“Il mercato delle neurotecnologie è in rapida evoluzione, alimentato dall’interesse crescente generato da aziende di enormi dimensioni e dalle grandi potenzialità finanziarie. Questo ha creato opportunità significative ma anche aspettative elevate: è essenziale, però, mantenere un equilibrio tra entusiasmo e realismo, assicurando che le tecnologie sviluppate siano sicure, efficaci e pronte per l’uso clinico senza creare false aspettative tra i pazienti”.
Come possiamo comunicare in modo realistico queste tecnologie, senza alimentare false speranze, considerando che sono ancora lontane dall’essere disponibili sul mercato?
“Occorre chiarire fin dall’inizio che queste tecnologie, sebbene promettenti, richiedono ancora diversi anni di sviluppo prima di essere disponibili sul mercato clinico e poter costituire quindi uno strumento per favorire il benessere dei pazienti. Le istituzioni e le aziende devono essere trasparenti riguardo ai tempi necessari per passare dalle fasi di sperimentazione a quelle di applicazione pratica. Anche se alcune aziende come Neuralink stanno facendo progressi rapidi, ci vorranno comunque dai 5 ai 10 anni per avere un prodotto clinicamente utilizzabile. È importante sottolineare che il percorso di sviluppo include numerosi passaggi, tra cui trial clinici, test di sicurezza e biocompatibilità, oltre alla conformità alle regolamentazioni per i dispositivi medici. Inoltre, bisogna comunicare chiaramente che la ricerca in neurotecnologie invasive, come quelle che coinvolgono impianti cerebrali, deve affrontare sfide significative legate alla risposta del tessuto e alla stabilità del dispositivo.
“Mentre ci sono sviluppi paralleli promettenti, come quelli del Politecnico di Losanna che ha dimostrato la possibilità di decodificare l’intenzione di movimento e stimolare la colonna vertebrale per recuperare funzioni motorie, è cruciale non creare aspettative irrealistiche. Bisogna spiegare che il settore delle neurotecnologie, a differenza di altri come l’automotive, è ancora poco strutturato e richiede una maggiore organizzazione e assunzione di rischi per portare le innovazioni dalla fase di ricerca a quella clinica. È essenziale, anche, che le comunicazioni includano informazioni sui progetti e collaborazioni in corso, come quelli supportati dall’European Innovation Council, per dimostrare l’impegno continuo verso l’avanzamento tecnologico, senza però promettere soluzioni immediate”.
Qual è la frontiera della ricerca scientifica e tecnologica nelle neurotecnologie e qual è il legame tra Corticale e l’Iit in questa fase della sperimentazione clinica?
“La stabilità dei dispositivi impiantati è una delle principali sfide, con tecnologie che cercano di ridurre la risposta del tessuto tramite dispositivi flessibili e di dimensioni ridotte. Questi dispositivi devono rispettare specifiche rigorose di consumo energetico, di dimensioni e di interazione con i tessuti cerebrali. Un altro importante filone di ricerca è la modulazione dell’attività elettrica del cervello, con particolare attenzione alla stimolazione precisa dei circuiti neuronali per trattare patologie come il Parkinson e la depressione. Gli approcci neuroscientifici cercano di comprendere i meccanismi alla base delle funzioni cognitive e delle patologie, mentre l’approccio delle brain-computer interfaces (BCI) analizza il cervello come una black box da cui ottenere segnali empiricamente. Aumentare il numero di cellule misurabili e migliorare la risoluzione dei dispositivi sono strategie chiave per migliorare la precisione della decodifica.
Fonte : Wired