È diventato uno dei principali sostenitori di Donald Trump, ha accusato Kamala Harris di essere “letteralmente una comunista”, ha incitato alle proteste degli estremisti di destra nel Regno Unito, diffondendo fake news, e ridicolizza sistematicamente le persone transgender. Elon Musk ha deciso di incarnare un profilo di ultradestra sempre più spinto, diventando un punto di riferimento non solo per i Repubblicani negli Stati Uniti ma per il polo conservatore a livello globale. Non è detto che un giorno, oltre a twittare e finanziare, non decida lui stesso di dedicarsi alla politica, con un occhio sempre attento ai suoi molteplici affari.
Il percorso politico del miliardario sudafricano non è così lineare. Il suo avvicinamento alle posizioni dell’ultradestra è stato graduale, ma sembra aver subito un’accelerazione negli ultimi anni, in corrispondenza con il processo di transizione della figlia transgender Vivian Jenna Wilson. Un evento che sembra aver inciso profondamente nella vita e nella visione del patron di X, Tesla e SpaceX. Le sue continue interferenze nella politica statunitense ed internazionale non risultano però molto gradite ad alcuni investitori.
Il conflitto con Maduro e il feeling con Milei
L’ultima “censura” ad Elon Musk arriva dal Venezuela. Nicolas Maduro, il presidente venezuelano alle prese con violente proteste dopo il contestato voto di fine luglio, ha vietato per dieci giorni la piattaforma X. Maduro ha accusato espressamente Musk di incitamento all’odio, alla guerra civile e alla morte. Nell’intricata vicenda elettorale del Paese latinoamericano, Musk su X aveva postato: “Vergogna per il dittatore Maduro”. Il presidente venezuelano aveva descritto l’affarista come “l’arcinemico della pace del Venezuela”.
Continua la repressione degli oppositori di Maduro. Molti Stati (Italia inclusa) chiedono verifiche sui voti
Se col politico bolivariano i rapporti sono tesi, c’è un grande feeling invece tra Musk e Javier Milei, il presidente argentino ultraliberale che ha promesso di smantellare lo stato sociale di Buenos Aires. A maggio i due si sono incontrati negli Stati Uniti per due volte in tre settimane. Il presidente argentino all’inizio di quest’anno aveva già aperto la strada a Musk per l’ingresso della società Starlink che offre servizi di connessione internet ad alata velocità. Secondo l’ambasciatore Usa in argentina il magnate “vuole aiutare l’Argentina” e intende “cercare opportunità” nella catena di produzione del litio, che il Paese sudamericano possiede in grandi quantità.
Musk incendia le proteste in Europa
Nelle ultime settimane Musk si è ripetutamente esposto sul social di sua proprietà per supportare le violente proteste scatenate dal gruppo di estrema destra della English defence league, che hanno messo a ferro e fuoco il Regno Unito sulla base di notizie false circolate in seguito all’uccisione di tre bambine durante un corso di danza. La tempistica non sembra casuale. I post arrivano pochi mesi dopo la vittoria dei laburisti di Keir Starmer in Gran Bretagna, dopo oltre un ventennio di dominio del partito conservatore, a giugno severamente punito dalle urne. In questi giorni Musk ha anche pubblicato una notizia, rivelatasi una bufala, sull’intenzione di Starmer di deportare i rivoltosi di estrema destra alle Falkland. Dopo 30 minuti il post è stato rimosso, ma era già stato visto da oltre due milioni di persone.
Le pubblicazioni su X del magnate sudafricano vengono facilmente visualizzate da almeno 50 milioni di persone. Un impatto social incredibile per un privato cittadino. Le ingerenze di Musk non sono piaciute ai liberali europei, che hanno scritto il 9 agosto una lettere indirizzata a Margrethe Vestager, commissaria al Digitale e a Thierry Breton, commissario per il Mercato interno. La presidente di Renew Valérie Hayer e il primo vicepresidente Billy Kelleher, hanno chiesto all’Ue di posizionarsi in maniera più netta contro la piattaforma social X, “per garantire che Elon Musk si assuma la responsabilità delle sue azioni e desista dal promuovere false informazioni in cui chiede la ‘guerra civile’ in Europa”.
Il sostegno di Musk a Trump
Il passaggio cruciale per Musk è stato l’aperto sostegno a Donald Trump, arrivato dopo l’attentato di luglio in cui il tycoon è stato ferito ad un orecchio. Se nelle precedenti sfide elettorali (Trump vs Clinton e Trump vs Biden), il fondatore di Tesla si era astenuto dall’esporsi, stavolta appoggia con chiarezza il “suo uomo” per la Casa Bianca. Un cambiamento di rotta totale rispetto al 2015, quando il miliardario aveva affermato che sarebbe stato “imbarazzante” se Trump avesse vinto la nomination dei Repubblicani, ancor più nel caso di vittoria della presidenza. I tempi sono decisamente cambiati. Oltre che a parole, il passaggio ai repubblicani si è concretizzato in finanziamenti. Come ha ricostruito Business Insider, dalle cifre irrisorie (per le sue tasche) di qualche migliaio di euro, spesso equamente attribuiti anche ai democratici, Musk è passato a supporti da milioni di euro. Pur avendo negato di stanziare 45 milioni di euro al mese per la campagna del tycoon, secondo un’indiscrezione del Washington Post, Musk ha ammesso di sostenere un super comitato di azione politica pro-Trump (noto come Pac) per finanziare il candidato repubblicano.
Perché i milioni donati da Elon Musk a Donald Trump sono un pericolo per la democrazia
Dopo aver acquistato Twitter, ribattezzato X, la solidarietà alle idee nazionaliste di destra sono diventate evidenti, avallando addirittura la “grande teoria della sostituzione” di matrice razzista. Cosa ha spinto il sudafricano a virare rotta in maniera così netta? Indubbiamente gli affari sono in cima ai suoi pensieri e Trump punta a creare un contesto economico e fiscale più favorevole all’uomo più ricco del mondo. A Musk dev’essere andato di traverso l’impegno di Biden in materia di diritti dei lavoratori. Nonostante i sussidi e i contratti governativi ottenuti sia da SpaceX che da Tesla durante l’amministrazione democratica, il rapporto con Trump potrebbe rivelarsi ancora più redditizio. Entrambi hanno riferito di una possibile collaborazione e di un ruolo consultivo nel caso di un ritorno di Trump alla Casa Bianca. Secondo alcuni media statunitensi ad influire sulla parabola a destra di Musk c’è anche una vicenda personale.
La vicenda della figlia trans di Elon Musk
La figlia ventenne del capitalista, Vivian Jenna Wilson pochi anni fa ha deciso di completare il suo percorso di transizione di genere. Un evento vissuto male da Musk, che in un’intervista con il podcaster canadese Jordan Peterson ha affermato di essere stato “ingannato” per firmare i documenti medici per la transizione della figlia, che sarebbe avvenuta durante la pandemia di Covid-19. In trasmissione ha “giurato di distruggere il virus della mente sveglia”. Da tempo Musk non risparmia commenti anti-trans e di stampo denigratorio sui pronomi di genere. Tra gli ultimi post di questo tipo anche uno dedicato ad Angela Carini, contro la pugile algerina Imane Khelif, implicitamente definita un “uomo”. Gli stessi dipendenti di X hanno denunciato che dal momento dell’acquisizione da parte di Musk si sono ridotte le tutele nei confronti delle persone trans all’interno dell’azienda. Le preoccupazioni per i lavoratori della piattaforma sono di portata più ampia.
Absolutely https://t.co/twccUEOW9e
— Elon Musk (@elonmusk) August 1, 2024
La lotta contro gli inserzionisti
Il miliardario ha deciso di ingaggiare una vera e propria “guerra legale” nei confronti di un gruppo di inserzionisti e grandi aziende, che ha accusato di aver “boicottato” illegalmente il sito, coi ricavi pubblicitari crollati di oltre la metà. Tra le società denunciate figurano colossi dell’alimentare quali Unilever e Mars, la società sanitaria privata CVS Health e l’azienda di energia rinnovabile Orsted. È stata citata anche un’associazione di categoria chiamata World Federation of Advertisers (Wfa). Secondo gli esperti risulta improbabile che i legali riescano a dimostrare la collusione tra le aziende, ma anche in tal caso nessuna legge può obbligarli ad investire i loro soldi su X. La loro diffidenza a fare pubblicità sulla piattaforma derivava dal timore che il nuovo proprietario non si impegnasse nel rimuovere i contenuti dannosi online. Musk ha tagliato la testa al toro e ha provveduto lui stesso. Non a rimuovere quei contenuti, ma a diffonderli.
Fonte : Today