Per la sua durevolezza, resistenza e maneggevolezza, la plastica è un materiale essenziale in tantissimi settori dell’economia, dagli imballaggi all’edilizia: farne a meno sarebbe difficile. Tuttavia, se non viene smaltita correttamente può avere un grosso impatto sull’ambiente e forse sulla salute umana: si stima che i rifiuti marini siano formati per l’80% da plastiche, e sono state rilevate tracce di microplastiche anche nei polmoni. Oggi meno del 20% della plastica viene avviata a riciclo, per ragioni legate principalmente ai bassi tassi di raccolta e alle difficoltà tecniche nel recupero dei rifiuti contaminati o misti.
L’Unione europea ha intenzione di promuovere la transizione a un modello produttivo circolare, basato su un utilizzo più efficiente delle risorse e sul riuso dei materiali giunti a fine vita. Diventa fondamentale, allora, lo sviluppo di nuove e migliori tecnologie di riciclo delle plastiche, in modo da valorizzare ogni tipologia di rifiuti. La plastica, infatti, non è tutta uguale ma è un termine ombrello che indica centinaia di varietà diverse per composizione chimica, come PET e PVC: le cosiddette plastiche miste, ad esempio, non possono essere riciclate con il processo di tipo meccanico, quello tradizionale.
Il riciclo chimico della plastica
Il riciclo meccanico è limitato sia nella varietà di plastiche trattabili sia nella ripetibilità del procedimento, ma ha già raggiunto la dimensione industriale e pertanto può essere applicato su larga scala. In parallelo, però, si stanno sviluppando metodi complementari di riciclo che consentono di lavorare una varietà maggiore di materiali e di farlo teoricamente all’infinito, garantendo una maggiore circolarità.
Il riciclo chimico è uno di questi metodi: consiste essenzialmente nello scomporre le molecole che costituiscono le plastiche post-consumo e nel ricavare prodotti della stessa qualità di quelli da materie vergini. Per arrivare a questo risultato vengono eseguiti diversi processi, come la depolimerizzazione, la gassificazione o la pirolisi (combustione in assenza di ossigeno).
I monomeri e le miscele ottenuti attraverso il riciclo chimico hanno ottime proprietà e possono dunque rientrare pienamente nel ciclo produttivo della plastica, essendo utilizzabili anche in contesti “delicati” come quelli che prevedono un contatto diretto con gli alimenti. Assieme al recupero di tanti tipi di plastiche, inclusi quelli attualmente inutilizzati, il riciclo chimico contribuisce a ridurre il consumo di fonti fossili per la produzione di nuova materia vergine.
Gli obiettivi europei sull’economia circolare
Date le sue caratteristiche, insomma, il riciclo chimico può contribuire al raggiungimento degli obiettivi europei sull’economia circolare. La Commissione ha stabilito che entro il 2035 si potrà smaltire in discarica meno del 10% dei rifiuti urbani e che al 2030 bisognerà riciclare il 55% degli imballaggi in plastica; oggi però viene confinato in discarica il 25% dei rifiuti plastici generati nell’Unione, afferma il Parlamento europeo, e la metà delle plastiche raccolte viene inviata all’estero per il trattamento a causa dell’insufficiente capacità di lavorazione interna.
Fonte : Wired