Nel frattempo, studi come Activision Blizzard e Riot stanno sviluppando sistemi interni, con alterne fortune. “Riot sta tentando di creare un’AI generativa personalizzata solo a uso interno, ma l’idea non ha mai avuto molto successo tra il personale“, dice Cross. Altre persone a conoscenza del programma hanno raccontato a Wired US che il progetto – portato avanti in collaborazione con Vizcom, una startup il cui slogan è “dai vita alle tue idee di design” – ha avuto un inizio difficile ed è stato accolto da una certa derisione da parte degli artisti dell’azienda.
Quando Wired US ha contattato Riot per un commento, il responsabile della ricerca tecnologica Wesley Kerr ha dichiarato che l’azienda ha “team che stanno esplorando strumenti di AI che potrebbero migliorare l’esperienza dei giocatori in modi che sono in linea con i nostri valori. Sappiamo che l’AI è una questione complessa e saremo trasparenti con i giocatori sulle nostre intenzioni“. Vizcom non ha risposto a una richiesta di commento.
Secondo le indescrezioni anche Blizzard sta costruendo un proprio sistema di AI, inizialmente ribattezzato Blizzard Diffusion. I dettagli però sono scarsi, al di là di un brevetto che la società ha depositato per un sistema di “generazione di immagini strutturate in 2D basato sull’apprendimento automatico“. “L’AI interna di Blizzard è ancora super segreta. Solo chi ne ha accesso ci lavora, nessun altro sa come funziona“, sostiene Warner.
Il rischio, secondo Ortiz, è che un modello interno sufficientemente avanzato possa ridurre la necessità di lavoro futuro e incentivare le assunzioni a breve termine rispetto a quelle a tempo indeterminato. La stessa Ortiz ha trascorso l’ultimo anno e mezzo alla ricerca di un impiego full-time. Molti nel settore “vogliono che io faccia lavori a contratto, formando il loro modello in modo che non debbano più pagarmi“, dice Ortiz.
Nessun artista, illustratore o designer con cui ha parlato Wired US ha dichiarato di voler usare l’AI. La tecnologia, dicono, è stata imposta dai loro superiori. Alcuni di questi lavoratori si sono assunti rischi significativi per fornirci la loro testimonianza, e temevano che le loro rivelazioni potessero costar loro il lavoro.
In definitiva, sono le persone il cui lavoro è in bilico – gli sviluppatori, gli artisti, i designer e i programmatori che realizzano i giochi – che possono determinare quanto l’AI sconvolgerà il settore. Il livello di automazione del mondo dei videogiochi potrebbe dipendere da quanto i lavoratori si opporranno o chiederanno di controllare l’uso dei sistemi di AI.
“**L’AI non è un male in sé **– afferma Violet –, ma lo diventa quando l’obiettivo finale è quello di massimizzare i profitti. L’A Ipuò essere estremamente utile per risolvere i problemi complessi del mondo o per fare cose che nessuno vuole fare. Cose che però non tolgano il lavoro alle persone“.
Questo articolo è comparso originariamente su Wired US.
Fonte : Wired