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La riforma degli istituti tecnici e professionali promossa dal ministro Valditara ha avuto il via libera definitivo alla Camera. Dal prossimo anno continua la sperimentazione – già iniziata in poche scuole – del modello 4+2, e si apre più spazio per la collaborazione con le aziende per l’ingresso nel mondo del lavoro.
La riforma degli istituti tecnici e professionali voluta dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara è legge: l’ultimo via libera del Parlamento è arrivato oggi, alla Camera, con 156 voti favorevoli, 97 contrari e 19 astenuti. Al centro della riforma c’è il cosiddetto modello 4+2, che prevede di accorciare il percorso scolastico degli istituti tecnici e professionali da cinque a quattro anni e permettere poi – oltre all’università e al mondo del lavoro – di accedere agli Istituti tecnologici superiori (o Its Academy), scuole di specializzazione dopo il diploma della durata di due anni.
Proprio l’idea di un percorso unico dà il nome alla legge, varata inizialmente dal governo lo scorso anno: il ddl, infatti, mira a creare la “filiera formativa tecnologico-professionale“. Che, però, non prevede alcun finanziamento aggiuntivo per le scuole che partecipano
Prima di entrare pienamente in vigore, però, serviranno ancora due decreti attuativi – che il ministero dell’Istruzione dovrà varare insieme ad altri ministeri e con il contributo delle Regioni. Le scadenze del Pnrr prevedono che questi siano attivi entro il 31 dicembre 2024. Poi bisognerà allineare il nuovo sistema con quello degli Its Academy. Insomma, per il prossimo anno scolastico potranno continuare le sperimentazioni degli istituti tecnici su quattro anni, ma è probabile che non tutti gli aspetti della riforma saranno già pienamente attivi.
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Come funziona il modello 4+2 per gli istituti tecnici e professionali
La sperimentazione, come detto, è già in parte avviata, anche se con numeri molto ridotti. Nell’anno scolastico che si è appena concluso 171 istituti tecnici e professionali avevano aderito, su circa 3mila in tutto. Ma fino a quando la legge non sarà del tutto in vigore alcuni aspetti – come il maggior tempo dedicato ai laboratori, o il coinvolgimento delle aziende – resteranno sospesi e dovranno attendere.
Il testo del ddl recita che per venire incontro alle “esigenze educative, culturali e professionali delle giovani generazioni”, ma anche alle “esigenze del settore produttivo nazionale”, dal 2024/2025 partirà la sperimentazione della “filiera formativa tecnologico-professionale”. Ci saranno percorsi di quattro anni, invece di cinque, che comunque garantiscano agli studenti le competenze e le conoscenze previste dal corso di studi in questione. Un potenziale vantaggio è che le risorse per le scuole, anche in termini di personale, resteranno le stesse dei percorsi di cinque anni: quindi ci saranno più insegnanti e più risorse per meno classi.
Come cambia il rapporto tra scuole e imprese
Le Regioni potranno stringere accordi con Its Academy, università ma anche aziende (l’elenco preciso sarà stabilito da uno dei decreti che devono ancora essere adottati) per “integrare e ampliare l’offerta formativa” degli istituti tecnici, tenendo in conto le “esigenze specifiche dei territori”. Potranno nascere i cosiddetti “campus”, ovvero delle reti che collegano “i soggetti che erogano percorsi di istruzione e formazione professionale”, le scuole, le Its Academy e le aziende.
Questi accordi dovranno concentrarsi su “competenze linguistiche e logico-matematiche”, ma soprattutto ai rapporti con le aziende: ci sarà maggiore “flessibilità didattica e organizzativa” e più spazio ai laboratori. Via libera anche a veri e propri contratti con “soggetti del sistema delle imprese e delle professioni” che vengano a svolgere attività “di insegnamento e di formazione nonché di addestramento nell’ambito delle attività laboratoriali e del Pcto”, la vecchia alternanza scuola-lavoro. Proprio l’uso della parola “addestramento” ha scatenato una polemica in Aula, prima del voto finale.
Ci sarà anche la possibilità di introdurre l’apprendimento in lingua straniera (ma senza fondi aggiuntivi per le scuole per finanziare attività simili). Infine, le scuole potranno decidere di introdurre delle quote di ore da dedicare per attività legate al proprio territorio, e il monte ore si potrà cambiare per dedicare più tempo alla parte di indirizzo e meno a quella generale.
Critiche le opposizioni, Bonelli (Avs): “Governo appalta istruzione alle aziende”
La riforma è stata criticata dalle opposizioni: “Gli studenti saranno accompagnati a entrare in azienda dopo il diploma senza alcuna aspettativa su diritti e retribuzione, dopo anni di stage gratuiti. Addirittura, i percorsi formativi saranno indicati dalle aziende, che così siederanno direttamente in cattedra”, ha detto il deputato M5s Gaetano Amato.
È stata una “grande occasione mancata” secondo Irene Manzi (Pd), un provvedimento “confuso, incompleto e mancante di una visione di sistema”. Valentina Grippo (Azione) ha concordato che “la sperimentazione ha anche qualcosa di buono ma è oggettivamente pasticciata. Il provvedimento da un lato è privo di risorse e, dall’altro, anziché ottimizzare il sistema lo va a complicare”. Più duro Angelo Bonelli (Avs): “Questo governo vuole privatizzare tutto, dopo la sanità, ora privatizzano l’istruzione e la scuola pubblica. Nelle scuole viene appaltata l’istruzione alle aziende e non ai docenti”.
“Una giornata importante”, invece, secondo il ministro Valditara, perché “costruiamo un canale di istruzione di serie A“, anche “grazie al contributo delle imprese”. Giovanna Miele (Lega), ha detto: “Diamo priorità al futuro dei nostri studenti che chiedono una scuola sinergica con il territorio e che li prepari per la vita”. La sottosegretaria all’Istruzione Paola Frassinetti ha affermato che la riforma mira a “ottenere per i nostri studenti percorsi di istruzione e formazione sempre più qualificati e diversificati”, portando a “migliori prospettive occupazionali per loro, ma anche a una maggiore competitività per le nostre aziende”.
Fonte : Fanpage