La temperatura della tensione in Medio Oriente torna a segnare valori altissimi. Dopo qualche segnale su un accordo più vicino per una tregua a Gaza, che avrebbe potuto fermare (o quantomeno contenere) la rappresaglia iraniana su Israele, lo Stato ebraico ha comunicato agli americani che Teheran è intenzionata ad attaccare a breve, forse anche prima dell’incontro del 15 agosto tra i mediatori del conflitto nella Striscia. La preoccupazione è condivisa dagli Usa. Joe Biden ha sentito i leader di Francia, Germania, Italia e Regno Unito, per poi lanciare un appello congiunto all’Iran: “Faccia un passo indietro”. Il Pentagono nel frattempo ha accelerato il dispiegamento dei militari nella regione, inviando anche un sottomarino nucleare, e lo Stato ebraico ha continuato a tenere i riflettori accesi sul nemico più vicino, Hezbollah, che ha spostato i comandi fuori da Beirut per prepararsi ad un’escalation. L’Idf si sta preparando all’eventualità di attacco preventivo nei confronti delle milizie sciite libanesi. I ministri della Difesa di Israele e Usa, Yoav Gallant e Lloy Austin, nelle ultime settimane hanno parlato al telefono anche due volte al giorno. Inclusa domenica, per “un coordinamento strategico e operativo alla luce degli ultimi sviluppi”, ha fatto sapere Gallant. Gli ultimi sviluppi, secondo due fonti citate dalla testata americana Axios, non sono buoni, perché la valutazione israeliana è che Teheran è orientata a colpire in uno spazio di giorni, probabilmente prima che si tengano i nuovi colloqui per un cessate il fuoco e il rilancio degli ultimi ostaggi a Gaza. In un momento altamente simbolico per Israele, che sta celebrando la ricorrenza del Tisha beav, la distruzione del Tempio di Gerusalemme e l’inizio della diaspora degli ebrei. Ancora non si conosce il momento esatto dell’attacco, ma è emerso o che il regime degli ayatollah ha adottato “misure di preparazione significative delle sue unità missilistiche e di droni, simili a quelle che aveva adottato prima dell’attacco a Israele in aprile”. Allo stesso tempo, la situazione a Teheran viene definita “fluida” e si dà conto delle persistenti divisioni al suo interno: da una parte c’è il presidente Masoud Pezeshkian che vuole evitare una risposta dura, mentre dall’altra il Corpo delle guardie rivoluzionarie vuole lanciare un attacco più grande di quello sferrato proprio lo scorso 13 aprile. I preparativi per lo scenario peggiore vanno avanti. L’Idf ha chiesto ai soldati operativi di non digiunare durante il Tisha beav, mentre i comandi dell’aeronautica militare hanno ordinato agli ufficiali di non andare all’estero per le vacanze. “Siamo preoccupati che l’Iran possa attaccare nei prossimi giorni e per questo il Pentagono ha fatto alcuni cambiamenti nella nostra postura militare nell’area”, ha confermato da Washington il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby. In particolare, la Difesa ha annunciato il dispiegamento in Medio Oriente dello Uss Georgia, un sottomarino missilistico a propulsione nucleare. Una comunicazionE rara, che lascia intendere l’intenzione americana di rafforzare i segnali di deterrenza. Austin inoltre ha disposto che la portaerei Abraham Lincoln “acceleri il suo transito” verso la regione, per affiancarsi alla Theodore Roosevelt. Al livello diplomatico i telefoni sono roventi. Oltre ai colloqui tra i partner occidentali coordinati dalla Casa Bianca, c’è in atto un pressing diretto nei confronti di Teheran. Francia, Gran Bretagna e Germania in una nota congiunta hanno avvertito che l’Iran “si assumerà la responsabilità” nel caso provocasse una “guerra totale”. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha parlato con il presidente iraniano Pezeshkian, così come avevano fatto nei giorni scorsi Emmanuel Macron e Giorgia Meloni. E proprio dal governo italiano Tajani ha telefonato al ministro iraniano sottolineando che “ora è il momento di evitare reazioni che alimentino il conflitto nella regione”. Da qui l’appello a “valutare prima la trattativa sul cessate il fuoco a Gaza e poi eventualmente scegliere cosa fare”. Ma il suo collega ha risposto con la stessa formula adottata finora, e cioè che “la reazione è inevitabile”, ha riferito il titolare della Farnesina. Le tensioni con l’Iran si intrecciano pericolosamente con lo scenario di Gaza, dove le truppe israeliane continuano la loro caccia alle milizie di Hamas. Secondo i funzionari della fazione che governano la Striscia quasi 40mila persone sono rimaste uccise dal 7 ottobre. Di questi 16.400 sono bambini, è la denuncia.
Fonte : Sky Tg24