Sciopero balneari, perché mare libero non significa mare povero

L’estate 2024 del mai risolto problema delle concessioni balneari sta prendendo contorni francamente grotteschi, prodotto di una politica che non decide, ma così facendo decide solo di esasperare gli animi. E così da una parte c’è l’annunciato e improbabile sciopero degli operatori di bagni e lidi, che sono imprenditori e quindi non si capisce bene a chi procurerebbero un danno economico chiudendo lettini e ombrelloni nel picco della stagione.

Dall’altra ci sono provocatorie occupazioni di arenili con asciugamani, palette e secchielli messi in fazzoletti di sabbia tra le fila ordinate di ombrelloni, guarda caso di stabilimenti balneari vip come il sempre citato Twiga di Flavio Briatore. Azioni, queste, diciamolo, che solleticano la parte più bassa, la rabbia sociale più facilmente tele-pilotabile, contro i ricconi di turno. Questi “raid” si prendono giusto il plauso di chi – magari più per un colpo di caldo tropicale, che per altro – sogna segretamente di sfregiare la fiancata di una Ferrari, solo per il gusto di fare una grossa marachella, ma rendendosi conto un istante dopo di non aver risolto nulla.

Lo scandalo delle tariffe

Tutto questo, però, è figlio di un solo problema, apparentemente semplice: le tariffe scandalosamente basse a cui lo Stato italiano concede le proprie coste a chi vuole farne un (legittimo) business turistico. Lo Stato dovrebbe pretendere di più, ottenere il giusto compenso per quella concessione e trasformare quegli introiti in servizi ai cittadini. Gli operatori balneari dovrebbero pagare il dovuto senza troppe storie, comprendendo che non esiste un diritto astratto a non pagare un giusto canone, e che pur tra mille contorti ragionamenti la questione alla radice resta poi la stessa: un affitto da una parte purtroppo non richiesto e dall’altra comunque non pagato. Pare semplice, ma non lo è.

Ospiti gratis anche nelle spiagge Vip – di C. Treccarichi

In quest’estate 2024 il dibattito sulle concessioni balneari sta poi prendendo una nuova e buffa coloritura pauperista, forse sull’onda di aver sfregiato la “Ferrari-Twiga” e lidi di pari o inferiore livello, ma comunque cari. Una piega un po’ ipocrita, e che non ha niente di romantico o col sapore “dei bei tempi andati quando le spiagge erano selvagge e ci divertivamo lo stesso”. Si sta infatti trasformando questo dibattito su un equo compenso per l’uso di un bene pubblico, in uno su un supposto diritto ad avere spiagge con meno attrezzature turistiche, distese di sabbia illusoriamente libere solo perché non ci sono cancelli all’ingresso, anche se poi c’è il niente dentro.

Il turismo moderno e le sue opportunità

Con la doverosa premessa che va fermata l’aggressione alla spiaggia libera e che spetta allo Stato tutelare questo bene dalla speculazione balneare, con uguale onestà bisogna dire che gli attuali stabilimenti balneari non sono certo tutti il Twiga, e se hanno il tutto esaurito a Ferragosto non è determinato da chi non ha alternative se vuole andare al mare, ma da chi richiede che la spiaggia non sia solo sabbia-sole-mare. Come se la grande maggioranza del turismo ex di massa del XXI secolo non chiedesse servizi sempre più alti, più personalizzati – “esperienze” come dicono da oltre vent’anni gli esperti di questo comparto economico – e non fosse disposto di conseguenza a pagare di più per la qualità, magari nell’unica settimana che ci si concede al riposo e qualche coccola.

Così tutti possono andare al mare senza pagare – di C. Treccarichi

E a ben vedere se tantissime mete turistiche oggi competono alla pari con l’Italia, e spesso la superano anche se, in modo vistoso, hanno meno attrazioni naturalistiche, meno coste, meno luoghi dell’arte, è perché la lezione della vendita di un’esperienza turistica, e non di uno servizio lettino+ombrellone l’hanno capita fino in fondo. Pensare a qualcosa di diverso oggi vorrebbe solo dire tornare indietro, non considerare la costa come il luogo necessario dell’industria italiana più florida, più green e più “distributiva” dei suoi vantaggi tra la popolazione, spesso piccole comunità rivierasche che presidiano il loro territorio tutto l’anno. Insomma, non buttiamo via il turismo moderno e le sue opportunità assieme alle concessioni balneari. Il mare libero non deve portare a un mare povero.

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Fonte : Today