’Ucraina in volumi ridotti da maggio 2022, quando l’operatore GTS ucraino ha annunciato la cessazione del transito verso l’Europa attraverso la stazione di Sokhranovka.

Intanto le forze armate ucraine si troverebbero a meno di venti chilometri dalla centrale nucleare di Kursk nei cui pressi si troverebbero anche magazzini di missili balistici e droni di fabbricazione iraniana.

centrale nucleare Kursk

L’analista militare Orio Giorgio Stirpe a Today.it spiega come l’azione di Kiev rispecchi la dottrina Nato attaccando il nemico nel punto più debole del fronte con una azione molto rapida portata da una decina di brigate ben equipaggiate: “Senza fuoco di distruzione preventivo, in questo modo si coglie l’avversario di sorpresa”.

“L’esercito ucraino non può permettersi di subire perdite troppo gravi e avendo necessità di liberare i territori occupati – e non potendo permettersi di riconquistarli con assalti frontali – deve infliggere al nemico perdite elevate, tali da portarlo al collasso”. “L’esercito russo che ha subito una metamorfosi da semi-professionale a mobilitato – evidenzia Stripe – ha enormi problemi di addestramento, comando e controllo, sostegno tattico e logistico e mobilità, ma grazie a grandi riserve umane e materiali dispone di una netta superiorità quantitativa e in termini di fuoco. Le risorse umane russe per ora sono sufficienti ad alimentare la guerra nella regione del Donbass, mentre quelle materiali sono destinate ad esaurirsi entro il 2025. Dopo, anche per la Russia sarà impossibile mantenere la pressione attuale”.

“Masse di fanteria, fortificazioni e campi minati impongono agli ucraini un tasso di attrito insostenibile. Non mi stancherò mai di ripeterlo: gli ucraini operano orientati al nemico e non al territorio; lo scopo è portare l’esercito russo al collasso e quindi costringerlo a ritirarsi”.

Orio Giorgio Stirpe

Il colonnello Stirpe inquadra l’operazione ucraina nella regione di Kursk secondo un obiettivo tattico da raggiungere: costringere i russi non solo a distogliere risorse dal Donbass. L’occupazione da parte ucraina di territorio russo è politicamente intollerabile per Putin. La mimica del presidente russo che zittisce il governatore regionale durante un briefing pubblico lo rende evidente.

La riconquista di tale territorio per lui è assolutamente prioritaria e irrinunciabile, a qualsiasi costo. E il costo sarà elevatissimo, perché per un esercito statico come quello russo un cambio di gravitazione offensiva così drastico richiederà tempo e sforzi immani, che a loro volta condurranno a costi crescenti, da pagare nei tempi e nei luoghi scelti dagli ucraini. Insomma: Putin ha perso l’iniziativa.

“Nessuna strategia puramente difensiva ha mai funzionato in una guerra totale; se l’Ucraina vuole recuperare la sua integrità territoriale, non le basta evitare la sconfitta: deve vincere sul campo” conclude Stirpe.

Cosa succede sul campo

Le unità russe attaccate erano fondamentalmente reparti di frontiera (dipendenti dall’FSB e non dall’esercito), irregolari ceceni pronti ad affrontare la “Legione Russia Libera” e non l’esercito regolare ucraino e reclute male armate di guarnigione: tutta gente priva di mobilità o di sostegno tattico o logistico, niente che potesse resistere a reparti meccanizzati veterani. Solo alcuni sono stati attaccati direttamente: per lo più sono stati aggirati, isolati e catturati in seguito dalle unità ucraine di seconda schiera mentre quelle di testa continuavano ad avanzare.

La zona dell'offensiva a kursk

A Putin non basta arrestare l’offensiva ucraina: per lui è politicamente esiziale ricacciare gli invasori. Le colonne che la stessa TV russa ci ha mostrato sono costituite di camion per lo più vetusti e di modelli disparati, più mezzi civili requisiti e qualche cannone controcarri (modelli anni ’50) al seguito. Per spostarsi dal fronte di Zaporizhzhya all’Oblast di Kursk occorre muovere “per linee esterne” lungo più di mille chilometri di strada, con itinerari prevedibilissimi quasi completamente a tiro dell’artiglieria a lungo raggio ucraina, in gran parte in aree con fitta presenza di partigiani e di forze speciali ucraine in grado di rilevare in tempo reale il movimento delle singole colonne. Insomma, una manovra non solo difficoltosa e lentissima, ma anche estremamente pericolosa: queste colonne sono completamente prive di protezione, e la loro interdizione è ovviamente stata pianificata con cura. Sono almeno tre finora le colonne distrutte dagli attacchi missilistici ucraini, e quindi altrettanti i battaglioni neutralizzati in pieno movimento logistico.

Kiev controlla mille chilometri quadrati a Kursk

Alla fine i russi riusciranno sicuramente ad ammassare sufficienti capacità da contenere, arrestare e infine contrattaccare gli ucraini nel Kursk. A quel punto le Brigate ucraine di punta saranno già state sganciate, e altre meno mobili e più adatte alla difesa si assumeranno l’onere di difendere il terreno conquistato per massimizzare le perdite avversarie e minimizzare le proprie cedendo in cambio terreno in maniera controllata. Nel frattempo sarà anche arrivato l’inverno e il Grande Fango.

Intanto l’acquisizione del controllo della centrale di scambio dei gasdotti e la minaccia alla centrale nucleare di Kursk che ne ha forzato la parziale disattivazione, hanno arrecato un enorme danno economico alla Russia, per quanto temporaneo.

Le fiamme nella centrale atomica: il ricatto radioattivo della propaganda di Mosca e Kiev 

Fonte : Today