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L’atleta belga Claire Michel è stata ricoverata per un’infezione di Escherichia coli dopo aver nuotato nella gara di triathlon nelle acque della Senna: senza di lei l’intera nazionale belga ha dovuto ritirarsi. Si tratta del primo caso di infezione tra gli atleti delle Olimpiadi di Parigi 2024, sebbene fosse un rischio noto già prima degli inizi dei Giochi.
Non sono serviti nemmeno 1,4 miliardi di euro spesi in impianti di depurazione per evitare quello che tutti temevano: un’atleta si è ammalata dopo aver nuotato nella Senna in una delle gare delle Olimpiadi di Parigi 2024. Si tratta della belga Claire Michel, finita in ospedale per un’infezione di Escherichia coli.
Lo avevamo già detto, i rischi per la salute degli atleti c’erano, nonostante le rassicurazioni della sindaca di Parigi Anne Hidalgo e il via libera del Cio per lo svolgimento della gara del triathlon nelle acque del fiume francese, dopo che per 100 anni è stato sempre dichiarato non balneabile. Il rischio di infezione da Escherichia coli è tra quelli più realistici, soprattutto qualora dovesse piovere.
Perché nella Senna potrebbe esserci l’Escherichia coli
Come avevamo già spiegato qui, l’Escherichia coli è un batterio Gram-negativo presente naturalmente nella flora batterica dell’intestino umano e in quello di molti altri mammiferi, costituisce uno dei principali costituenti del microbiota intestinale, e viene eliminato attraverso le feci.
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Tuttavia, in alcune circostanze può trasformarsi in un agente patogeno, che in base al ceppo responsabile dell’infezione, può dare esito anche a diverse patologie, alcune anche gravi. Per questo motivo la sua presenza viene misurata per stabilire la qualità delle acque e l’eventuale balneabilità o meno. Questo vale anche per la qualità delle falde acquifere: se i rifiuti umani non vengono smaltiti in modo corretto –spiega infatti il sito della Fondazione Auxologico – i batteri si Escherichia coli possono contaminare l’acqua rendendola non più potabile.
La principale via d’esposizione per l’uomo a questo batterio è infatti rappresentata dall’ingestione di acqua o alimenti contaminati. Ci sono poi altre modalità di infezione, come il contagio oro-fecale, se si entra in contatto con oggetti infetti., o quello urinale.
Quali sono i rischi dell’Escherichia coli
Il quadro è complesso e vario, perché ci si può infettare con diversi tipi di ceppi. Spesso queste batteri – i più frequenti sono gli Escherichia coli tossigeni – determinano un’infezione intestinale che tende a rientrare nell’arco di una settimana. In questi casi, si parla spesso anche di “diarrea del viaggiatore”, in quanto colpisce sopratutto persone che viaggiano in paesi dove le norme igieniche sono diverse o meno attente di quelle a cui siamo abituati. Tra i sintomi più comuni con cui si manifesta ci sono:
- dolore addominale;
- vomito;
- febbre;
- diarrea (a volte anche con presenza di sangue nelle feci);
Questi sintomi – spiega la Fondazione Humanitas – si manifestano dopo un lasso di tempo piuttosto breve dall’esposizione, che va dalle 12 ore a qualche giorno. In genere, questi tendono a scomparire dopo una settimana. Un altro esito frequente è l’infezione delle vie urinarie, dovuta agli Escherichia coli uropatogeni, mentre in casi più severi l’Escherichia coli può anche causa sepsi, polmoniti e meningiti.
Infine, vanno ricordati anche gli Escherichia coli enteroemorragici, che – come spiega la Fondazione Sant’Agostino – sono molto patogeni e possono perfino causare colite emorragica e una complicazione molto grave nota come sindrome emolitica uremica.
Come si cura l’infezione
Esistendo diversi ceppi e quindi diverse possibili forme di infezioni, sono diverse anche le possibili terapie. Come spiega il Manuale Msd, il trattamento dell’infezione varia in base alla sede, alla gravità dei sintomi e al ceppo responsabile.
Nella maggior parte dei casi il trattamento consiste nella somministrazione di farmaci per curare i sintomi e antibiotici per trattare le infezioni. Rispetto a questo punto – segnala il Manuale Msd – “molti batteri, soprattutto quelli acquisiti all’interno di strutture sanitarie, sono resistenti ad alcuni antibiotici“. Per contrastare il problema dell’antibiotico-resistenza “si possono utilizzare diversi antibiotici contemporaneamente fino al momento in cui il medico riceve gli esiti delle analisi con l’indicazione degli antibiotici più efficaci”.
Fonte : Fanpage