Delta del Po, come l’AI salverà il riso dalla crisi climatica

Polesine Camerini – Sono totalmente aperte, ma non basta. Le due paratoie inaugurate sul Delta del Po a fine 2023 per bloccare il cuneo salino causato dalla siccità sembrano inutili. Rispetto al 2022, quando il mare è risalito nell’entroterra per 40 chilometri, in questi giorni l’acqua post-maltempo scorre “al contrario” (e forse anche il mondo). Dolce e torbida, punta verso il mare con una portata dieci volte quella media, ricoprendo le forme di un impianto realizzato invece per trattenerne 1 milione di metri cubi con cui irrigare i 1.800 ettari dell’isola di Polesine Camerini, nel caso il mare risalga di nuovo troppo. Lo fa sembrare una precauzione inutile, con un nucleo salino di solo qualche chilometro, ma in futuro cosa succederà?

Se lo domandano anche gli agricoltori, ricordando il 2012 come anno di dimezzamento degli ettari di risaie, oggi ridotti perfino a un sesto. È in questo clima di imprevedibilità spiazzante ed evidente, che sta crescendo rigoglioso “il primo progetto in Italia e uno dei primi al mondo che studia l’impatto del cuneo salino sulla pratica, quella agricola, sul campo e nei campi. Finora tutti si sono limitati allo studio del processo senza un coinvolgimento virtuoso del territorio (agricoltori, amministratori)”, spiega Paolo Tarolli, professore ordinario di Idraulica agraria del dipartimento Territorio e sistemi agro-forestali dell’Università di Padova e responsabile della ricerca.

Misure sul campo realizzate dal team dell’Università di Padova nei campi del Delta del PoVittoria Lorenzetti

La mappa del sale che sale

Quello che Tarolli e il suo team hanno avviato nel 2022 assieme al Consorzio di bonifica Delta del Po grazie ai fondi del Piano di ripresa e resilienza (Pnrr) del centro Agritech (spoke 4, work package 4.2, task 4.2.2), è un progetto quadriennale basato infatti su due integrazioni inedite. Quella dei dati: satellitari, storici, ma anche puntuali e “da campione”, per la prima volta analizzati assieme. E quella dei partecipanti: ricercatori, esperti ma anche agricoltori e enti locali, per la prima volta coinvolti assieme. Li unisce l’ambizioso obiettivo di realizzare una mappa completa della pericolosità del fenomeno, sfruttando sonde, sensori e droni, con un approccio su più livelli.

Il più alto, a “quota satelliti”, sfrutta tecnologie di remote sensing e stima lo stato generale di salute della vegetazione su tutti gli oltre 60.000 ettari di area del Consorzio. Sono dati raccolti da decenni, prima con Landsat, poi, con migliore risoluzione, con Sentinel, e permettono di individuare trend storici e soprattutto le aree maggiormente impattate dal cuneo salino, soprattutto in periodi di siccità. In 8 di questi “hot spot” del comune di Porto Tolle, si stanno effettuando anche misure puntuali periodiche e con sonde che rilevano in continuo conducibilità elettrica, umidità e temperatura.

Fonte : Wired