Tensioni per la rielezione del presidente Maduro. La leader dell’opposizione Maria Corina Machado, nascosta dal giorno delle elezioni, è apparsa su un camion per le strade di Caracas e ha gridato alla folla: “Il regime non è mai stato così debole”. Gli Usa riconoscono la vittoria elettorale del candidato Gonzalez, mentre i governi di Brasile, Messico e Colombia lavorano a una soluzione diplomatica. Italia e 6 altri Paesi Ue: “Caracas pubblichi i registri di voto”
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Continuano le proteste dell’opposizione in Venezuela per la rielezione di Nìcolas Maduro, proclamata dal Consiglio nazionale elettorale del Paese con il 52% dei voti a favore, contro il 43% di Edmundo Gonzalez Urrutia, candidato dalla leader dell’opposizione Maria Corina Machado, ma senza fornire i risultati dettagliati. Secondo il conteggio dell’opposizione, Gonzalez avrebbe ricevuto invece il 67% dei voti, con parte delle schede non ancora scrutinate. Al suono assordante dei cacerolazos (dal nome dato alle casseruole percosse dalla popolazione in segno di dissenso) e gridando insistentemente la parola ‘libertà’, migliaia di persone oggi si sono riversate nelle strade, in Venezuela e anche a Bruxelles e Miami. La leader dell’opposizione, che dalle elezioni del 28 luglio vive nascosta e teme per la sua vita, è apparsa a mezzogiorno su un camion per le strade di Caracas con la scritta “Il Venezuela ha vinto”, e ha gridato alla folla “non siamo mai stati forti come oggi, e il regime non è mai stato così debole”. I sostenitori le hanno risposto con il grido “Libertà’!”. Parallelamente alle dimostrazioni anti-chavismo, il Partito socialista unito del Venezuela (Psuv), attualmente al potere nel Paese sudamericano, ha indetto una “grande marcia nazionale per la pace” che mira a sostenere la regolare investitura di Maduro, valida fino al 2031.
I dubbi degli altri Paesi
Sul voto si fa sempre più pesante il sospetto di brogli, anche per l’insistenza delle autorità nel rimandare a oltranza la pubblicazione dei verbali completi e definitivi degli scrutini. Le manifestazioni arrivano nel momento in cui un numero crescente di Paesi – su cui spiccano gli Usa – ha già riconosciuto il rivale di Maduro come il presidente effettivamente eletto. A Washington un gruppo di parlamentari bipartisan ha presentato un’apposita risoluzione al Congresso americano, dopo che il governo di Joe Biden, attraverso il segretario di Stato Antony Blinken, ha ammesso la presenza di “prove schiaccianti” della vittoria dell’ex ambasciatore venezuelano. Posizione nel frattempo seguita da altri sei Paesi latinoamericani: Argentina, Uruguay, Costa Rica, Ecuador, Perù e Panama. Non ha invece ancora sciolto gli indugi l’esecutivo del presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, secondo cui, anzi, la decisione americana di riconoscere González come presidente eletto del Venezuela mina la soluzione diplomatica ricercata dai governi regionali progressisti di Brasile, Colombia e Messico. Per Brasilia – che finora non ha riconosciuto formalmente neppure la vittoria di Maduro, annunciata frettolosamente dal Consiglio nazionale elettorale (Cne) venezuelano – per una posizione ufficiale serve attendere la pubblicazione dei risultati finali, richiesta anche dal Tribunale supremo di giustizia (Tsj) del Venezuela, a maggioranza governativa, che ha imposto la consegna entro tre giorni al Consiglio nazionale elettorale.
Dichiarazione congiunta di Italia e 6 Paesi Ue
Su iniziativa di Italia e Francia, il Presidente della Repubblica francese, il Cancelliere della Repubblica federale di Germania, il Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica italiana, il Primo ministro dei Paesi Bassi, il Primo ministro della Repubblica di Polonia, del Primo ministro della Repubblica portoghese e il Presidente del governo di Spagna hanno adottato la seguente dichiarazione sulla situazione in Venezuela: “Esprimiamo forte preoccupazione per la situazione in Venezuela a seguito delle elezioni presidenziali di domenica scorsa. Chiediamo alle autorità venezuelane di pubblicare tempestivamente tutti i registri di voto per garantire piena trasparenza e integrità del processo elettorale. L’opposizione indica di aver raccolto e pubblicato oltre l’80% dei registri di voto prodotti in ogni seggio elettorale. Questa verifica e’ essenziale per riconoscere la volontà del popolo venezuelano. I diritti di tutti i venezuelani, in particolare dei leader politici, devono essere
rispettati durante questo processo. Condanniamo fermamente qualsiasi arresto o minaccia nei loro confronti. La volontà del popolo venezuelano, cosi’ come il suo diritto a protestare e a riunirsi pacificamente devono essere rispettati. Continueremo a seguire da vicino la situazione insieme ai nostri partner e a sostenere l’appello alla democrazia e alla pace del popolo venezuelano”.
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La repressione
Nonostante gli occhi del mondo addosso, Maduro però non indietreggia negli atti di repressione contro gli oppositori. Nelle ultime ore sono stati arrestati altri due importanti esponenti, quali il coordinatore nazionale del partito Voluntad Popular, Roland Carreño, e l’attivista Denni León, ex coordinatore di Vente Venezuela (il partito di Machado) nello Stato di Barinas. Per cercare di scoraggiare la gente a uscire di casa per protestare, il governo ha schierato persino i droni sui cieli di Caracas, creando una vera e propria atmosfera da “zona di guerra”. Finora, secondo il gruppo per i diritti umani Human Rights Watch, almeno 20 persone sono state uccise nelle proteste post-elettorali. Secondo il governo, circa altri 1.200 sono stati arrestati in relazione alle manifestazioni. Durante la settimana, alcuni venezuelani sono comparsi fuori dalle stazioni di polizia cercando notizie dei loro familiari detenuti. L’Organizzazione degli Stati Americani ha sollecitato la pace in Venezuela prima delle manifestazioni previste. “Oggi chiediamo che non ci sia più un prigioniero politico, né una persona torturata, né una persona scomparsa, né una persona assassinata”, ha affermato l’OAS. Intanto oggi l’Associaciòn de Prensa di Madrid (Apm) ha denunciato l’espulsione dal Venezuela del giornalista e direttore del quotidiano online spagnolo The Objective, Alvaro Nieto, da parte delle autorità del Paese che “dimostra il disprezzo per la libertà di informazione”, segnala l’associazione della stampa madrilena in un comunicato. L’Apm rileva che, con l’espulsione di altri due reporter di altri Paesi, “il regime venezuelano sta tentando di evitare che i giornalisti diano conto della situazione che vive il Paese dopo l’autoproclamazione di Nicolas Maduro come vincitore delle elezioni e dopo che si è rifiutato di rendere pubblici i voti elettorali, come reclamano molti Paesi”. Secondo l’Afp, Nieto, che aveva raggiunto Caracas per la copertura informativa degli avvenimenti, “è stato sottoposto a due ore di interrogatorio da parte della polizia venezuelana, prima di essere messo in un aereo della compagnia Estelar/Iberojet con destinazione Madrid”, stando a quanto ha segnalato lo stesso giornalista, al quale “non è stato consentito di contattare l’ambasciata spagnola” a Caracas.
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Fonte : Sky Tg24