Ha 58 anni, una laurea in fisica ad Harvard e un master in informatica alla Berkley. Ha sempre avuto un talento enorme per la matematica ma anche una vena umoristica che non ha mai messo a tacere e che poi si è rivelata la chiave del suo successo. David X. Cohen nella vita immaginava tutto tranne che diventare uno degli sceneggiatori più importanti del panorama seriale moderno ma si sa, la vita è in grado di regalare sempre sorprese, soprattutto se si ha talento, voglia di fare e una creatività fuori dall’ordinario. Ed è così che quel ragazzo del New Jersey, figlio di biologi è diventato sceneggiatore de I Simpson e co-creatore dell’iconica serie animata di fantascienza Futurama. Il 29 luglio su Disney+ è uscita la dodicesima stagione di Futurama e in occasione di questo grande ritorno sul piccolo schermo di Bender, Fry, Leela e tutti gli altri personaggi dello show, abbiamo intervistato la mente e la penna dietro questo titolo che da 25 anni fa ridere, riflettere ed emozionare il mondo intero.
David intanto grazie per aver creato una serie incredibile come Futurama. Siamo arrivati alla dodicesima stagione, cosa dobbiamo aspettarci?
“Grazie. Io sono davvero entusiasta di questa nuova stagione. Lo scorso anno con l’undicesima stagione di Futurama – arrivata dopo dieci anni dal finale di serie nel 2013 – è stato complicato per noi sia accontentare i fan di vecchia data sia rendere la storia comprensibile per un nuovo pubblico. Con Futurama 12 avevamo più libertà ed è una stagione davvero divertente. Inoltre l’abbiamo scritta pensando fosse l’ultima quindi preparatevi a un finale emozionante”.
Hai creato Futurama nel 1999 e dopo 25 anni siamo ancora qui a guardarla. Ti aspettavi un tale successo e quale pensi sia il segreto di questa serie?
“No, questo successo non me lo aspettavo ma venivo da un lavoro come sceneggiatore dei Simpson, una serie che all’epoca aveva già compiuto 10 anni, cosa inusuale in quei tempi – ora ne ha 35 (ride) – e grazie ai Simpson avevo in testa che anche Futurama sarebbe potuta durare a lungo. Così abbiamo posto le basi affinché questo accadesse. L’abbiamo scritta in modo che non invecchiasse facilmente”.
Come si fa?
“La fantascienza in questo aiuta. Basta non creare riferimenti diretti a personaggi o fatti reali del momento ma immaginare crisi o situazioni che potrebbero colpire il mondo nel futuro così quando si riguarda lo show dopo anni non sembra datato ma attuale. Quindi la nostra arma segreta per la longevità di Futurama è il suo genere di appartenenza: la fantascienza”.
Tu hai una laurea in fisica e una in informatica, come sei finito a fare lo sceneggiatore?
“Nasce tutto da un mio hobby. Scrivevo vignette umoristiche per il giornale del college e lo facevo solo per divertimento. All’epoca diventare sceneggiatore di commedie non era visto come un vero lavoro ma poi dei miei amici hanno deciso di intraprendere questa strada e hanno iniziato a trovare degli impieghi così ho pensato di farlo anch’io. Prima però ho voluto finire gli studi in informatica. Quando ho detto ai miei genitori, che sono entrambi scienziati, di volere cambiare vita erano preoccupati. Poi hanno capito”.
Pensi che i tuoi studi scientifici abbiano aiutato la tua creatività?
“Sì. Quando in passato mi chiedevano cosa avessero in comune la scienza e la sceneggiatura rispondevo: non molto. Ma in realtà c’è una connessione filosofica tra la scienza e la scrittura: in matematica o nella scienza in generale cerchi sempre di dimostrare qualcosa e non sei mai sicuro se sia vero o no così devi trovare un modo per arrivare alla soluzione e penso che ci sia lo stesso con la scrittura. Vogliamo arrivare a un’emozione o a un finale che abbiamo in testa e dobbiamo fare affidamento alla nostra esperienza per creare il percorso giusto per arrivarci”.
Hai più di 30 anni di carriera alle spalle nel mondo della sceneggiatura, hai scritto serie iconiche come I Simpson, Futurama, ci sveli il segreto per scrivere una storia bella e che conquisti il pubblico?
“Io parto quasi sempre da un tema che voglio affrontare. Poi penso a quale personaggio della storia sarebbe più interessato a quell’argomento e lo sviluppo. Altre volte, invece, penso a quali personaggi non hanno mai avuto modo di confrontarsi e cerco un tema su cui sarebbero in conflitto. E infine, la cosa più importante di tutte – filosofia che condivido con Matt Groening (creatore dei Simpson) – è che qualsiasi sia la storia bisogna sempre pensare questo: “a cosa tiene di più il personaggio?”. Penso che le persone siano molto più coinvolte emotivamente dalla storia se riescono a cogliere quali sono le preoccupazioni dei personaggi”.
È cambiato oggi il lavoro di sceneggiatore rispetto al passato?
“Il lavoro di per sé non è cambiato a cambiare è stato il mio approccio alla scrittura. All’inizio era difficilissimo e molto stressante per me, soprattutto quando dovevo creare uno show che non esisteva ancora. Mi capitava spesso di strappare pagine e ricominciare da zero. Adesso il processo è molto più semplice e avendo più esperienza so già cosa potrebbe funzionare e cosa no ma la cosa più difficile oggi è avere nuove idee”.
Il tuo lavoro è scrivere serie tv, ma quali titoli ti piace guardare quando sei a casa?
“Non guardo molte serie comedy anche se le scrivo. Mi piace Game of Thrones, Breaking Bad, i classici crime come I Soprano. Nel tempo libero mi piace staccare la testa dalla commedia e guardare storie di omicidi, crimini (ride)”.
Fonte : Today