Precari costretti a pagare 2mila euro per lavorare: così guadagnano le società degli ex politici

Sono tempi agitati per gli insegnanti della scuola italiana. Mentre i supplenti sono ancora alle prese con un concorso, contestato da molti, tutti sono chiamati a partecipare ai nuovi corsi previsti dal ministero per ottenere l’abilitazione. I costi? Possono superare i duemila euro, praticamente il doppio di uno stipendio mensile, che per i precari non comprende i giorni di ferie. Il tutto mentre la stragrande maggioranza si trova in disoccupazione e in molti aspettano da mesi gli arretrati. Ma se gli insegnanti sono già sul piede di guerra, per le università i soldi dei docenti stanno già diventando una sorta di “bonus”. 

L’affare non è certo irrilevante. I precari della scuola in Italia sono circa 230mila. Se tutti partecipassero ai corsi abilitanti, il numero complessivo di denaro sborsato dai docenti ammonterebbe a 460 milioni di euro. Questo solo considerando i docenti in graduatoria e non tutti quelli che si approcciano oggi, da zero, al mondo della scuola.

Un affare da mezzo miliardo di euro 

Per l’anno accademico in corso, i posti disponibili per le abilitazioni sono 51.753. Facendo un calcolo approssimativo, parliamo di un bacino di oltre 100 milioni di euro. Soldi che andranno alle università pubbliche, ma anche alle tante università private e telematiche accreditate che hanno già pubblicizzato online, in modo spesso martellante, le loro iniziative. 

Perché a settembre nelle scuole si rischia il caos – di D. Tempera

È il caso, ad esempio, di una delle più grandi università online italiane: Unipegaso (qui il bando). Fondata nel 2006 dall’imprenditore campano Danilo Iervolino (foto sotto), è tra gli enti accreditati (qui un elenco aggiornato a febbraio 2024) per la formazione dei docenti.

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Oggi Unipegaso fa parte del gruppo Multiversity, di proprietà della società finanziaria inglese “Cvc Capital Partners” ed è un colosso della formazione online. Il gruppo controlla ben tre università: Pegaso, Mercatorum e San Raffaele di Roma e ha una partnership con il gruppo “Il Sole 24ore”. I suoi rendimenti sono da record: dal 2020 ha incrementato il suo fatturato, raggiungendo i 19 milioni nel 2023. 

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Il presidente della società, come risulta anche dai suoi interventi sul Sole 24Ore e sul Corriere della sera, è una vecchia conoscenza della politica italiana: Luciano Violante (foto sotto). Già esponente del Partito comunista e poi del Pd, ex presidente della Commissione antimafia e presidente della Camera, la sua nomina è stata formalizzata a settembre 2023.

Nell’advisory board (il comitato consultivo) del gruppo figurava anche una ex ministra dell’Istruzione del governo Letta, Maria Chiara Carrozza, oggi presidente del Cnr, il Consiglio nazionale delle ricerche. L’ex ministra è poi uscita dall’università privata ma, a ottobre 2023, risultavano comunque personaggi di rilevo come Alessandro Pajno, presidente emerito del Consiglio di Stato, la giornalista (ed ex presidente Rai) Monica Maggioni, l’ex capo della polizia Gianni De Gennaro e Giovanni Salvi, ex procuratore generale della Corte di Cassazione. 

Luciano Violante, già esponente del Pci e del Pd (foto LaPresse)

Tra gli ex rettori di UniPegaso c’è inoltre l’ex ministro dei Trasporti del governo Prodi, Alessandro Bianchi. E Multiversity sembra puntare oggi su un business sempre più redditizio: la formazione dei dipendenti pubblici. 

Sindaci eccellenti e leader di partito

A intuirlo è anche Stefano Bandecchi (foto sotto). Patron dell’Università Unicusano, sindaco di Terni, presidente del partito “Alternativa popolare”, Bandecchi è ormai un personaggio noto anche al grande pubblico. Quando nel 2021 Renato Brunetta, allora ministro della Pubblica amministrazione, vara il protocollo “Pa 110” per incentivare la formazione continua dei dipendenti pubblici, è proprio Bandecchi a far ricorso al Tar perché il decreto aveva escluso gli atenei telematici dal progetto. 

Con l’attuale governo di Giorgia Meloni, il ministro della Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, apre alle università online. Le prime che entrano grazie al ricorso sono quelle del gruppo Multiversity. I corsi telematici diventano così un vero e proprio affare: è lo Stato a pagare le agevolazioni per i lavoratori, che finiscono però nelle casse delle università private. 

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Anche se Bandecchi non ne è più formalmente il presidente (si è dimesso a giugno 2023 per incompatibilità istituzionale, ma il suo nome figura comunque all’interno della governance dell’ateneo), l’Università Unicusano è impegnata oggi nell’erogazione dei corsi abilitanti per i docenti (qui il bando) per la scuola di primo e di secondo grado. Così come lo sono le università “Link Campus” ed “E-Campus” (qui il bando di Link Campus), legate a un’altra vecchia conoscenza del mondo politico e imprenditoriale italiano: Francesco Polidori.

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Umbro, di Città Di Castello, Polidori è il fondatore del Cepu, il “Centro europeo preparazione universitaria”. È il 1995, la Prima Repubblica è appena finita e Polidori si avvicina all’uomo simbolo della stagione di Tangentopoli: Antonio Di Pietro. Poi crea il partito “Federalismo democratico umbro” e infine appoggia apertamente Silvio Berlusconi. Nel 2010 il Cavaliere visita la sede di Novedrate (Como) di E-Campus e parla agli studenti, elogiando le “belle studentesse laureate” dell’ateneo digitale. 

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Oggi i due atenei gestiti dalla famiglia Polidori presentano un’offerta formativa di ampio ventaglio. E, all’interno dei loro comitati scientifici passa anche l’attuale ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara. Nel cv istituzionale pubblicato dal Miur si legge infatti che, nel 2022, Valditara è stato “Presidente dell’osservatorio inter-ateneo per la ricerca nelle università Link ed E-Campus”.

Del resto la storia dei “contatti” tra atenei online e politica comincia da lontano. È il caso, ad esempio, dell’Università telematica Giocacchino Fortunato che, dal 2009 al 2018, ha visto come rettore un ex ministro della Repubblica: Augusto Fantozzi. Anche la Gioacchino Fortunato è abilitata per i corsi da 30 e 60 Cfu, il credito formativo universitario.

Duemila euro per continuare a essere precari 

Fino a oggi per accedere alle graduatorie o ai concorsi provinciali, i docenti dovevano disporre dei cosiddetti 24 Cfu. Parliamo di crediti universitari conseguiti in area socio-psico-pedagogica, erogati da università private e pubbliche. Il costo si aggirava generalmente sui 500 euro. 

Duemila euro per lavorare, il “pizzo di Stato” di cui nessuno parla – di D. Tempera

Le cose cambiano radicalmente due anni fa quando, a rivoluzionare i metodi di reclutamento del personale docente, arriva l’ennesimo decreto (il 36/2022, poi trasformato in legge) voluto dall’ex ministro dell’Istruzione del governo Draghi, Patrizio Bianchi. Si stabiliscono due principi: chi non ha mai insegnato dovrà seguire dei percorsi abilitanti annuali da 60Cfu, chi ha almeno tre annualità dovrà invece affrontare un percorso da 30 crediti formativi universitari.

Il decreto attuativo, che definisce chi può erogare la formazione, è stato varato dal governo Meloni nell’agosto 2023. Le convenzioni con le università sono stabilite anno per anno e sono subordinate al possesso di specifici requisiti formativi. Si aggiungono così anche gli istituti telematici privati, che sfruttano da subito l’opportunità economica. Anche perché spesso la diffusione capillare sul territorio aiuta: i posti banditi sono molti, così come gli introiti che ne derivano. 

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Le selezioni dei partecipanti sono a numero chiuso e viene istituito un massimale di spesa che ciascun docente può sborsare per seguire i corsi. Per chi non ha mai insegnato e deve ottenere 60 Cfu, il costo non deve superare i 2500 euro. Per chi ha almeno tre annualità di insegnamento come precario, il percorso è da 30 Cfu e la spesa non può essere superiore ai 2mila euro. Si paga anche la prova finale prevista dalla normativa: il prezzo è 150 euro. 

Di fatti oggi ogni insegnante deve sborsare almeno 2mila euro per continuare a lavorare. Una somma che, in pochi anni, è praticamente quadruplicata. E che si aggiunge al costo della formazione precedente, erogata spesso dagli stessi enti universitari, diventata oggi inutile per decreto. 

“Senza stipendio da maggio, non abbiamo i soldi per vivere” – di Christian Donelli

Intanto a pagare il caos abilitazioni, non solo in termini economici, sono i precari storici della scuola. Lo scorso 15 febbraio, infatti, il Miur ha annunciato con una nota che i percorsi abilitanti possono essere attivati dalle università accreditate. Non per tutti, però: sono riservati a chi è già in possesso di abilitazione su una classe di concorso o su un altro grado di istruzione, nonché ai docenti specializzati sul sostegno. Per i non abilitati il percorso slitta invece di un anno. E così molti precari storici, con anni di esperienza alle spalle, rischiano concretamente di trovarsi senza lavoro nel prossimo anno scolastico, scavalcati da colleghi magari senza esperienza, ma abilitati nella loro materia. E il caos, per l’anno scolastico 2024/2025, sembra purtroppo scontato. 

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Fonte : Today