Il governo italiano sta valutando una riforma della tassa di soggiorno, come emerge da una nuova bozza di decreto nota come “decreto d’agosto”. La proposta prevede la possibilità di estendere la tassa a tutti i 7904 comuni italiani che desiderano applicarla, non limitandola più solo ai capoluoghi e ai comuni turistici. Inoltre, si prospetta un aumento significativo degli importi: per pernottamenti sotto i 100 euro si pagherebbe fino a 5 euro, per stanze tra 100 e 400 euro fino a 10 euro, per sistemazioni tra 400 e 750 euro fino a 15 euro, e un massimo di 25 euro al giorno per hotel di lusso con tariffe oltre i 750 euro a notte. Un’altra novità riguarda l’utilizzo dei fondi raccolti: gli incassi potrebbero essere destinati non solo al settore turistico ma anche alla gestione dei rifiuti.
La reazione del settore turismo
La proposta ha già suscitato forti reazioni nel settore alberghiero. Federalberghi – l’associazione nazionale che rappresenta gli albergatori e le imprese del settore dell’ospitalità in Italia – si oppone fermamente alla misura. Anche perché “sono trascorsi solo pochi mesi da quando, in vista del Giubileo, il tetto massimo è stato elevato del 40%, passando da 5 a 7 euro per notte e per persona ed è stata introdotta la possibilità di utilizzarla per coprire i costi della raccolta rifiuti, snaturando le finalità dell’istituto“. Con la nuova modifica, spiegano gli albergatori, per una camera in un hotel a tre stelle al prezzo di 100 euro, si dovranno pagare fino a 10 euro per notte, “come se da un giorno all’altro il peso dell’Iva, che è pari al 10%, venisse raddoppiato“. In risposta, il Ministero del turismo italiano ha cercato di placare le polemiche, chiarendo che “non si sono ancora concluse le interlocuzioni con le associazioni di categoria e gli altri attori istituzionali in vista di una possibile proposta di modifica della disciplina dell’imposta di soggiorno. Il dialogo proseguirà a settembre“.
La situazione attuale
Nel 2023, l’imposta di soggiorno ha generato entrate per 702 milioni di euro. Grandi città come Roma, che applica una tariffa media di 5,5 euro (aumentata a 10 euro per le strutture di lusso), hanno incassato oltre 100 milioni di euro annui da questa tassa.
Attualmente, l’imposta varia da 1 a 10 euro per notte, a seconda della località e del tipo di struttura. Reintrodotta nel 2011 dopo vent’anni di abolizione, la tassa è stata adottata da numerosi comuni italiani. Per implementarla, ogni città deve approvare una specifica delibera. Tra le principali destinazioni turistiche che applicano questa tassa figurano Milano, Roma, Firenze e Venezia. La tassa si applica a tutti gli ospiti di strutture ricettive nei comuni che l’hanno adottata. Questo include una vasta gamma di alloggi: dagli alberghi tradizionali agli agriturismi, dai bed&breakfast alle abitazioni affittate tramite piattaforme come Airbnb.
Fonte : Wired