Lo sciopero dei balneari non è andato poi così bene

Il 9 agosto, in seguito allo sciopero dei balneari, alcuni stabilimenti italiani hanno posticipato di due ore l’orario di apertura degli ombrelloni, portandolo alle 9.30, per protestare contro il mancato intervento da parte del governo sulle concessioni balneari. “Se il governo e il Parlamento vanno in ferie noi chiuderemo gli ombrelloni“, si legge nei manifesti affissi all’entrata di molti stabilimenti balneari che aderiscono alla serrata. Le sigle sindacali fanno sapere che lo sciopero si ripeterà ancora tra dieci giorni, ma questa volta sarà di quattro ore (dalle 7.30 alle 11.30) e poi ancora il 29 agosto per altre otto ore (dalle 7.30 alle 15.30), se non dovessero arrivare delle risposte da parte del governo.

Lo sciopero che spacca la categoria

Non tutta la categoria dei balneari però si trova d’accordo sul metodo della protesta. Infatti, mentre Sib-Confcommercio e Fiba-Confesercenti hanno optato per la mobilitazione, altre organizzazioni come Federbalneari, Cna e Assobalneari hanno scelto di non aderire. Quest’ultima sigla, in particolare, ha deciso di non prendere parte all’apertura ritardata degli ombrelloni per evitare disagi ai consumatori.

Anche se valutare la reale diffusione della protesta e gli impatti che questa ha prodotto resta difficile, poiché la serrata è avvenuta a macchia di leopardo. Alcune sigle, come Fiba, affermano che c’è stata una grande adesione con punte che hanno sfiorato l’80% in alcune regioni, mentre altre, come per esempio il Codacons, che sostengono il flop della serrata.

In Liguria e Sardegna si è registrata la più alta partecipazione e sul litorale romano l’adesione è stata quasi totale. Nelle Marche, oltre il 50% degli operatori hanno aderito, mentre in Versilia ha partecipato solamente il 25% degli stabilimenti. Sulla riviera romagnola, i bagnini di Rimini hanno scelto una protesta “soft”, mentre in Calabria e Campania, la protesta è stata quasi assente.

Le motivazioni della protesta

La mobilitazione ruota intorno alla procedura di infrazione europea contro l’Italia per non aver ancora avviato le gare sulle concessioni previste dalla direttiva Bolkestein. Questa direttiva, recepita in Italia nel 2010, mira a favorire la concorrenza e migliorare i servizi ai consumatori, richiedendo bandi di gara regolari per le concessioni su aree pubbliche, incluse quelle balneari. Quest’ultima categoria si è sempre opposta al provvedimento, perché tradizionalmente le licenze dei lidi sono state tramandate di generazione in generazione. Secondo Legambiente, circa il 50% del litorale sabbioso italiano è gestito da stabilimenti balneari, campeggi o imprese simili.

Fonte : Wired