Arbre Magique è l’icona pop delle auto. E fa ciao ciao agli snob dallo specchietto retrovisore

È il 1952 quando il chimico di origini tedesche Julius Sämann, ha un’intuizione che avrebbe cambiato la qualità degli spostamenti in auto di milioni di persone: Arbre Magique. Un profumatore per ambienti a forma di alberello. Sämann è da anni impegnato nello studio degli aromi delle conifere nelle foreste canadesi. Che si ritrovano nella silhouette del celebre diffusore a forma di conifera che per decenni ha contribuito a plasmare il nostro immaginario collettivo; oscillante senza tregua dallo specchietto retrovisore, spesso intrecciato ad altri alberelli esauriti dall’esposizione, Little Tree – così è conosciuto nel mondo anglosassone – nacque a ridosso del boom economico, negli anni del benenessere, grazie al contributo di un lattaio incontrato da Sämann, che lamentandosi dell’odore emesso dai prodotti caseari che trasportava sulla propria camionetta spronò l’imprenditore-chimico a trovare una soluzione efficace.

La storia

E proprio il boom economico fece da volano alla diffusione di questo piccolo oggetto: Arbre Magique fu lanciato sul mercato nel pieno sviluppo dell’industria automobilistica degli anni ’60 e ’70, garantendone il successo su larga – anzi, larghissima – scala. Quando arrivò in Italia, nel ’64, il Paese era nel pieno del boom: gli anni delle prime vacanze d’agosto, degli esodi sull’Autostrada del Sole; anni di finestrini abbassati e lunghe attese per raggiungere le meritate ferie di una classe operaia nel pieno del proprio romanzo di formazione.

Tra i primi a scoprire il potere degli alberelli profumati, dall’altra parte dell’Atlantico, furono invece i tassisti di New York, che lo aggiungevano alle loro auto come servizio aggiuntivo per i passeggeri, in un’epoca in cui sui taxi si poteva mangiare, fumare e non vigevano certo le regole di civiltà a cui prestiamo attenzione oggi. È così che si è creato un legame indissolubile tra il profumatore e la vita urbana e frenetica della Grande Mela, andando ad arricchire, anche grazie al cinema, un immaginario, uno status symbol che resiste ancora oggi.

Il boom economico, certo, ma c’è da credere il successo non sarebbe stato eguale senza quell’aria così catchy e pop degli alberelli: sono gli anni delle serigrafie di Andy Warhol e Roy Lichtenstein, dei colori primari della pop art, un’arte che grazie alle immagini tratte dalla cultura di massa e popolare si mixa a oggetti prodotti a scopo commerciale. Ecco che questi piccoli alberelli sagomati e colorati, che enfatizzano elementi banali e primordiali (d’altronde cos’è, la sagoma di un pino, se non l’emblema iconografico dell’Idea di albero) e kitsch, sono elevati a prodotto di consumo e design. L’Arbre Magique come emblema dello spirito di un’epoca alla ricerca di leggerezza e profitto, semplicità e sofisticatezza.

Icona pop

Non è facile stimare quanti alberelli siano stati venduti in oltre 70 anni di storia: solo nel 2023, in Italia, ne sono stati acquistati più di 12 milioni. Tra le 31 fragranze disponibili sul mercato oggi, le più amate nel nostro Paese rimangono le classiche Vaniglia, Sport e Lavanda, ormai salde in testa alle classifiche da tempo, mix perfetto tra tradizione e modernità. Oltre ai più classici aromi, esistono linee di prodotto più ricercate, come la recente fragranza Supernova, ispirata al profumo delle stelle, lanciata nelle scorse settimane per celebrare i primi 60 anni di Arbre Magique in Italia.

Ma il mito degli alberelli, dai Tappetini nuovi Arbre Magique di Max Pezzali all’Arbre Magique al muschio selvatico di Calcutta, passando per film come Seven in cui il killer ne usa a decine per provare a coprire l’odore di un cadavere – continua a popolare l’immaginario di artisti e persone comuni, contribuendo a enfatizzare un culto animato anche da lanci dedicati a occasioni speciali, come le limited edition natalizie o quelle legate al calcio, (celebre, lo scorso anno, quella per festeggiare la vittoria dello scudetto del Napoli), o ancora i campionati europei di calcio o le Olimpiadi del 2024. Insomma, gli Arbre Magique sono qui per restare, ancora (e ancora) a lungo.

Fonte : Wired