Le armi termobariche, tra le più devastanti armi convenzionali mai sviluppate, sono state utilizzate dalla Russia contro l’Ucraina per respingere l’avanzata delle truppe di Kyiv in territorio russo. Le armi termobariche usano l’ossigeno dell’aria circostante per generare un’esplosione ad alta temperatura. Sono denominate anche bombe a vuoto perché “all’atto dell’esplosione privano dell’aria l’ambiente nel quale deflagrano” provocando gravi danni agli organi interni di chi si trova nelle vicinanze.
Il 10 agosto il ministero della difesa russo ha confermato l’uso di questi ordigni contro le forze ucraine nella periferia meridionale di Sudzha, nella regione di Kursk, dove sta avvenendo il più importante sconfinamento delle truppe di Kiev in territorio russo. “Gli equipaggi dei caccia Su-30SM ed Su-35S hanno colpito il personale e le attrezzature ucraine nella regione russa di Kursk, al confine con la Russia. Dopo aver ricevuto la conferma dalla ricognizione che tutti i bersagli sono stati eliminati, gli equipaggi sono tornati con successo alla loro base”, ha scritto l’agenzia stampa russa Tass. Durante il conflitto ucraino, sono state segnalate diverse occasioni di utilizzo di armi termobariche sia da parte delle forze russe che ucraine. In particolare, i sistemi lanciarazzi Tos-1 russi, equipaggiati con testate termobariche, sono stati utilizzati sul campo. Anche le forze ucraine hanno impiegato armi termobariche, sebbene in forma ridotta, montando piccole cariche su droni.
Come funzionano?
Gli ordigni termonucleari si distinguono nettamente dagli esplosivi convenzionali per la loro composizione e il loro devastante meccanismo d’azione. A differenza degli esplosivi tradizionali, che contengono una miscela predefinita di combustibile e ossidante, le armi termobariche sono composte quasi interamente da combustibile. Questa caratteristica le rende significativamente più potenti a parità di peso.
Il processo di detonazione si svolge in due fasi critiche: inizialmente, una carica disperde una nuvola di combustibile nell’aria circostante; successivamente, una seconda detonazione innesca questa miscela, generando una potente onda d’urto e una palla di fuoco di lunga durata. Gli effetti di un’arma termobarica sono devastanti. L’onda d’urto prodotta ha una durata superiore rispetto agli esplosivi convenzionali. In spazi confinati, si generano onde d’urto multiple che prolungano l’effetto distruttivo. Inoltre, il rapido raffreddamento dei gas può creare un vuoto parziale, causando ulteriori danni. Queste caratteristiche rendono le armi termobariche particolarmente efficaci contro fortificazioni come bunker, tunnel e grotte.
Il loro utilizzo
Le armi termobariche hanno origini nella Prima guerra mondiale, quando i proiettili incendiari tedeschi (“Brandgranate”) usavano materiali a combustione lenta, come tessuto impregnato di catrame e polvere da sparo, che bruciavano per circa 2 minuti dopo l’esplosione. Il perfezionamento avvenne negli anni Sessanta con lo sviluppo della CBU-55 da parte degli Stati Uniti, usata nella Guerra del Vietnam per colpire i Vietcong nei tunnel e nelle foreste. Negli anni Novanta, poi, queste armi furono riutilizzate in Iraq e Afghanistan per scovare i seguaci di al-Qaeda nelle grotte. Da parte loro, i sovietici adattarono l’arma americana anche per proiettili anticarro e lanciagranate e la utilizzarono per la prima volta durante la guerra in Afghanistan.
Il quadro giuridico internazionale non proibisce esplicitamente l’uso di armi termobariche nei conflitti armati. Tuttavia, il loro impiego è soggetto a rigide restrizioni derivanti dalle leggi di guerra e dal diritto umanitario internazionale. In particolare, le Convenzioni dell’Aia stabiliscono chiari limiti sull’uso di armamenti che possono causare danni indiscriminati o sofferenze eccessive. Un punto cruciale riguarda l’uso di queste armi contro obiettivi civili. Il diritto internazionale è inequivocabile su questo aspetto: l’impiego di armi termobariche contro la popolazione civile è categoricamente vietato e può essere classificato come crimine di guerra. Rimane il fatto che questi ordigni non rientrano nella categoria delle armi di distruzione di massa, status che le differenzia da armamenti come le armi chimiche, che sono soggette a un divieto totale.
Fonte : Wired