Il 12 agosto 1944 a Sant’Anna di Stazzema, in provincia di Lucca, veniva scritta una delle pagine più buie delle violenze del nazifascismo. “Il 12 agosto di ottant’anni fa i reparti delle Ss naziste, con la complicità fascista, compirono nelle frazioni di Stazzema uno degli eccidi più spietati della Seconda guerra mondiale, uccidendo senza pietà donne, anziani, bambini, sfollati che pensavano di aver trovato un rifugio sottraendosi ai combattimenti”. In occasione dell’80esimo anniversario della strage, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha definito Sant’Anna di Stazzema un “sacrario europeo del dolore” e un simbolo di rinascita civile. Ha sottolineato come questo tragico evento rappresenti le radici della Repubblica italiana, fondata sul rifiuto della guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti.
Gli eventi
Sant’Anna di Stazzema, un piccolo borgo montano in provincia di Lucca, era raggiungibile solo attraverso un faticoso percorso di mulattiere che richiedeva almeno due ore di cammino. La zona faceva parte del settore occidentale della Linea Gotica, ultima linea di difesa tedesca in Italia. Dal 1943, il borgo e le aree limitrofe avevano accolto centinaia di sfollati in fuga dai rastrellamenti e dai pericoli del fronte. La presenza di gruppi partigiani nella regione aveva alimentato i sospetti dei nazisti verso la popolazione civile. Per questo motivo, all’inizio di agosto, i tedeschi informarono gli abitanti di Sant’Anna di Stazzema che dovevano evacuare immediatamente le loro abitazioni: un ordine impraticabile, dato che non c’erano mezzi sufficienti per trasferire un numero così elevato di persone in breve tempo. E infatti, pochi giorni dopo, l’ordine fu revocato, accompagnato dalla rassicurazione che nel paese non si trovavano combattenti, ma solo civili.
Tuttavia, del tutto a sorpresa, la mattina del 12 agosto 1944, quattro unità delle SS naziste, con la complicità di fascisti italiani, circondarono e invasero il paese. Mentre molti uomini cercarono rifugio nei boschi circostanti, donne, anziani e bambini rimasero nelle proprie abitazioni, ignare dell’imminente tragedia. I nazisti, oltre a intercettare i residenti nelle zone montane, rastrellarono i civili rimasti in paese, li chiusero nelle stalle o nelle cucine delle case e li uccisero con colpi di mitra, bombe a mano, colpi di rivoltella e altre modalità di stampo terroristico. In poco più di tre ore, i nazifascisti compirono un massacro indiscriminato, lasciando sul terreno 560 vittime innocenti. Qualche mese prima dell’eccidio, nel giugno del 1944, le SS tedesche, supportate da unità della X MAS, compirono un massacro in un paese vicino, Forno, in provincia di Massa Carrara, uccidendo 72 persone.
Quali furono i motivi?
Il massacro di Sant’Anna di Stazzema fu il risultato di una complessa intersezione di motivazioni e circostanze. Innanzitutto, l’azione si inseriva in una più ampia strategia di terrore e rappresaglia adottata dai nazisti per scoraggiare il sostegno della popolazione civile ai partigiani. I tedeschi sospettavano infatti che molti abitanti della zona fornissero aiuto ai gruppi di resistenza attivi nell’area. L’operazione era anche parte di un piano anti-partigiano più vasto, poiché i nazisti ritenevano che Sant’Anna e i villaggi circostanti fossero basi operative per la resistenza.
Inoltre, in quella fase della guerra, con le forze tedesche in ritirata, era comune l’adozione di tattiche di “terra bruciata” per rallentare l’avanzata degli Alleati. Alcuni storici attribuiscono la strage anche alla brutalizzazione delle truppe tedesche in Italia: dopo anni di guerra e di indottrinamento ideologico, alcune unità delle SS erano divenute particolarmente propense a commettere atti di estrema violenza contro i civili. Questo comportamento è evidente anche in altri massacri perpetrati dai nazisti in quegli anni, come la strage di Marzabotto, in provincia di Bologna.
Le indagini e le condanne
Il cammino verso la giustizia per l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema è stato lungo e tortuoso. Le prime indagini, condotte da americani e inglesi nell’ottobre 1944, non portarono a risultati concreti per mezzo secolo. La svolta avvenne nel 1994 con la scoperta a Roma del cosiddetto “armadio della vergogna”, contenente circa 700 fascicoli archiviati negli anni Sessanta, alcuni dei quali riguardavano il massacro di Sant’Anna.
Questa scoperta diede il via a nuove indagini, non solo sul massacro stesso, ma anche sulle ragioni del precedente occultamento dei documenti. Nel 2004, presso il tribunale di La Spezia, iniziò il processo penale che si concluse l’anno successivo con la condanna all’ergastolo di dieci soldati tedeschi ritenuti responsabili della strage. La sentenza fu confermata dalla Corte di Cassazione nel 2007. Tuttavia, nel 2012 si verificò una svolta controversa: la procura di Stoccarda archiviò l’inchiesta sulla strage, sostenendo la mancanza di prove sufficienti per stabilire la “responsabilità individuale” degli accusati. Questa decisione creò un evidente contrasto con il verdetto della giustizia italiana.
Fonte : Wired