Incuranti della guerra, molti cittadini espatriano nella ex Birmania in cerca di lavoro ma finiscono nelle reti di trafficanti. Almeno 40 liberati negli ultimi giorni, ma a decine sono ancora in condizioni di prigionia. L’appello (vano) a cercare lavoro in agenzie registrate presso l’Ufficio per l’impiego all’estero dello Sri Lanka (Slbfe).
Colombo (AsiaNews) – Incuranti degli appelli all’allerta per la guerra in corso e al fenomeno sempre più frequente del traffico di vite umane, che registra un aumento progressivo nel continente, i cittadini dello Sri Lanka continuano a guardare al Myanmar in cerca di lavoro il più delle volte con mezzi illegali. Solo nell’ultimo periodo 89 connazionali hanno viaggiato, da clandestini, nel Paese del Sud-est asiatico in cerca di occupazione, alcuni dei quali finiti nelle mani dei gruppi combattenti dell’ex Birmania. Colombo e Naypyidaw sono riusciti a ottenere la liberazione di 40 fra loro, e ora risultano trattenuti nella centrale di polizia a Myawaddy, ma almeno altri 54 sono tuttora trattenuti in condizioni di prigionia.
Il governo ha ribadito una volta di più che è sconsigliato cercare lavoro in Myanmar con mezzi illegali e invita chiunque abbia informazioni sul traffico di esseri umani a contattare il ministero della Difesa o il Criminal Investigation Department (Cid). Interpellati da AsiaNews alti funzionari del ministero degli Esteri di Colombo spiegano che “i cittadini dello Sri Lanka continuano a entrare in Myanmar con vari mezzi illegali utilizzando visti aperti in cerca di lavoro, nonostante gli avvertimenti di agenzie nazionali e internazionali”.
La fonte riferisce che “56 giovani dello Sri Lanka, prevalentemente maschi e femmine, sono stati arrestati in un’area controllata da un gruppo di miliziani vicino al confine tra Myanmar e Thailandia”. La zona è identificata come “Cyber Criminal Area” su Google Maps. ”Questi individui – aggiunge – sono stati attirati da promesse di impieghi lucrativi nel settore dell’Information Technology in Thailandia, ma si trovano in una situazione precaria in quanto impiegati in attività illegali” e risultano essere vittime del traffico di vite umane.
Intanto, la scorsa settimana il ministro degli Esteri Ali Sabry ha riferito in Parlamento che “tre srilankesi sono partiti per il Myanmar da Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, via Bangkok, in Thailandia, la settimana precedente, nonostante gli avvertimenti” sul racket di vite umane.
Egli ha quindi avvertito i cittadini a non recarsi in Paesi terzi con un “visto aperto” e di cercare lavoro solo ed esclusivamente attraverso le agenzie registrate presso l’Ufficio per l’impiego all’estero dello Sri Lanka (Slbfe).
Recentemente, un gruppo di tamil originari di Jaffna, nel nord dell’isola, è rimasto intrappolato in modo simile. Il tema dei migranti intrappolati nel traffico di vite umane ha avuto ampia eco sui media locali in lingua sinhala, per questo i tamil sono rimasti spesso all’oscuro. Nel frattempo, in occasione della 10ma Giornata mondiale contro la tratta di persone che si è celebrata il 30 luglio scorso, la Rete Voice of Migrant (Vom) dello Sri Lanka ha sottolineato che lo Stato si concentra principalmente sulle entrate dei lavoratori migranti. In questo modo, avvertono gli attivisti, finisce per trascurare “il loro benessere”, cui si somma la mancanza di una adeguata banca dati per “identificare e assistere” le persone intrappolate all’estero. Un problema, aggiunge Vom, che minaccia il “tessuto sociale” del Paese.
La Vom ha inoltre evidenziato la difficoltà di raccogliere dati su quanti hanno lasciato l’isola a causa della mancanza di informazioni da parte delle istituzioni statali e ha sottolineato l’importanza di promuovere una migrazione sicura. “È necessario che lo Slbfe attui una strategia di migrazione sicura. Sebbene si siano impegnati in numerose iniziative, queste non hanno avuto un impatto sufficiente. La rete Vom ha condotto diverse campagne di sensibilizzazione in tutte le parti del Paese e ha consegnato lettere ai funzionari delle segreterie distrettuali e degli uffici regionali Slbfe esortandoli a lottare contro la tratta di esseri umani e a chiedere la loro collaborazione. È stato lanciato un programma di affissione di striscioni in alcune città selezionate per sensibilizzare l’opinione pubblica su questo problema critico”.
Secondo fonti dell’Ufficio per l’impiego all’estero dello Sri Lanka vi sono due categorie di lavoratori migranti: quelli registrati e gli altri che non lo sono. Questi ultimi viaggiano spesso con visti turistici e incontrano problemi nelle loro destinazioni finali, spesso partendo attraverso agenzie di lavoro non registrate. I problemi sorgono quando incontrano difficoltà all’estero. La risposta standard della SLBFE è quella di chiedere se il lavoratore è registrato presso di loro. In caso di risposta negativa, non si assumono alcuna responsabilità né si impegnano a risolvere i loro problemi”. Ma questo è inaccettabile, concludono gli attivisti, perché lo Stato ha un dovere nei confronti di tutti i suoi cittadini, soprattutto perché beneficia delle loro entrate.
Fonte : Asia