Maia ha imparato l’italiano e il francese grazie al lavoro di insegnanti madrelingua che l’hanno aiutata a capirne le peculiarità, dovrebbe essere in grado di comprenderle meglio e dunque di rispondere meglio alle domande in queste due lingue. Oltre che ovviamente in inglese. Maia è un’intelligenza artificiale generativa, come le più note ChatGPT o Gemini, ma con alcune caratteristiche che la differenziano dalle altre.
Sviluppata dall’americana My Maia insieme con l’italiana Synapsia, Maia è frutto dell’impegno di un team di cui fanno parte anche una trentina di italiani e dell’investimento di 6 milioni di euro negli ultimi due anni, gran parte dei quali dedicati a ricerca e sviluppo. Disponibile anche come app per Android e iOS, ha recentemente beneficiato di un aggiornamento che ha introdotto miglioramenti dell’interfaccia e l’ha appunto dotata di alcune funzionalità inedite e interessanti, come la possibilità di vedere gli allegati delle chat di WhatsApp.
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Una interprete per le altre IA
Per capire il funzionamento di Maia è importante capire che cos’è e che cosa fa: è una sorta di aggregatore di intelligenze artificiali, nel senso che si appoggia a 5 modelli linguistici più grandi (oltre a quello di OpenAI, anche LLama3, Phi3, Gemma e Zephir) per dare all’utente le risposte che sta cercando. Decidendo lei quale usare di volta in volta: “Utilizziamo un nostro software, che abbiamo chiamato Maister, che lavora come un regista e fa un po’ da filtro fra la richiesta dell’utente e l’LLM di destinazione – ci ha spiegato Stefano Mancuso, il direttore operativo di Synapsia, che avevamo inserito nella nostra lista dei 500 italiani che contano nel mondo delle IA – Attraverso Maister, Maia sceglie quello più adatto a rispondere fra i 5 a disposizione e poi fornisce l’informazione richiesta”. Nella nostra esperienza, questo si traduce in un tempo di risposta lievemente più lungo rispetto a quello cui siamo abituati con ChatGPT o Gemini, ma si parla comunque di un totale di 3-4 secondi.
Non è tutto qui, perché Maia si appoggia anche a un LLM dedicato, chiamato Magiq (per le immagini, Magiq Fusion), che è derivato da Mistral ma è stato addestrato con specifica attenzione alle lingue e con 400mila esempi che nelle intenzioni dovrebbero permetterle di “affrontare un maggior numero di situazioni e di rispondere in modo ancora più accurato alle domande”. Che è poi il punto fondamentale, anche se per la ragione opposta rispetto a quella cui saremmo portati a pensare: “Il vantaggio dato dal capire l’italiano e dall’essere stata addestrata e personalizzata sull’italiano – ci ha ricordato Mancuso – non è tanto nella qualità dell’output (della risposta, ndr) ma nel capire l’input (la domanda, ndr)”. In sintesi: Maia dovrebbe essere più brava nelle risposte in italiano perché dovrebbe essere più brava a capire le domande.
Il collegamento con WhatsApp e YouTube
Da questo punto di vista, l’intelligenza artificiale sviluppata insieme con il team di Synapsia sembra avere qualche vantaggio rispetto alle altre IA, che tendenzialmente studiano e apprendono in inglese. Ma qual è, fra le altre, quella che se la cava meglio con la nostra lingua? “Nella nostra esperienza, a oggi ChatGPT è forse quella che funziona meglio con l’italiano – ci ha spiegato Mancuso – Mistral è però la più semplice da riaddestrare (per farne versioni tarate su italiano e francese, ndr) e Llama 3.1 di Meta è in generale molto, molto veloce”.
Maia ha però altre frecce al suo arco, come alcune funzionalità che le rivali non hanno. Per esempio, la possibilità di un collegamento diretto con alcune fra le app più diffuse e utilizzate, come WhatsApp, Telegram e YouTube. In un certo senso, Maia legge le chat di WhatsApp, che a dirlo è interessante ma pure un po’ inquietante. Anche se in realtà non è proprio così: “Maia non accede alle chat e non legge le conversazioni ma solo il singolo contenuto che l’utente decide di farle vedere”, ci ha chiarito Mancuso. Nella pratica, funziona così: se si riceve un file attraverso WhatsApp, evidenziandolo e cliccando su Condividi, fra le opzioni compare anche l’icona di Maia, che potrà visualizzarlo e farne varie cose. Descrivi se si tratta di una foto, Riassumi o Trascrivi nel caso di un vocale e così via. Lo stesso si può fare con un video di YouTube: lo si può condividere con Maia, oppure incollare l’indirizzo in una conversazione con l’IA, per farselo raccontare o per farsi riassumere i punti salienti.
Tutto questo, secondo quanto spiegato, dovrebbe avvenire nel rispetto della privacy dell’utente, che è un aspetto che abbiamo notato anche in fase di registrazione di un account. Non si può fare Accedi con e usare le credenziali di Facebook o Google, sia perché così c’è maggiore riservatezza (le ragioni le abbiamo spiegate qui) sia perché Maia ha bisogno di qualche dato per funzionare meglio: l’età, perché il servizio è riservato ai maggiorenni (che è una cosa con cui anche ChatGPT è dovuta scendere a patti), e alcune informazioni per personalizzare l’esperienza. In che senso? “Tracciamo un profilo dell’utente, facendo alcune domande che ci aiutano a conoscerlo meglio, così che Maia possa tarare le risposte su chi la interpella, sui suoi interessi e sulle sue inclinazioni. Questo ci aiuta anche a rendere le risposte più omogenee fra loro, che è una cosa che con le IA generative è sempre difficile ottenere”.
Quanto costa usare Maia
Come più o meno tutte le intelligenze artificiali generative, anche Maia è utilizzabile gratuitamente oppure pagando: entrambe le versioni danno l’accesso a tutti e 5 i modelli di linguaggio elencati prima, quella Free mette a disposizione un carnet di 50 immagini e 5 MB di documenti al mese e quella Plus (che costa 14,99 euro al mese) porta queste soglie a quota 3000 e 100 MB.
Mancuso ci ha anticipato che “da novembre metteremo Maister a disposizione delle aziende, piccole o grandi, che potranno acquistarlo e usarlo per integrare l’IA nei loro flussi di lavoro”, una sorta di consulenza personalizzata che “da sola costerebbe almeno 25mila euro”. Un po’ come cerca di fare Maia per i singoli utenti, anche nel mondo business l’idea sembra quella di “democratizzare l’IA, anche con funzioni che ne semplificano l’utilizzo”.
Fonte : Repubblica