Dopo la Nahdlatul Ulama, anche la Muhammadiyah indonesiana ha accolto la proposta del presidente Joko Widodo che ha voluto elargire le licenze per progetti di estrazione alle organizzazioni religiose del Paese. Una proposta fin da subito rifiutata dalla Chiesa locale ma criticata anche da voci interne al mondo musulmano.
Jakarta (Indonesia) – La seconda più grande organizzazione islamica (moderata) dell’Indonesia ha accettato la proposta del governo indonesiano di sviluppare progetti di estrazione mineraria. Haedar Nasir, presidente della Muhammadiyah, ha giustificato la decisione dopo una riunione interna a Yogyakarta a inizio settimana, dicendo che procurerà “enormi vantaggi”.
“Siamo obbligati a essere compassionevoli con gli altri”, ha aggiunto. “Se riguardasse solo i nostri bisogni interni avremmo risposto di ‘no’ all’offerta”. Haedar Nasir ha proseguito affermando che la decisione è stata concordata da tutte le parti all’interno dell’organizzazione, spiegando che non verranno sacrificate la prosperità pubblica e la tutela dell’ambiente. “Se i progetti saranno mal gestiti, la Muhammadiyah non esiterà a restituire la licenza mineraria”, ha detto riferendosi alla IUP che sta per “Izin Usaha Pengelolaan”, la licenza di gestione rilasciata dal governo.
La Muhammadiyah è il secondo gruppo religioso ad accettare l’offerta del presidente Joko Widodo, il cui mandato scadrà a ottobre. Nei mesi scorsi anche la Nahdlatul Ulama, la prima organizzazione islamica dell’Indonesia, aveva accettato la proposta. Che è stata invece rifiutata dalla Conferenza espiscopale dell’Indonesia, che ha affermato che “i progetti minerari non sono certamente il core business della Chiesa”.
Jokowi (come è noto il presidente indonesiano) ha spesso ribadito che la sua volontà è che i progetti minerari “possano portare benefici anche alle comunità religiose anziché solo alle entità commerciali”. Ed è su questa falsariga che anche la Muhammadiyah ha concordato di assumere la gestione dei progetti minerari. Il segretario dell’organizzazione, Abdul Mu’ti, ha comunicato che l’IUP è stata accettata sulla base di alcune considerazioni, tra cui il fatto che la Costituzione autorizza lo sfruttamento delle risorse a beneficio di tutto il popolo indonesiano e che la stessa Muhammadiyah aveva autorizzato, in una riunione interna, la promozione di attività economiche. Per le quali è obbligatoria la cooperazione con entità aziendali esperte, che sosterranno la gestione della licenza per un periodo limitato.
Tuttavia all’interno della stessa Muhammadiyah ci sono state critiche per la decisione. L’ex presidente dell’organizzazione, Busyro Muqoddas, non solo non era presente all’incontro durante il quale è stata accettata la proposta, ma ha più volte criticato la scelta: “È grave e un grande disastro naturale quando si accetta l’IUP per l’estrazione del carbone”, ha detto ai media il 30 luglio, aggiungendo che si aspetta che gli indonesiani siano consapevoli dei danni ambientali che verranno causati a favore di grossi profitti.
Muqoddas è l’attuale capo dell’ufficio legale e dei diritti umani della Muhammadiyah. In passato aveva sottolineato che i progetti minerari causano violazioni del diritto alla terra delle popolazioni indigene, il cosiddetto fenomeno del “land grabbing”. Conflitti che si sono già verificati nel distretto di Purworejo, ma anche nell’isola di Rempang, nella provincia di Riau. Muqoddas ha anche affermato che la sua posizione era sostenuta da altre 11 persone, tra cui anche un altro ex presidente della Muhammadiyah, Din Syamsuddin.
Fonte : Asia