Bangladesh nel caos: morte oltre 50 persone nelle violente proteste antigovernative

Almeno 59 morti. È questo il triste bilancio registrato nelle ultime ore degli scontri a Dacca e in altre zone del Bangladesh, dove venerdì sono riprese le proteste antigovernative. Il resoconto delle vittime, secondo i media locali, comprende anche 13 poliziotti. Gli agenti di polizia sono rimasti uccisi quando migliaia di persone hanno attaccato una stazione di polizia nel distretto di Sirajganj, ha riferito la polizia.

La protesta studentesca è iniziata il mese scorso con la richiesta di abolire le quote nei posti di lavoro nella pubblica amministrazione, ma ora si è trasformata in un più ampio movimento antigovernativo, che chiede le dimissioni del governo della premier Sheikh Hasina.

Oltre 200 persone uccise negli scontri tra manifestanti e polizia

Per sedare le proteste scoppiate in tutto il paese, la polizia ha utilizzato gas lacrimogeni e proiettili di gomma per disperdere i manifestanti, oltre a imporre un coprifuoco notturno. Circa 200 persone sono rimaste ferite. Nella giornata di domenica, il ministro della Giustizia Anisul Huq ha dichiarato al programma Newshour della BBC che le autorità stanno mostrando moderazione. “Se non avessimo mostrato moderazione ci sarebbe stato un bagno di sangue. Immagino che la nostra pazienza abbia dei limiti”, ha aggiunto. Il governo ha anceh ordinato l’interruzione della connessione a internet mobile (cioè quella per gli smartphone, usata dalla stragrande maggioranza della popolazione) per la seconda volta nel giro di tre settimane, con l’obiettivo di ostacolare le proteste in corso nel paese.

Più di 200 persone sono state uccise negli scontri di luglio, molte delle quali uccise dalla polizia. Nelle ultime due settimane, circa 10mila persone sono state arrestate in quella che appare come una campagna di repressione da parte delle forze di sicurezza. Tra gli arrestati ci sono sostenitori dell’opposizione e studenti. Il governo sostiene che la polizia ha aperto il fuoco contro i manifestanti solo per legittima difesa e per proteggere le proprietà dello Stato. 

A dare il via alle proteste la decisione dell’Alta Corte di Dacca di reintrodurre la quota del 30% di posti governativi per i familiari dei veterani di guerra e combattenti per la libertà della Guerra d’Indipendenza del 1971, rispolverando quindi una norma degli anni Settanta. In un contesto di elevata disoccupazione giovanile queste decisioni, viste come contrarie al merito, hanno scatenato una rabbia diffusa in tutto il Bangladesh. Il sistema delle quote è stato giudicato come uno strumento discriminatorio e di nepotismo, a tutto vantaggio degli affiliati alla Awami League, il partito di Hasina (fondato da suo padre Sheikh Mujibur Rahman, nonché primo presidente del Bangladesh), che governa ininterrottamente dal 2009. Il provvedimento è stato poi ritirato ma non è bastato a sedare la rabbia dei giovani manifestanti, che ora chiedono un passo indietro della leader del paese. 

Fonte : Today