La boxe olimpica dice addio nel modo peggiore

La boxe olimpica finisce a Parigi 2024. E con tutta probabilità finisce male, come peggio non si potrebbe: tra veleni, polemiche, contestazioni e sempre meno spazio vero ai pugni. Un finale triste, e anche solitario, come avrebbe amato dire Osvaldo Soriano, che pure preferiva il fútbol . Solitario perché il pugilato nei giorni dei Giochi parigini, uno dopo l’altro, una disputa dopo l’altra, la contesa perennemente spostata fuori dal ring anziché dentro, appare davvero solo contro tutti. Smarrito, nel suo senso. Perso, nel suo destino finale che sembra già scritto, e come detto è scritto davvero male.

Allo stato attuale, la boxe è fuori dal programma dei prossimi Giochi di Los Angeles, per la prima volta dopo 124 anni. Era il 1904, infatti, e a Saint Louis la nobile arte compariva per la prima volta tra gli sport a cinque cerchi. Ne uscirà travolta dagli scandali e da un clima di generale sfiducia, vittima di chi lo ha guidato, di chi ha assecondato, e fondamentalmente di sé stesso. Una decisione maturata quasi un anno fa, e confermata dalle ultime intenzioni del CIO nella scorsa primavera. E se il pugilato a Parigi doveva giocarsi le residue chance di convincere tutti, innamorati e no di quell’idea romantica da tantissimi anni fuori moda, di salvarlo e tenerlo come sport olimpico, sono chance che si è giocato in modo decisamente maldestro, anzi autolesionista.

Parigi 2024, il testamento è da brividi

Tutta la cartina di tornasole dei problemi, delle contraddizioni e del male endemico che affligge la boxe olimpico è tinta d’azzurro. Un campione certamente ristretto, quello che ha riguardato i pugili della spedizione azzurra, che contava grandi speranze e campioni del mondo in carica tra donne e uomini, ma che restituisce fedelmente il quadro della situazione di un malato all’ultimo stadio. Anzi, all’ultima ripresa. Si era cominciato pronti-via, al primo giorno di competizioni, con l’eliminazione shock dell’alfiere italiano, Abbes Aziz Mouhiidine, con un fantasioso punteggio di 1-4 a favore del rivale Lazizbek Mullojonov. Il pugile uzbeko era stato il primo a dissociarsi, con un plateale no fatto con il dito. «È uno scippo», era stato lo sfogo senza giri di parole del presidente federale Flavio D’Ambrosi.

A stretto giro, dopo le eliminazioni comunque discutibili di Sirine Charaabi e Salvatore Cavallaro, è poi arrivata quella fragorosa di Irma Testa, omologa tra le donne del pugile avellinese e atleta di punta di tutta la spedizione azzurra: al primo incontro è parsa aggiudicarsi con una certa evidenza le prime due riprese, ha finito in lacrime e fuori dai Giochi. Era superstite fino a ieri, nella categoria -66 kg, Angela Carini: ancor prima di scendere sul ring, lavorata ai fianchi dalla polemica politica del tipo peggiore, investita di posizioni pretestuose e preventive, fagocitata dalla bufera per accoppiamento con la pugile algerina Imane Khelif, donna in competizione tra le donne già a Tokyo, e ancor prima, cioè da sempre. La nostra pugile, schiacciata anche da giorni di “si dovrebbe”, “non si dovrebbe”, da attenzione a orologeria e ipocrisia a tempo pieno, ha retto una quarantina di secondi prima del ritiro.

Fonte : Wired