Continuano mese dopo mese le imbarazzanti scelte del Governo italiano riguardanti alimenti e prodotti agricoli. Decisioni sovente antiscientifiche, pericolose, autolesioniste, drammaticamente populiste. Basate su superstizioni, dicerie e pregiudizi. Dopo le norme forsennate sulla carne coltivata accompagnate dalle discutibili posizioni ripetute dal Ministro dell’Agricoltura Lollobrigida in difesa del vino, l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni si avventa sul mondo della coltivazione di canapa facendo approvare (come si usa in questi casi, in piena estate nella nottata tra il 31 luglio e il 1 agosto) in Commissione a Montecitorio un emendamento che equipara la cannabis light a quella convenzionale.
Ricordiamo che la cosiddetta cannabis light ha un livello di principio attivo stupefacente (thc) praticamente inesistente, mentre contiene il cannabidiolo (cdb) che ha un effetto non stupefacente ma rilassante. Insomma si tratta di una sostanza che non ha effetti stupefacenti, non crea dipendenza ed è accreditata per apportare alcuni benefici sulla salute. E subisce l’accanimento da parte di uno stato che, in regime di monopolio, commercia sigarette.
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La filiera della canapa in Italia
Quella della coltivazione della canapa, come molti osservatori di ogni colore politico (dal Pd ai Radicali passando per Coldiretti) hanno fatto notare, è una filiera – peraltro storica e interamente italiana – che impiega 13mila addetti, genera 500 milioni di fatturato annuo, coltiva 4mila ettari che in significativa parte erano abbandonati o destinati a colture non più remunerative e rappresenta un caso di successo di riconversione agricola e di trasformazione artigianale e industriale. Un settore che è un caso di successo fin dall’istituzione della legge del 2 dicembre 2016 e che oggi il Governo vuole spazzare via.
Stop alla Cannabis Light. Le responsabilità politiche
Secondo Riccardo Magi dei Radicali una grande responsabilità nell’approvazione dell’emendamento ce l’avrebbe il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Il quale in passato ha sottolineato la presenza di un cambiamento agricolo relativo al principio attivo della pianta di cannabis: “Nei sequestri da parte delle forze dell’ordine riscontriamo che il principio attivo è passato via via da un 7% medio fino ad un 29% per quanto riguarda questa sostanza che viene erroneamente definita una droga leggera, e questo avviene a causa di nuove varietà botaniche OGM. Quando io facevo il magistrato avevamo sequestri con un principio attivo poco sopra l’1% mentre naturalmente la cannabis non supererebbe il 3%”. Per non saper né leggere né scrivere Mantovano ha fatto di tutto per equiparare la cannabis light, quella priva di principio attivo (la cannabis light ha thc inferiore allo 0,2%), a quella pompata fino al 29% mettendo sullo stesso piano i grandi sequestri di stupefacenti con gli oli, le creme o i chewingum a base di cbd.
Perfino Coldiretti contro lo stop alla cannabis light
Intanto, incredibilmente, con questo provvedimento il Governo è riuscito perfino a scontentare i fedelissimi della Coldiretti. “L’emendamento al Ddl Sicurezza, approvato nelle commissioni Affari Costituzionali e Giustizia della Camera, che prevede la stretta sulla cannabis light equiparata a quella non light, mette a rischio la sopravvivenza di un intero comparto impegnato in una coltivazione dove sono stati fatti investimenti significativi. Per questo” afferma Coldiretti “chiediamo la modifica di un emendamento che danneggia pesantemente le aziende agricole. Di fatto l’infiorescenza della canapa rappresenta una parte fondamentale del valore aggiunto della pianta, e vietarne la raccolta e l’essiccazione rischia di far crollare un intero settore dove sono impegnati tanti giovani agricoltori. Coldiretti aveva espresso più volte la necessità di tutele per gli agricoltori che producono canapa in piena legalità, come pure riconosciuto dalla normativa europea, anche per rispondere a mercati come quelli della nutriceutica, della cosmetica, dell’industria o dell’arredo”.
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Fonte : Today