Si preannuncia un mese difficile per Google. Nella giornata di ieri, infatti, il giudice Amit P. Mehta della Corte distrettuale degli Stati Uniti ha stabilito che il colosso tecnologico ha agito illegalmente per assicurarsi, e mantenere, il monopolio nella ricerca online. “Dopo aver attentamente considerato e soppesato le testimonianze e le prove, la Corte giunge alla seguente conclusione: Google è monopolista, e ha agito come tale per mantenere il suo monopolio”, si legge nella sentenza di 277 pagine scritta dal giudice. Una decisione importante quella di Mehta, che arriva dopo un processo cominciato nel settembre 2023 e durato ben 10 settimane, in cui Google ha dovuto affrontare il dipartimento di Giustizia in quello che sembra essere uno dei più grandi casi antitrust della storia recente degli US.
Stati Uniti vs Google
Facciamo un passo indietro rispetto alla sentenza del giudice Mehta. Tutto è cominciato nel 2020, quando il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha accusato Google di agire illegalmente per mantenere il suo monopolio nella ricerca online, arrivando addirittura a pagare miliardi di dollari l’anno ad Apple, Samsung e Mozilla per essere il motore di ricerca predefinito sui loro dispositivi e browser web. Secondo quanto riportato da TechCrunch, infatti, nel 2021 il gigante ha speso ben 26 miliardi di dollari per essere il motore di ricerca di default sui dispositivi Apple e Android. E nel 2023, secondo il New York Times, l’azienda ha pagato 18 miliardi di dollari solo a Cupertino, pur di assicurarsi una posizione preminente nel mercato dei motori di ricerca.
Considerate queste cifre, non stupisce che già quattro anni fa il dipartimento di Giustizia statunitense abbia accusato Google di detenere in maniera del tutto illecita una posizione dominante nel settore, riducendo al minimo le possibilità di competizione per i suoi rivali. Un monopolio costruito illecitamente, che ha permesso al colosso tecnologico non solo di incrementare le sue entrate, ma anche di avere l’accesso esclusivo a un’enorme quantità di dati degli utenti. “Questi punti di accesso alla ricerca sono preimpostati con un motore di ricerca ‘predefinito’ – si legge, infatti, nella sentenza di Mehta –. L’impostazione predefinita è una proprietà estremamente preziosa. Poiché molti utenti si limitano a cercare con il motore predefinito, Google riceve miliardi di query ogni giorno attraverso questi punti di accesso. Da queste ricerche Google ricava un volume straordinario di dati sugli utenti. Utilizza poi queste informazioni per migliorare la qualità della ricerca”.
Il futuro di Google
A distanza di quattro anni dall’accusa del dipartimento di Giustizia contro Google, ecco arrivare la sentenza definitiva del giudice federale. “Ha violato la Sezione 2 dello Sherman Act”, scrive Mehta, stabilendo che l’azienda ha infranto la normativa che rende illegale per qualsiasi persona o azienda monopolizzare, tentare di monopolizzare o cospirare per monopolizzare un settore di mercato. Per il momento, però, al di là della sentenza, il giudice non ha ancora annunciato nessuna azione nei confronti di Big G, che potrebbe trovarsi in una situazione davvero scomoda se finisse con il perdere il suo predominio come motore di ricerca. “Ad esempio, Google ha previsto che la perdita del ruolo di motore di ricerca predefinito su Safari comporterebbe un calo significativo delle query e miliardi di dollari di mancati introiti“, si legge nella sentenza stessa.
Di tutta risposta, il presidente degli affari globali di Google Kent Walker ha fatto sapere che l’azienda è intenzionata a presentare ricorso. “Apprezziamo la constatazione della Corte secondo cui Google è ‘il motore di ricerca di maggiore qualità del settore, che ha fatto guadagnare a Google la fiducia di centinaia di milioni di utenti ogni giorno’, che Google ‘è da tempo il miglior motore di ricerca, in particolare sui dispositivi mobili’, che ‘ha continuato a innovare nel campo della ricerca’ e che ‘Apple e Mozilla valutano occasionalmente la qualità della ricerca di Google rispetto ai suoi rivali e ritengono che quella di Google sia superiore’ – ha dichiarato Walker –. Alla luce di ciò, e del fatto che le persone cercano informazioni in modi sempre più numerosi, intendiamo presentare ricorso. Nel corso di questo processo, continueremo a concentrarci sulla realizzazione di prodotti che le persone trovano utili e facili da usare”.
Una dichiarazione che non sorprende affatto. D’altronde, è ovvio che Google sia pronta a fare tutto quello che è in suo potere per mantenere il primato del suo motore di ricerca. Proprio come sembrerebbe aver fatto finora.
Fonte : Wired