Questa volta è la Guida suprema Khamenei, e non il ministero degli Esteri dell’Iran, ad attribuire a Israele la responsabilità della morte e a promettere una “pesante punizione”, il che non depone bene per i prossimi sviluppi, nonostante il segretario di Stato di Washington, Anthony Blinken, si sia affrettato a dire che il suo paese non ne sapesse nulla.
Gli Stati Uniti messi all’angolo
Quello di sabotare sistematicamente i colloqui per il cessate il fuoco a Gaza, per evitare che la fine delle ostilità possa segnare anche quella della sua carriera politica è sempre stato l’obiettivo di Netanyahu, come spiega Trita Parsi, politologa di origini iraniane e vicepresidente del Quincy Institute for Responsible Statecraft. L’assassinio potrebbe spingere l’Iran in una spirale violenta fino ad attivare una guerra regionale e coinvolgere gli Stati Uniti, che a quel punto sarebbero con le mani legate e costretti a intervenire per difendere l’alleato di sempre, confermando il suo dominio nella regione.
Tutto questo con la nuova candidata democratica alla Casa Bianca, Kamala Harris, messa all’angolo e stretta tra il rischio di apparire troppo debole con “l’asse del Male” di cui l’Iran farebbe parte e quello di apparire agli elettori musulmani e di sinistra troppo imbelle con le pretese di Netanyahu. La morte di Haniyeh avviene in un momento in cui alla Casa Bianca sembra non esserci nessuno, o quasi, con un presidente in carica pesantemente delegittimato dalla sua anzianità. Mentre all’opposizione c’è un Donald Trump che usa durante i comizi la parola “palestinese” come insulto e il suo candidato vicepresidente, JD Vance, che invoca le bombe su Teheran.
Secondo Abdolrasool Divsallar, politologo esperto di Iran dell’Istituto di ricerca delle Nazioni Unite sul disarmo, non c’è dubbio che la morte del leader di Hamas interromperà i negoziati, poiché alla fine bisognerà negoziare con Hamas per porre fine al conflitto. L’operazione ha sottolineato ancora una volta l’inferiorità dell’intelligence iraniana e la vulnerabilità degli ayatollah alle operazioni israeliane.
L’ipotesi più ottimista
L’assassinio, tuttavia, scrive Divsallar, non cambierà la politica dell’Iran, che ha subito uccisioni più notevoli e influenti, come quella del generale Soleimani per opera dell’esercito statunitense. La risposta probabilmente ci sarà, e potrebbe coinvolgere anche altri attori come gli Hezbollah, gli Houthi e i gruppi iracheni. Ma può anche ripetersi quanto è avvenuto in aprile, quando l’Iran si è vendicato dell’attacco ricevuto contro una sua ambasciata a Damasco, e con gli Stati Uniti che potrebbero fare pressione su Israele per assorbire la prossima risposta iraniana con l’aiuto degli alleati ed evitare una seconda risposta.
L’idea che l’assassinio spinga il Medio Oriente verso una catastrofica guerra regionale non sembra convincere neppure Mairav Zonszein, giornalista israeliana e collaboratrice del Crisis Group, secondo cui “alcuni funzionari israeliani li vedono come un guadagno strategico che in realtà accelera un accordo per il cessate il fuoco e lo scambio di ostaggi”. Un’escalation temporanea in cambio di una narrazione vittoriosa da parte di Israele e l’incentivo per fare un accordo.
Fonte : Wired