La medaglia olimpica più stregata dello sport azzurro

Niente da fare, neanche questa volta potremo vedere i pallavolisti azzurri con l’oro al collo. La medaglia più stregata dello sport italiano rimane quella del volley maschile. Non esiste un’attesa più dolorosa. Pure l’Italia allenata da Fefè De Giorgi – spazzata via dai padroni di casa della Francia per 3-0 – si è fermata alle porte dell’Olimpo, costringendoci a puntare tutto sulla finalina per il bronzo contro gli Usa che si giocherà venerdì 9 agosto.

È da Barcellona 1992 che l’Italvolley e i tanti appassionati di casa nostra attendono di coprire una casella mancante, diventata una ossessione quando la “Generazione dei Fenomeni”, guidata da Julio Velasco, mieteva successi in serie tra Europei, Mondiali e World League. Una cavalcata che già nel ’92 avrebbe potuto portare in dote il traguardo, ma i rimpianti più amari sono soprattutto nei confronti di Atlanta 1996, quando gli eterni rivali dell’Olanda ci beffarono nel quinto set, dopo averci fatto assaggiare l’ebbrezza del match point.

Come spiega lo stesso Velasco nel bel documentario in onda attualmente su Raiplay, da quel momento in poi, qualsiasi cosa facesse nella sua vita, avrebbe sempre trovato qualcuno lungo la strada a ricordargli l’amara sconfitta americana: “Eh però, quell’oro mancato ad Atlanta…”. Una maledizione, una ossessione, per la nazionale di pallavolo più forte del ventesimo secolo.

Nazionale che ha portato, negli anni a venire, migliaia di ragazzi a preferire il volley al calcio e al basket. Tanto che, al contrario della pallacanestro, una compagine azzurra tra le prime del mondo c’è sempre. Nei momenti più opachi, quantomeno la troviamo tra le migliori europee. Siamo sempre lì, ce la giochiamo fino in fondo. Ci inseriamo tra i favoriti e anche gli avversari la pensano così.

Però l’oro ai Giochi non è mai arrivato: argento ad Atlanta, bronzo a Sidney, argento ad Atene, bronzo a Londra, argento a Rio. Mondiali ed Europei fanno bello sfoggio nella ricca bacheca azzurra, ma nè Zorzi, né Tofoli, nè Sartoretti nè Quantorena, nè Zaytsev nè Vermiglio, hanno potuto indossare il metallo più prezioso. Almeno per il momento non vedremo sorridenti, con l’oro, manco Giannelli e Michieletto. Che peccato, che delusione. Solo lacrime. Abbiamo vinto sei medaglie nella nostra storia, come Brasile e Unione Sovietica, ma nessuna luccica quanto vorremmo.  

Dopo un girone perfetto che aveva fatto salire ulteriormente le nostre quotazioni, le prime crepe si sono viste ai quarti di finale con il Giappone nei primi due set, vissuti in balia degli avversari. Il tracollo è poi arrivato contro i francesi, trascinati dal pubblico casalingo. Gli “occhi della tigre” che trent’anni fa chiedeva Velasco li avevano senz’altro i transalpini Ngapeth e Clavenot.

Così toccherà vedere da lontano la Polonia, massacrata proprio dagli azzurri nella prima fase, cercare di mettere i bastoni tra le ruote ai campioni olimpici uscenti allenati da Andrea Giani, l’unico italiano che può ancora ambire a quel traguardo che sfugge da sempre ad ogni azzurro: l’oro.

Proprio lui che schiacciò fuori dall’asta quel disgraziato ultimo pallone ad Atlanta ’96 che, da allora, guasta il sonno a migliaia di appassionati. Ma forse c’è un modo per non pensare a quanto sia stregato per il movimento azzurro questo stramaledetto sogno olimpico: tifare con il cuore per la Nazionale che allena ai giorni nostri Velasco. Forza ragazze, fateci dimenticare l’antipatico incantesimo del volley tricolore alle Olimpiadi.

Fonte : Today