AGI – Rimane “aperto lo spazio per la ricerca di mediazioni sul piano legislativo, secondo il tradizionale principio delle ‘leggi imperfette’ “. Così monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, nell’introduzione al “Piccolo lessico del fine-vita”, libro che offre chiavi d comprensione, per orientarci in un dibattito complesso. Il libro propone una serie di voci esplicative e di approfondimenti rigorosi, che si avvalgono dei più recenti dati scientifici, su temi come “Cure palliative”, “Eutanasia”, “Stato vegetativo” o “Sedazione palliativa profonda”. E ancora: “Disposizioni anticipate di trattamento (DAT)”, “Cremazione”, “Nutrizione e idratazione artificiali (NIA)”, “Proporzionalità dei trattamenti”. Intende, in questo modo, contribuire, con un linguaggio comprensibile, a chiarire diverse tematiche e il senso di alcune parole che a volte vengono utilizzate con significativi diversi. L’obiettivo è quindi aiutare chi cerca di orientarsi nella giungla di queste tematiche intricate, in modo da ridurre almeno quella componente di disaccordo che dipende da un uso impreciso delle nozioni implicate nel discorso.
“Un tentativo che riguarda anche le affermazioni che vengono talvolta attribuite ai credenti e che non raramente sono invece frutto di luoghi comuni non adeguatamente scrutinati”. “La libertà implica sempre l’esigenza di essere responsabili della vita: in me e nell’altro, indissolubilmente”, scrive Paglia che sottolinea come questa “prospettiva” non collimi “con una concezione individualista, che tende a ridurla alla solitudine dell’autodeterminazione assoluta e cede alla volontà di potenza dell’amore di sè, senza riguardo per la vulnerabilità alla quale espone gli affetti dell’altro. Siamo tutti radicalmente relazionati. Non disponiamo di noi stessi nel vuoto di ogni legame: essere responsabili di fronte a sè stessi – lo si voglia o no – è sempre un modo di essere responsabili – o irresponsabili – verso altri. È così che viviamo, noi umani: fino alla fine”.
Per il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, questo richiamo alla relazione “non riguarda solo i rapporti interpersonali, ma l’intera vita sociale”. “Nell’affrontare i temi evocati dalle singole parole – scrive monsignor Paglia -, questo lessico tiene conto del contesto pluralista e democratico delle società in cui in cui il dibattito si svolge, soprattutto quando si entra nel campo giuridico”. “I diversi linguaggi morali non sono affatto incomunicabili e intraducibili, come alcuni sostengono; lo sforzo che ciascuno compie per comprendere le ragioni dell’altro e per accettare il dialogo con chi la pensa diversamente, favorisce il confronto e una almeno parziale condivisione delle ragioni valide in favore dell’una o dell’altra scelta”.
“La discussione aperta e rispettosa conduce a un dialogo pubblico capace di influenzare positivamente anche le decisioni politiche, mostrando come le mediazioni tra diverse posizioni non sono necessariamente destinate ad assumere la figura scadente di un compromesso al ribasso o della negoziazione per uno scambio di favori politici”. “Il dialogo appassionato e approfondito, che non si arrende all’ideologia preconfezionata e faziosa, può condurre ad autentiche soluzioni condivise”, aggiunge. In altri termini, “il dialogo sinceramente orientato dal rispetto dell’umano che è comune – precisa Paglia – genera un percorso di apprendimento reciproco: non solo tra cattolici e non cattolici, ma tra tutti i portatori di diverse prospettive morali e differenti comprensioni del bene. Questo confronto fornisce quindi un contributo alla convivenza in una società complessa che, al di là delle ideologie e della stessa secolarizzazione, assume con vigilante consapevolezza e matura responsabilità la ricerca di forme concrete e praticabili del bene comune e dell’amicizia sociale”.
Fonte : Agi